attualità, politica italiana

Costruttori contro il Governo: «Vergogna: avete fallito, ora via»

«Fuori! Vergogna! Andatevene via! Non ha neanche letto il testo prima, non sa quello che sta dicendo ». Così esplode la rabbia dei costruttori durante l’intervento di Altero Matteoli all’assemblea dell’Ance. Mentre il ministro parla la sala del Palazzo dei Congressi di Roma si svuota piano piano. Restano le prime file e qualche gruppetto qua e là. Chi resta si attende quei «fatti concreti», quelle «risorse certe» che il presidente Paolo Buzzetti aveva invocato nella sua prolusione iniziale. Ma da Matteoli arrivano le solite parole: snellire le procedure, partnership tra pubblico e privato. Cose sentite già centinaia di volte. Il decreto sviluppo arriverà solo la prossima settimana: ieri c’è stata solo una riunione preliminare. Il ministro non indica cifre. Anzi, dichiara davanti alle telecamere (non davanti alla platea) che «non ci sono risorse». Tutto a costo zero, come vuole Giulio Tremonti. Poi sfodera l’ultima illusione: «la macchina del fare». Ovvero, quella sequela di step che intercorre tra l’autorizzazione di un’opera e l’avvio effettivo diun cantiere. Troppo lenta, ammette il ministro, scaricando la responsabilità dei ritardi sulla macchina burocratica. Per gli imprenditori è davvero troppo. Così interrompono il discorso più volte, e concludono con una salve di fischi e di «buuuu». NUMERI Tutto comprensibile, smorza Matteoli. Il fatto è che le costruzioni sono l’epicentro della stagnazione economica che attanaglia il Paese. «Il tempo è scaduto» aveva detto Buzzetti concludendo il suo discorso. Anche per lui,come per gli industriali, il governo non ha più credibilità. «Il prossimo decreto sullo sviluppo – aggiunge Buzzetti – è l’ultima opportunità che concediamo. Nonce ne sarà un’altra». Così il presidente incassa una standing ovation dalla «sua» assemblea. Se le risposte non arriveranno, i costruttori sono pronti a protestare, come hanno già fatto insieme ai sindacati alla fine dell’anno scorso. Quello di Buzzetti è un vero ultimatum, partito da un comparto in crisi nerissima. La crisi ha cancellato 230mila posti di lavoro, che salgono a 350mila se si considerano anche i settori collegati alle costruzioni. Quanto agli investimenti, è come una discesa agli inferi. In5anni, dal2008 al2012 il settore avrà perduto il 22,3% in termini reali, riportandosi ai livelli del 1994. Per il comparto nuove abitazioni il tonfo è ancora più forte: quasi il 40% in meno del volume di investimenti. Il numero dei permessi a costruire si è dimezzato dal 2006 a oggi, passando da 305mila a 160mila. Il crollo colpisce gli investimenti privati e quelli pubblici, che nel quinquennio registrano una flessione di circa il 40%. «Un comparto con caratteristiche anticicliche – osservano i tecnici – è stato usato in modo pro-ciclico. Gli investimenti sono cresciuti quando vi era l’espansione, e sono diminuiti con la crisi».Mal’ultima «grande depressione» ha fatto anche peggio. «La verità è che la crisi sta colpendo le aziende più virtuose, lasciando campo libero a quelle irregolari – commenta Walter Schiavella, segretario generale Fillea Cgil – Con un mercato ridotto di un quarto, si sviluppa la concorrenza al ribasso, prendono corpo le cricche che si rifugiano nelle aree protette. Il governo offre ai costruttori la deregolamentazione, proprio nel momento in cui dovrebbe offrire invece regole più stringenti e più efficienti: il contrario di quello che servirebbe. È un gioco molto pericoloso: la Cgil stima che 10 miliardi di evasione contributiva e 15 di evasione Iva si ritrova in questo comparto. Per non parlare della penetrazione delle mafie. Per questo oggi i costruttori onesti sono arrabbiati: Buzzetti ha dato loro voce». In effetti il presidente è stato durissimo. «L’assunto che sia possibile un’ infrastrutturazione generatrice di sviluppo a costo zero o è una chimera o è una presa in giro – ha detto – I soldi ci sono, spendiamoli. Una parte di quei cinque miliardi in bilancio per il 2012per gli interventi di manutenzione e messa in sicurezza del territorio devono essere subito destinati verso opere precise. Perché gli investimenti siano davvero efficaci non servono Grandi opere, ma tante piccole e medie opere» disseminate sul territorio. I costruttori sono stufi di un altro annuncio su una «grande legge obiettivo», che da 10 anni non ha dato i frutti sperati. Così come non vogliono l’ennesimo piano casa. Meglio un grande piano di riqualificazione delle città, a partire dalle ultime disposizioni inserite nel decreto sviluppo del luglio scorso, che hanno predisposto un «armamentario » normativo utile alla riqualificazione urbana. Ma proprio dalle città arriva l’ultimo grido di dolore. Il sindaco GianniAlemannodichiara chiaro e tondo che si vergogna di nonpotermantenere gli impegni presi. «Dovrò fermare i cantieri a fineanno perché mancano le risorse», spiega. Insomma, la cassa è vuota e per riempirla non bastano le semplificazioni.

L’Unità 29.09.11

******

Costruttori, urla e fischi a Matteoli “Vergogna, non fate nulla, a casa”, di LuiSA Grion

Governo sotto accusa: “Opere a costo zero? Una presa in giro”. Il presidente Buzzetti: “La sensazione è che il dialogo fra le associazioni che rappresentano la società civile e chi decide si sia interrotto”
A fischiare il governo, questa volta, non sono stati gli studenti, gli operai o le piazze. Quelle sono contestazioni che chiunque faccia politica deve prima o poi mettere in conto. Altra cosa è quando a fischiare sono le imprese e i costruttori, categorie che di solito usano sistemi diversi per farsi sentire. Ma ieri i «Vattene», i «Basta», gli «A casa» che hanno interrotto la relazione del ministro delle Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli all´assemblea dell´Ance sono arrivate dai «padroni delle gru».
Le imprese dell´edilizia – settore che sul piatto della crisi ha già messo la perdita di 230 mila posti di lavoro, 350 mila considerato l´indotto – hanno fatto un altro passo avanti sulla strada che separa il governo dalle parti sociali. Dopo l´ultimatum fissato dalla Confindustria di Emma Marcegaglia – che ha dato una settimana di tempo a Palazzo Chigi per varare un piano per lo sviluppo – è arrivata la protesta dell´associazione dei costruttori. Scattata appena si è capito che le tanto invocate risposte che le aziende chiedono al governo non sarebbero arrivate.
Che il clima fosse pesante e l´attesa tanta lo si era capito già dalla relazione del presidente dell´Ance Paolo Buzzetti che aveva parlato di «tempo scaduto». «Non è vero che non si può fare nulla – aveva precisato – dire allo stesso tempo che le infrastrutture sono essenziali per far ripartire la crescita, ma che il piano di sviluppo deve essere a costo zero, o è una chimera o è una presa in giro». L´Ance sa che nel bilancio 2012 erano già stati stanziati 5 miliardi di euro per interventi di manutenzione sulle infrastrutture (tra l´altro le scuole) e per la messa in sicurezza del territorio. «Il governo ci dica cosa ne vuole fare, basta avviare piccole opere già cantierabili per produrre sviluppo» aveva sottolineato Buzzetti. Tutti in piedi ad applaudire il presidente quando aveva concluso che «le imprese che pagano le tasse, rispettano le norme, fanno le cose per bene, in questo Paese non sono più in grado di lavorare». «La sensazione è che il dialogo fra le associazioni che rappresentano la società civile e chi decide si sia interrotto».
Breve dibattito in sala – con il sindaco di Roma Alemanno che dicendo che «se le manovra non cambia 450 cantieri aperti a Roma rischiano la chiusura» di certo non aveva rasserenato gli animi – poi l´arrivo del ministro. Altero Matteoli comincia a parlare leggendo da un foglio, non menziona i 5 miliardi, semmai precisa che «i soldi non ci sono, ma gli aiuti arriveranno grazie alle defiscalizzazioni». Considerato che qualche minuto prima la platea aveva sentito dire da Alemanno «mi vergogno, come sindaco, di non poter dare certezza ai pagamenti», per i giovani dell´Ance è troppo. «Andiamocene, usciamo» è l´invito volto alla platea. «Basta, vergognati – al ministro – non hai nemmeno letto il discorso che ti hanno preparato».
A dar il via all´operazione «esodo» sono una decina di persone ma bastano pochi minuti e i fischi fioccano: la platea si svuota, tre quarti delle poltrone sono libere e chi resta di certo non fa nulla per fermare «l´intemperanza» giovanile dei colleghi che protestano. Una platea di costruttori e che fischia un ministro, tanto più di centro-destra, non si era mai vista prima.
Matteoli va a rapida conclusione, il «dialogo interrotto» di cui parlava Buzzetti si tocca con mano, i fischi continuano. Il ministro ammette di «esserci abituato», più tardi dirà anche che gli imprenditori «hanno tutta la mia comprensione vista la gravità della situazione». Alla fine dalle prime file arriva l´accenno ad un applauso di circostanza, soffocato in una manciata di secondi. Il presidente Buzzetti riguadagna il palco per ringraziare il ministro di essere venuto. «E soprattutto di essersene andato» gli rispondono dal fondo della sala. «Il ministro – spiega Sandro Catalano, presidente dei giovani dell´Ance di Trapani – è venuto senza sapere di cosa doveva parlare. Qui non c´è niente per il futuro e le imprese rischiano di fermarsi».

La Repubblica 29.09.11