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"Ricercatori, l'Italia si ostina a non adottare criteri europei", di Fulvio Esposito* ed Enrico Alleva**

A quattro anni dalla prima approvazione del suo regolamento da parte del secondo governo Prodi, l’Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca (Anvur, auspicata da anni dalla commissione lincea per la ricerca presieduta dal noto fisico Giorgio Parisi) sta faticosamente cercando di muovere i primi passi, all’ultimo piano del Miur di Piazzale Kennedy. E fra i suoi innumerevoli compiti, l’unico – purtroppo- che stimola attenzione e dibattito nel mondo rumoreggiante dell’università e ricerca sembra al momento solo quello delle regole per accedere ai «posti fissi» di professore universitario. Il dibattito, divenuto ormai una contrapposizione quasi-ideologica fra fazioni, è fra chi, come forse la dirigenza Anvur sostiene che per valutare l’idoneità dei candidati a ricoprire la posizione di professore associato o ordinario si debba far ricorso a parametri quantitativi (peraltro largamente usati a livello internazionale) e chi sostiene l’inadeguatezza o addirittura, specialmente per alcune aree del sapere, l’inapplicabilità di tali parametri. Quotidiani importanti ne van facendo materia di editoriale. Ancora una volta, il sistema italiano dell’ università e della ricerca si ostina a ignorare quello che avviene all’ interno dell’Unione Europea, della quale – almeno per ora – siamo parte e non necessariamente passiva né disgregante. La Commissione Europea nel luglio scorso ha varato il documento «Verso un quadro comune delle carriere della ricerca» (consultabile al link http://ec.europa. eu/euraxess/index.cfm/ jobs/index), approvato all’unanimità dai rappresentanti dei 27 Paesi dell’Unione e da quelli «associati » come Svizzera, Israele, Turchia ecc., presenta una griglia di valutazione assolutamente indipendente dall’area disciplinare e per ognuno dei 4 livelli individuati – riconducibili ai nostri di dottorando, ricercatore, associato e ordinario – elenca le competenze necessarie (quelli che noi chiameremmo «requisiti di ammissione») e le competenze auspicabili ma non vincolanti (quelle che servono per comporre «graduatorie»: chi ne ha di più, sta più avanti). L’adozione di questa griglia avrebbe tagliato le gambe a obiezioni, più o meno bizzarre o strumentali, che rischiano invece di vanificare il lodevole sforzo dell’Anvur: imponendo – com’è sempre accaduto finora – eccezioni e riserve indiane che, alla fine, potrebbero continuare ad avvolgere il mondo dell’università e della ricerca:in unanotte nella quale i gatti, come si sa, sono tutti grigi. Invece di captare con procedure selettive trasparenti giovani talentuosi e strutturare docenti professionalmente omogenei al resto d’Europa.

*Fulvio Esposito – Rettore Università di Camerino
**Enrico Alleva – Socio Corr Accademia Lincei

L’Unità 01.10.11