attualità, lavoro

"Cgil, sfila l’orgoglio degli statali", di Jolanda Buffalini

Si abbracciano poco dopo la partenza del corteo da piazza Esedra Rossana Dettori, segretario generale della funzione pubblica e Susanna Camusso. Il segretario generale della Cgil è elegantissima, in giacca rossa e pantaloni neri. Rossana è piccolina, parla con il suo accento sardo, si vede che è felice, indossa la maglietta bianca della manifestazione: «Sono Stato IO». C’è tanta gente, tante bandiere rosse con la scritta bianca Fp Cgil, Flc, federazione lavoratori della conoscenza, nel corteo che si snoda attraverso via Bissolati per raggiungere il Pincio e poi scendere in piazza del Popolo. Dal camion arriva un suonare di tamburi, un ritmo rap, i fotografi chiamano le due signore del sindacalismo italiano per immortalare il momento. «La Grecia – dice Rossana Dettori – è pericolosamente vicina, non solo geograficamente. Se lì si annunciano 30.000 licenziamenti, qui 31.000 precari che facevano funzionare l’amministrazione pubblica sono stati mandati a casa, sono stati già licenziati. Perché di questo si tratta, di licenziamenti». In piazza, dal palco dove parlerà dopo il segretario della Flc, la segretaria della Funzione pubblica rievocherà la «traversata nel deserto della Cgil». Nel 2008, proprio a piazza del Popolo, la Cisl si era impegnata e, invece, poco dopo ci fu l’accordo separato. Ma «dal 2008 la situazione del paese è peggiorata, la Cgil non è più sola, c’è stato uno spostamento dell’opinione pubblica. Ora diciamo bentornati a Uil, che prepara lo sciopero del pubblico, a Cisl, che mette in piedi l’iniziativa lavoro pubblico, valore pubblico. Bentornati, se si tornerà alla unità sindacale ». La piazza applaude al’unità sindacale e applaude al ruolo di garante esercitato dal presidente Napolitano, anche per «la sicurezza dei lavoratori ». Solidarietà alla Grecia, continua Dettori, «perché la ricetta greca è pericolosa per tutti i paesi europei ». «Sono Stato IO», slogan un po’ enigmantico stampigliato sulle magliette. Cosa significa? «Siamo stati noi a ridurre il paese in queste condizioni – risponde un partecipante che legge lo slogan con un senso di colpa- ma io non l’ho votato Berlusconi ». “Sono Stato IO” significa che «sono stata io a far funzionare lo Stato. Quando funzionava, perché ora non funziona più niente». “Sono Stato IO”, dice un altro manifestante «soprattutto a volere la Rsu, la rappresentanza sindacale unitaria sul posto di lavoro». Si voterà a marzo, e «si voterà», assicura Susanna Camusso. «Sono io nello Stato», spiega Paola che a Torino lavora in una cooperativa per disabili e che è anche «mamma di un bambino di tre anni» e «vedo bene che le maestre non ce la fanno più a tenere tutti quei bambini, anche perché ho la loro stessa formazione e so bene cosa costa in impegno un progetto educativo annuale». I docenti a contratto hanno tradotto lo slogan richiamandosi al re sole: “L’Etat c’est moi”, recita la loro maglietta nera. Alessassandro Granata, Firenze, del coordinamento precari Flc, è docente a contratto: «Prendo 600 euro al mese ed ho le stesse mansioni degli altri docenti, lezioni, didattica. Insegno lingua portoghese a circa un centinaio di studenti». Anche gli studenti sono in piazza, Rete dei medi e Unione degli universitari: «Vogliamo scuola e università pubblica». Annunciano assemblee per le prossime settimane, per raccogliere nelle scuole le proposte per «rifondare il sistema dell’istruzione». Idee e proposte saranno raccolte nei siti www.scuolache vogliamo,www. Università che vogliamo. Arriva Nichi Vendola a salutare Camusso e Dettori. «Cornuti e mazziati – dice dei lavoratori del pubblico impiego – perché non soltanto sono maciullati nei diritti e nei redditi ma anche umiliati» e: «Berlusconi fugge dal paese reale per rifugiarsi nella dacia del tiranno democratico Putin». «San Giuliano, Torino, Barletta. Tragedie causate dall’indifferenza», è il cartellone retto da alcuni bambini arrivati con la Fp Cgil della provincia Bat (Barletta Andria Trani) che ricorda, insieme alle operaie uccise dal crollo a Barletta, i bambini morti a San Giuliano di Puglia e gli operai della ThyssenKrupp. A nome del Pd nel corteo c’è il responsabile economico Stefano Fassina: «Questo governo ha fatto dei lavoratori del pubblico il capro espiatorio delle sue promesse mancate, come la riduzione delle tasse. Ed è riuscito nel capolavoro di mortificare i lavoratori peggiorando le condizioni e l’efficienza». Caterina Tripodi insegna in una scuola elementare di Tor BellaMonaca, quartiere difficile della periferia romana. Parla dal palco, prima di Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc: «Io conosco bene le conquiste degli anni Sessanta e Settanta, perché sono figlia di operai e ho potuto studiare e laurearmi. La scuola dove andavo non faceva differenza fra ricchi e poveri. Ora mancano i docenti, gli insegnanti di inglese sono stati cancellati, si risparmia sulle supplenze ammucchiando i ragazzi. Il contributo volontario è diventato una tassa in più per le famiglie». Francesca, educatrice barese: «Siamo l’unico paese europeo senza servizi all’infanzia, aspettiamo da 10 anni una legge sugli standard, perché in Italia ci sono situazioni di eccellenza ma anche, soprattutto al sud, pessime condizioni aggravate dal lavoro precario». Sul palco, dove gli onori di casa sono fatti da Paolo Serventi Longhi (Articolo 1) è la volta di Mimmo Pantaleo, che ricorda le operaie di Barletta, «è stato scandaloso che nel giorno in cui si celebravano i funerali delle lavoratrici di Barletta, il presidente del Consiglio abbia offeso ancora una volta le donne e il loro corpo». Il comizio, dopo l’intervento di Susanna Camusso, si conclude con Bella ciao versione Modena City Ramblers. Sul palco le mani si stringono battendo il tempo.

L’Unità 09.10.11

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“La sfida di Susanna Ricostruire il patto di cittadinanza”, Jolanda Buffalini

Ha la voce roca e forte Susanna Camusso quando scandisce, dal palco nella piazza del Popolo piena, e allegra sotto il sole romano per le bandiere, per la giornata di dignità e di lotta, per i grandi palloncini colorati, la sua visione di un paese «che non si rassegna», di un sindacato che «non fa invettive ma proposte». «Non ci stiamo a vedere affondare il paese», grida il segretario della Cgil, e le sue prime parole sono per i giovani, «che vengono tenuti fuori dal lavoro, costretti a non diventare adulti, a restare in famiglia», quando invece «scuola, sapere, ricerca, sanità, servizi, sono le cose che fanno di noi dei cittadini».
Se non ora quando. E poi c’è la rievocazione della grande piazza delle donne, il 13 febbraio scorso, per dire «ogni giorno che passa il premier crea un problema in più. Non ci arrendiamo al paese messo alla berlina. Ripartiamo dal linguaggio, l’offesa alle donne non è solo nel corpo ma nella cultura. Per noi le divise di infermiera e di poliziotta sono degne di profondo rispetto ». La repubblica italiana «fondata sul lavoro, nata dalla resistenza non può diventare la casa del premier, con le leggi bavaglio con il processo breve, con le norme per ottenere assoluzioni». Nella visione del paese di Susanna Camusso «bisogna ripartire dallo Stato», basta con quelli che pensano che il paese sia un’azienda, in Italia «hanno dimostrato di non saper dirigere le aziende e ora vogliono dirigere il paese». Basta con l’antipolitica, con i tagli lineari che producono «secessione fra passato e futuro, fra nord e sud, fra poveri e ricchi », tagli alla scuola che vorrebbero spingere le mamme fuori dal lavoro e i bambini piccoli a casa. Un quadro di solitudine foriero di «xenofobia e razzismo, di arretramento del paese».
Patto di cittadinanza. Il segretario della Cgil chiede un patto di cittadinanza «per unascuola pubblica, laica, nazionale». Ricorda che la scuola «ha costruito l’unità del paese e la democrazia». E accusa il governo che «se ne deve andare» di aver «buttato 3anni, negando la crisi, mentre i maglifici sorgono negli scantinati clandestini, come a Barletta ». Lavoro pubblico, scandisce, è anche «controllare e invece c’è un ministro che sostiene che la legge 626 sulla sicurezza è un costo».
Lo schiaffo. «La lettera di agosto della Bce è stata uno schiaffo al governo e all’Italia». Ma gli schiaffeggiati si mostrano «contenti di essere stati schiaffeggiati». E il ministro Sacconi non ha nemmeno letto bene quel documento, dove non c’è scritto, come nell’articolo 8 della manovra, che bisogna derogare ai contratti e alle leggi. Il governo italiano non ha avuto, «come Papandreu, lo scatto di orgoglio di rispondere che «non si mettono in discussione minimi salariali e contratti ».❖

L’Unità 09.10.11

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“Lavoratori espropriati dal governo” Camusso con gli statali in piazza. “Che schiaffo all´Italia dalla Bce”, di Luisa Grion

Dagli insegnanti agli infermieri, dai vigili del fuoco ai dipendenti ministeriali tutti sono convinti che questo esecutivo – che fin dall´inizio ha puntato a «sminuire il ruolo del pubblico» – «se ne deve andare ora», come ha detto dal palco la leader del sindacato Susanna Camusso «perché ogni giorno che passa abbiamo un problema in più: non ci rassegniamo a veder espropriato il nostro Paese».
Manifestazione a Roma, Piazza del Popolo piena di lavoratori e studenti, ancora una volta la Cgil da sola (anche se proprio la battaglia sul settore pubblico potrebbe essere il territorio della «riconciliazione» con Cisl e Uil).
La protesta è nata dai tagli subiti dalle categorie con le due manovre: pur se uno studio della Banca d´Italia assicura che il lavoratore pubblico, in media, è più pagato del dipendente privato, si calcola che un professore della scuola media con vent´anni di servizio possa perdere, per via del blocco dei prossimi quattro anni fino a 9 mila euro in potere d´acquisto. Ma ancor più si teme «l´obiettivo annunciato dal governo e dalla Funzione Pubblica di tagliare oltre 300 mila posti tra il 2008 e il 2013» riducendo all´osso la macchina dello Stato, la scuola, la sanità e quindi il welfare.
Timori che hanno acquisito forza da quando è stata resa pubblica la lettera che la Bce ha inviato al governo, suggerendogli di «valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego e riducendo se necessario gli stipendi». Quel testo, ha detto la Camusso «è stato un tremendo schiaffo, il commissariamento del Paese». Richiede «uno scatto d´orgoglio: tagliare lo Stato non è l´unica ricetta possibile», va cancellata l´idea che «il pubblico, quindi la scuola, la ricerca, la sanità, la giustizia, la sicurezza» siano, prima di tutto, «un costo».
C´è un´altra strada che si può percorrere senza dissanguare il paese, indica la Cgil «ed è il patto della cittadinanza: chi più ha più paghi» e soprattutto «paghi chi non ha mai pagato». Quindi un no deciso al condono, «parola che non è nel nostro vocabolario» ha detto Susanna Camusso. Sì invece alla patrimoniale e alla lotta all´evasione fiscale, misure necessarie a finanziare «un piano straordinario per i giovani».
Rifondare il Paese «è possibile», ma secondo il sindacato, non con l´esecutivo Berlusconi. «C´è un Paese che non recupera credibilità se questo governo non se ne va» ha detto chiaro e tondo la Camusso. «Non ci rassegniamo a veder affondare il Paese, non ci rassegniamo a vederlo espropriato da chi pensa che mantenere il potere sia il suo elisir di lunga vita. Non ci rassegniamo alle leggi bavaglio, al fatto che possa passare l´idea che per governare il Paese serva chi ha governato un´azienda perché hanno dimostrato di non saper dirigere le aziende così come non sanno dirigere il Paese». E «non ci rassegniamo al fatto che viene continuamente offesa la dignità delle donne» ha voluto precisare la leader della Cgil. In piazza c´era qualche cartello che ironizza sul «bunga-bunga» e sul partito della «gnocca». Lei dal palco ha assicurato: «C´è anche un altro linguaggio e un altro modo d´essere, noi non siamo come il premier».

La Repubblica 09.10.11

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“La Cgil: Berlusconi a casa diciamo basta ai giovani senza futuro”, di Raffaello Masci

Il paese non ne può più, non vuole avere tutto sulle sue spalle a cominciare dal peso di tre anni di crisi negata. Questo governo se ne deve andare». Il leader della Cgil, Susanna Camusso finisce di parlare quando già imbrunisce, e la folla di piazza del Popolo a Roma le tributa un’ovazione. Si conclude così la manifestazione dei dipendenti del pubblico impiego e della scuola, quelli che – secondo la Cgil – sono stati maggiormente segnati non solo dalle manovre finanziarie del governo, ma anche da un’aggressione di immagine che va dai «fannulloni», di immortale memoria, fino al «siete la parte peggiore dell’Italia» con riferimento ai precari, entrambe a copyright Brunetta. I dipendenti pubblici si lamentano perché i tagli ricadono anche sui loro stipendi: un docente di scuola media con oltre 20 anni di servizio perderà in 4 anni circa 9 mila euro. Un segretario scolastico circa 5.000 euro. L’ultima manovra, con il blocco dei salari, l’allungamento dell’età pensionabile per le donne, il contributo straordinario per chi prende più di 90.000 euro (contro i 300.000 euro dei privati), hanno colpito duramente il settore. E all’orizzonte c’è la sindrome greca, con l’ipotsi di tagliare ulteriormente gli stipendi.

Per protestare contro tutto questo, ieri tra piazza della Repubblica e quella del Popolo si è snodato un corteo al cui avvio ha partecipato il leader di Sel, Nichi Vendola che ha parole di fuoco sull’ipotesi di un condono: «All’indomani della tragedia di Barletta, la sola idea di un condono è l’indice di una impudicizia scandalosa di questa classe dirigente». La gente lo circonda e lo applaude: «Nichi, Nichi!»

L’intervento della Camusso è alle 18. Piazza del popolo è piena. «Non ci rassegniamo a vedere il nostro paese espropriato da chi pensa che mantenere il suo potere è un elisir di lunga vita – ha detto Camusso – non ci stiamo più. Se ne vada ora, perché ogni giorno che passa il paese ha un problema in più».

Ma la Cgil della Camusso non si rassegna, e quindi promette battaglia, su molte altre cose. «Non ci rassegniamo a vedere affondare il paese – ha proseguito – non ci rassegniamo a vedere i giovani fuori dal lavoro e i ragazzi costretti a stare nelle famiglie perché non c’è lavoro. Non ci rassegniamo a cancellare la parola futuro dal nostro pensare e agire. Non ci rassegniamo a vedere il paese alla berlina, vedere violati la decenza, la dignità e il normale parlare».

Gli insegnanti, i dipendenti pubblici, gli agenti delle forze dell’ordine (in borghese), i dipendenti degli enti locali, il personale della sanità, tutti indossano una maglietta bianca con la scritta «sono STATO io». Alcuni cartelli specificavano. «Sono stato io a insegnare ai bambini», «sono stato io a curare i malati», «sono stato io a garantire la sicurezza», e così via. Venerdì 21 la Cgil sarà di nuovo in piazza insieme alla Fiom contro la politica sindacale della Fiat: otto ore di sciopero in tutte le sedi del gruppo.

La Stampa 09.10.11

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Camusso: «Basta tagli il governo dica no alla Bce», di GIUSY FRANZESE

ROMA – Un nuovo ”patto di cittadinanza”, in base al quale «chi ha di più deve dare di più. Chi non paga deve iniziare a pagare». Solo così, secondo il leader della Cgil, l’Italia può finalmente ripartire. In una Piazza del Popolo gremita di lavoratori pubblici arrivati nella Capitale da tutta Italia con palloncini colorati, bandiere rosse e magliette bianche con la scritta ”sono Stato io” per rivendicare l’appartenenza ad un settore negli ultimi tempi decisamente bistrattato, Susanna Camusso torna a criticare il governo, le manovre economiche varate recentemente e le ipotesi di nuove misure all’orizzonte. A partire dalla sanatoria fiscale ed edilizia: «La parola condono deve essere abolita dal nostro vocabolario» scandisce la segretaria della Cgil tra gli applausi di migliaia di statali e insegnanti stanchi di essere additati come ”fannulloni”, stanchi di essere considerati – ogni volta che c’è da intervenire sulla spesa pubblica – un costo da tagliare.
La Camusso ribadisce: «Non ci rassegniamo a vedere affondare il Paese. A vedere i giovani fuori dalla scelte e dal lavoro. A vedere espropriato il Paese da una persona che pensa che mantenere il suo potere sia un elisir di lunga vita». L’invito al premier è esplicito: «Non ne possiamo più, se ne vada ora, perché ogni giorno che passa abbiamo un problema in più». Di scelte di politiche economiche, ma non solo. Le vicende private del premier sfilano con i manifestanti. C’è una sagoma di cartone di una donna in slip e reggiseno e la scritta «povera Italia, i mercati internazionali si rifiutano di ballare il bunga-bunga». E non mancano riferimenti alle ultime battute del premier: «Per Berlusconi sono una gnocca e per Brunetta sono una fannullona» recita un cartello tenuto in bella vista da alcune lavoratrici. «Ci vergogniamo per come siamo visti nel mondo» rincara la Camusso.
Ai lati del palco campeggia un mega striscione: «Senza il servizio pubblico sei privato dei tuoi diritti: salute, scuola, sicurezza, ambiente e ricerca». Il no a nuovi tagli è netto. «Le tante manovre di questo governo hanno sempre un filo che le lega, oltre alla loro inefficacia, è ridurre lo Stato. Lo fanno apparire come un risparmio, invece vuol dire negare il futuro di ognuno di noi» afferma la leader della Cgil.
Sullo sfondo c’è la lettera inviata dalla Bce ad agosto al governo: «Uno schiaffo all’Italia» la definisce la Camusso. In quella lettera, tra le altre cose, si chiede «una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover e, se necessario, riducendo gli stipendi». Il segretario generale della Cgil chiarisce: «Quando si ragiona di costi noi siamo pronti alla sfida. Ma il Welfare non è un costo, è un fattore di crescita del territorio». Affonda: «Se il ministro Sacconi avesse passato qualche momento a studiare avrebbe capito». E infine aggiunge: «Noi vorremmo lo stesso scatto d’orgoglio del presidente greco che, nonostante tutti i problemi, ha risposto: no, non cancelliamo i contratti, non aboliamo i minimi salariali. Perché non è vero che c’è una ricetta sola».
Dal palco Susanna Camusso ribadisce quindi la sua strada alternativa per il risanamento e la crescita: una più equa distribuzione dei redditi, la tassazione dei grandi patrimoni e della finanza, la lotta all’evasione. «Le risorse così recuperate devono servire a fare uno straordinario piano per il futuro e per i giovani» spiega la Camusso. Il ”patto di cittadinanza” deve essere la premessa per lasciare «la scuola pubblica, nazionale, laica». Infine un avvertimento: il contributo di solidarietà chiesto ai pubblici dipendenti con redditi alti, va bene, ma solo se viene esteso anche alle altre categorie di lavoratori e di redditi, «altrimenti la Cgil partirà con le cause di costituzionalità».

Il Messaggero 09.10.11