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"8 ottobre. L'orgoglio del lavoro pubblico a Roma", da flcgil.it

Sono docenti, ricercatori, medici, educatori, tecnici, impiegati, infermieri, vigili del fuoco, netturbini, musicisti… sono lavoratori delle istituzioni e amministrazioni pubbliche, responsabili di servizi fondamentali per tutti i cittadini. Non sono fannulloni, come li dipinge un governo incompetente e decotto solo per tagliare loro gli stipendi. Si stanno già muovendo, almeno quelli che vivono più lontani dalla capitale, con treni, pullman, navi, automobili verso Roma per gridare che senza il pubblico i cittadini sono privati dei loro diritti, anche quelli garantiti dalla Costituzione. L’istruzione, la sanità, la ricerca, la protezione civile, la pulizia urbana danno senso alla cittadinanza e fanno civile un paese. Chi si occupa di istruirci e di formarci, chi si occupa della nostra salute, chi ci assiste se siamo in difficoltà, chi ci soccorre nelle calamità, chi trova nuove cure contro le malattie, chi tutela l’ambiente…: questo è il settore pubblico che il governo vuole smantellare, per fare arricchire pochi sui bisogni e sui diritti di tutti.

Alla manifestazione, promossa dalla CGIL, dalla FLC CGIL. dalla FP CGIL, stanno arrivando tantissime adesioni. Prima fra tutte quelle delle associazioni degli studenti che, già dall’inizio dell’anno scolastico, stanno denunciando lo stato comatoso in cui il governo ha gettato la scuola. Hanno aderito i precari pubblici che vogliono dare un taglio alla politica dei tagli e spiegano che di fronte alla crisi c’è più bisogno di stato e non di privato. Hanno aderito associazioni professionali, culturali, ambientali, di genitori, molte delle quali sono state tra i promotori degli stati generali della conoscenza. Hanno aderito rispondendo all’appello di Domenico Pantaleo che spiegava lo spirito della manifestazione: “aperta a quanti condividono la nostra voglia di cambiare e hanno fiducia che ciò sia possibile”.

La protesta del lavoratori pubblici – ha detto Fulvio Fammoni segretario confederale della CGIL – riguarda tutti i cittadini che si trovano a pagare più tasse per avere meno servizi.

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I tagli alla conoscenza impoveriscono l’intero Paese

Blocco dei contratti e delle carriere: schede e analisi sugli effetti disastrosi delle politiche finanziarie del governo Berlusconi nei settori della conoscenza e tabelle sulle perdite di stipendio delle diverse figure.
Un docente di scuola media con oltre 20 anni di servizio perderà in 4 anni (2010-2014) circa 9 mila euro. Un assistente amministrativo (segreterie delle scuole) con la medesima anzianità e nello stesso quadriennio perderà circa 5.000 euro. È l’effetto combinato del blocco dei contratti e del blocco delle carriere. Una miscela micidiale per lavoratori che hanno gli stipendi tra i più bassi d’Europa, sui quali l’inflazione, il fisco e l’aumento generale del costo della vita pesano già oltremodo. Per i docenti di scuola la perdita è in realtà più alta perché il blocco delle carriere riduce anche le indennità accessorie.
In allegato i nostri approfondimenti.

Il lavoro nella scuola, reso quasi impossibile quotidianamente dalle sciagurate politiche del governo come denunciano le cronache di inizio d’anno, è anche umiliato economicamente.

La mannaia delle manovre economiche di questo governo, dal 2008 in poi, si abbatte anche su università, ricerca, alta formazione artistica e musicale (AFAM), tutti settori che dovrebbero essere dei fiori all’occhiello di un Paese come l’Italia e soprattutto delle leve di sviluppo e innovazione.

I docenti universitari perderanno in 4 anni oltre 14 mila euro, a cui si aggiunge il danno del blocco delle anzianità. A causa del blocco dei contratti i docenti di accademie e conservatori perderanno oltre 8 mila euro. I ricercatori, proprio quelli dello sciagurato tunnel di Gelmini, e i tecnologi dei nostri enti di ricerca perderanno quasi 14 mila euro. Nemo profeta in patria, si può dire dei nostri ricercatori bistrattati a casa loro e osannati all’estero. Uno spreco che non possiamo permetterci.

I tagli di posti lavoro chiudono prospettive e futuro a quanti da anni con contratti precari fanno funzionare l’intero sistema. Contemporaneamente il peggioramento delle condizioni lavorative fa aumentare il precariato. L’emorragia di risorse non riguarda solo i lavoratori, ma tutto il sistema pubblico della conoscenza che, di manovra in manovra, continua a subire tagli lineari che lo stanno portando al collasso. La scuola ha perso 8 miliardi, l’università 1,5. Il diritto all’istruzione fino ai gradi più alti, come vuole la Costituzione, non è più garantito, la ricerca non è più finanziata, tranne qualche progettino che il ministro si gioca sul piano mediatico, anzi gli enti sono diventati terreno di lottizzazione. L’università a un anno dalla riforma “epocale” è nel caos. Ma il governo foraggia il sistema privato, senza che questo abbia alcuna ricaduta positiva sui cittadini e sul Paese.

Tutto questo non è affare solo dei lavoratori del settore, ma di tutto il Paese: dei giovani, delle famiglie, delle imprese.

La lotta dei lavoratori pubblici per ridare dignità al loro lavoro e rendere un servizio di qualità ai cittadini non è corporativa. È un grido di allarme che riguarda tutti i cittadini.

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