attualità, politica italiana

"Pronto il documento di «sfiducia» Pisanu e Scajola cercano i numeri", di Federica Fantozzi

Tensione altissima nel Pdl. Circola già la bozza del testo che chiede un «nuovo governo» per debito sotto controllo, crescita e legge elettorale. Pisanu: «Votare adesso sarebbe un male per l’Italia». Unappello al «senso di responsabilità». Una richiesta di «transizione guidata» per aprire la sospirata fase di rinnovamento e superare la crisi economica. Una consapevolezza: «Una campagna elettorale in questo momento sarebbe un disastro per l’Italia. Bisogna scongiurare le elezioni anticipate». E, dunque, l’esigenza di un nuovo governo che faccia tre cose: tenga sotto controllo il debito, rilanci l’economia e faccia una nuova legge elettorale. Il documento dell’area che si è coagulata intorno a Pisanu e Scajola è pronto. Ora serve l’occasione giusta. Più defilati Formigoni (che dopo la rottura con Lupi ha perso il controllo di parte delle truppe, e Alemanno alle prese con il malessere degli ex An. Del testo circolano già alcune bozze riservate, su cui un gran numero di parlamentari vorrebbe mettere le mani. «Le elezioni anticipate sarebbero un male – dice intanto l’ex ministro
dell’Interno a Sky -Ci consegnerebbero, magari a parti rovesciate, un Parlamento diviso, rissoso e ingovernabile come questo». Non è questo l’obiettivo. I promotori del documento cercano di allargare l’area del consenso: non è ancora scattata la raccolta firme, ma una sorta di sondaggio interno per capire i numeri reali in caso di prova di forza. L’auspicio è “pesare” così tanto da poter dire a Berlusconi, alla luce del sole: non abbiamo più fiducia in questo governo, dimettiti. A quel punto, si vedrebbe se il premier rimette il mandato o sfida il Parlamento in un 14 dicembre bis. I numeri, però, sono molto ballerini e difficili da cristallizzare: una cinquantina di onorevoli sono già passati all’asse “interventista”. Soltanto alla cena degli scajoliani ne erano attovagliati 14, con 3 assenti. «Ma saranno molti di più – ragiona un senatore azzurro – Sui 218 deputati che oggi compongono il gruppo Pdl, se si votasse adesso ne verrebben rieletta la metà. Per non parlare dei 29 Responsabili: altro che tacchini all’avvicinarsi di Natale…». Insomma, più di un centinaio di anime in pena. Di certo, in Parlamento la tensione è altissima. Basti pensare che la battuta salace del premier su Forza Gnocca, innocentissima rispetto ad altre, è stata accolta dal gelo totale. Elettricità acuita dalla nebbia fitta che avvolge il futuro prossimo. E dal moltiplicarsi degli scenari più disparati. L’ipotesi di un Pdl “deberlusconizzato” affiancato da una Lista Silvio scoraggia tutti quelli che non si sentono nelle grazie del gruppo dirigente. Così come l’idea di un nuovo partito per rottamare quanto sa di vecchio e di muffa evidentementenon rassicura l’apparato. Nel caos piomba Montezemolo, durissimo a tutto campo: «Siamo sul ciglio del burrone, bisogna abbassarei toni o salta il banco. Il meccanismo del tutti contro tutti ha superato l’argine della politica e sta investendo la stessa società civile. Non possiamo permettercelo». Il presidente della Ferrari critica le liti
Berlusconi-Tremonti che paralizzano la politica economica del Paese, il «balletto» su Bankitalia: «Spettacolo irresponsabile», questa situazione «va chiusa ad horas», «per fortuna presto si aprirà una fase nuova». Premesso che per «un imprenditore l’ingresso in politica è un diritto-dovere», Montezemolo pensa a un «grande movimento popolare, trasversale a tutte le componenti della società».
Berlusconi è atteso al varco: per lui si aprono venti giorni di fuoco. Con tre voti che ben si prestano ad agguati. Il decreto Sviluppo. La prescrizione breve al Senato.E il ddl sulle intercettazioni. Su cui, a Montecitorio, si ipotizza uno scenario impegnativo in caso il governo ponga la fiducia: un doppio voto, palese sull’esecutivo, e poi segreto sul provvedimento. Fini non potrebbe negarlo perché in gioco ci sono diritti personali. Ma in un momento così convulso è impossibile prevedere le migrazioni dei franchi tiratori.

L’Unità 07.10.11

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E Napolitano ricorda il governo Pella «esecutivo di tregua», di Marcella Ciarnelli

Certo, Giuseppe Pella era di Biella così come di queste parti era Quintino Sella, ed era quindi abbastanza prevedibile che il presidente della Repubblica, in visita a questa operosa provincia, patria del tessile, prima tappa della sua visita ufficiale in Piemonte e Valle d’Aosta, ricordasse i due politici, il secondo più noto, ma il primo protagonista di «un governo di tregua», tanto breve quanto «importante e utile» in un momento in cui l’Italia aveva bisogno di ritrovare serenità e fiducia. La situazione attuale è molto diversa da quel 1953 segnato anche dalle tensioni provocate dalla cosiddetta legge truffa. Però resta il fatto che Napolitano si è trovato a ricordare, proprio in questi giorni tumultuosi e problematici per la tenuta del governo ed in cui si inseguono ipotetiche soluzioni sponsorizzate da una parte o dall’altra, «un’esperienza che segnò il futuro dell’Italia repubblicana» lasciando intendere che ogni esperienza è possibile se in gioco c’è l’interesse collettivo ma non bisogna dimenticare mai che un governo deve avere innanzitutto la maggioranza in Parlamento. Quello di Pella fu un governo di tecnici che portò a termine l’incarico, approvare il bilancio dello Stato.Durò poco più del tempo necessario, 154 giorni.
A salutare Napolitano al suo arrivo a Biella al grido di «presidente lei è unico» c’erano solo e tante bandiere tricolore sventolate anche «da un mare di bambini e di ragazzi così gioiosi da darmi fiducia, giorno dopo giorno,
di proseguire in condizioni difficili la realizzazione del mio mandato». La Lega da queste parti segna una consistente presenza tra la gente. Eppure qualche fazzoletto verde nel taschino e un po’ di cravatte dello stesso colore sono stato il segno massimo dell’appartenenza al Carroccio a cominciare dal governatore del Piemonte, Roberto Cota. Nessuna contestazione al presidente dopo la sua lezione sulla inesistenza della Padania. Solo applausi, tanti e convinti. Quando ha ribadito che attuare il federalismo un impegno ma «sempre
nel quadro della Costituzione» ricordando che il Titolo V parla di «valorizzazione delle autonomie» e «di unità e indivisibilità della nostra Repubblica» ma anche quando ha evocato quel Sud sofferente, accusato di essere fannullone, ed invece «lavora, anzi fatica e produce come può»,come le donne di Barletta morte per lavorare a neanche quattro euro l’ora. «Quando sono andato nel Mezzogiorno, in qualsiasi città io non sono mai stato indulgente su quello che non va, per le tante cose che ci sono da correggere e cambiare. Però, attenzione, i meridionali lavorano in condizioni bestiali» ha aggiunto Napolitano che ha ribadito come l’Italia «di tutto ha bisogno fuorché di essere divisa da pregiudizi e contrapposizioni che non ci portano da nessuna parte». Il Paese che ha un sistema solido di banche e tante realtà produttive di eccellenza, «deve crescere insieme, dentro l’Europa unita, e non solo per un motivo di equità e giustizia, ma perché diversamente non garantiremo all’ economia nazionale il ritmo di crescita di cui abbiamo bisogno». E tra le forze che operano per la coesione e il rinnovamento etico del Paese ci sono «tutte le organizzazioni e le articolazioni del mondo cattolico» ha
ricordato Napolitano rendendo omaggio al Pontefice «per il contributo dato alla causa dell’unità». Ad Aosta, poi, seconda tappa del viaggio, terra di consolidata autonomia, il presidente ha ancora una volta ribadito «guai a contrapporre una parte del Paese all’altra».

L’Unità 07.10.11