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"Lasciamo subito il neo liberismo", di Stefano Fassina

«Abbiamo, noi qui, in Italia, parlato in questi tre anni il linguaggio della verità? Lo abbiamo fatto abbastanza, tutti noi che … abbiamo responsabilità nei rapporti con le giovani generazioni?» chiedeva il Presidente Napolitano, nel suo intervento al Meeting di CL a Rimini, a fine agosto scorso. Era rivolto a tutte le classi dirigenti italiane. Non soltanto alle forze politiche di governo e di opposizione, ma alle classi dirigenti della cultura, dell`economia, delle istituzioni. La domanda era, ovviamente, retorica. La risposta era, altrettanto ovviamente, negativa. È trascorso un mese, la situazione si è aggravata, ma l`accorato invito del nostro Presidente non ha trovato ascolto. Il dibattito pubblico continua ad essere lontano dalla realtà.
Così, dopo la fase della deresponsabilizzazione dalle scelte politiche compiute con le “manovre” («lo chiede l`Europa»), da un paio di settimane il ritornello è: dopo il risanamento, la crescita. È una insopportabile litania. Finanza pubblica ed economia reale non sono universi paralleli. Allora, affermiamo una scomoda verità: date le scelte di politica economica compiute nell’area euro e a livello nazionale, ossia l`austerità cieca nelle politiche di bilancio pubblico, la crescita è impossibile per un lungo periodo. È irrilevante la composizione degli interventi (tagli di spesa o aumento di tasse).
Poco possono le mitiche “riforme strutturali”. Soltanto l`estremismo ideologico neo-liberista può sostenere il contrario. Interventi di contrazione del deficit per 4-5 punti percentuali di Pil all`anno portano profonda recessione comunque. Le previsioni di JP Morgan raccontate qui affianco, pur nella loro drammaticità, sono ottimistiche. Siamo soffocati in una spirale di pesantissime misure restrittive di finanza pubblica, recessione, aumento delle sofferenze bancarie, contrazione del credito, fallimento dei piani di abbattimento del debito pubblico, ulteriori manovre restrittive. Per l`Italia, il Fiscal Monitor del FMI, fonte non inquinata dal catastrofismo keynesiano, sotto ipotesi di Pil positive, indica che, nel 2013, nonostante le correzioni di circa 70 miliardi previste per quell`anno, saremo lontani dal pareggio di bilancio. In tale contesto, la situazione dell`occupazione, in particolare giovanile, femminile e meridionale va inevitabilmente in drastico peggioramento.
È patetica l`insistenza sui crediti di imposta o sulla rimozione dei vincoli al licenziamento (art. 18 dello statuto dei lavoratori) “per dare lavoro ai giovani”. La verità è che la linea macroeconomica voluta dai governi di centrodestra ed ostinatamente perseguita nell`Unione Europea rende la moneta unica insostenibile sul piano economico, politico e democratico. La verità è che l`ideologia neo-liberista e il corporativismo miope degli interessi forti da essa schermati portano al collasso la straordinaria avventura unitaria avviata dopo la Seconda Guerra mondiale; ad ulteriore regressione la nostra distintiva civiltà del lavoro; alla fine le democrazie delle classi medie; alla marginalità i singoli Stati nazionali del vecchio continente sullo scacchiere geo-economico e geo-politico del “secolo cinese”. È questo l`unico futuro possibile? No, la storia non è data.
Il futuro dipende da noi. Che fare, allora? I progressisti europei propongono un`inversione di rotta di 180 gradi: trasferimento della sovranità economica ancora formalmente ed inutilmente custodita all`interno dei confini nazionali ad una istituzione di governance legittimata democraticamente dell`euro-area; sostegno politico alla Bce per acquisti illimitati sul mercato secondario dei titoli di Stato in sofferenza; ristrutturazione del debito greco; ricapitalizzazione delle banche colpite dalla svalutazione dei titoli; trasformazione del Fondo Salva-Stati in una Agenzia Europea per la gestione dei debiti sovrani; allentamento delle politiche di bilancio e sostegno alla domanda aggregata attraverso investimenti pubblici trans-europei alimentati da eurobonds e dalla tassa sulle transazioni finanziarie speculative. «Stiamo attenti, dare fiducia non vuol dire alimentare illusioni» ammoniva il Presidente Napolitano.
È così. Senza inversione di rotta, i figli, oltre ad un futuro di debito pubblico, avranno, insieme ai padri, un eterno presente di disoccupazione, sottooccupazione, precarietà, chiusura nazionalista e impoverimento populista della democrazia.

L’Unità 28.09.11