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"Gelmini e la strategia dello scaricabarile", di Manuela Ghizzoni

E’ cosa nota che Tremonti non goda più del primato all’interno del Consiglio dei Ministri che fino a non molti mesi fa lo rendeva primus inter pares. Ma, stando all’intervista odierna della Gelmini, siamo al capro espiatorio: davvero la ministra è stata solo comprimaria nella decisione dei tagli alla scuola? Questa capitis deminutio del propria ruolo è tipica della strategia del “si salvi chi può”, ma non riesce a convicerci del fatto che la ministra si limitasse semplicemente a recitare la parte della fustigatrice della scuola “presunta lassista e post-sessantottina”, da punire con il taglio del personale docente e ATA, con la riduzione del tempo di istruzione, con la retorica della meritocrazia da sostituire alla promozione delle pari opportunità, con la trasformazione della scuola da motore per il progresso personale e del Paese in perpetuatore della condizione di nascita e delle differenze sociali (ne sono esemplare testimonianza i quiz per la prova di preselezione dei dirigenti scolastici: provare per crede!).
Ma è altrettanto vero che dall’intervista appare l’idea di un ministro che “governa per caso”, che naviga a vista sulla materia di propria competenza ed è claudicante sugli ausiliari: ella afferma, con disinvoltura grammaticale: “ho visitato il Cern e non ho visto tunnel. Bastava mettere quella parola tra virgolette e aggiungere tecnologico, il “tunnel tecnologico” dentro il quale sono viaggiati i neutrini”. “Sono viaggiati”? Imbarazzante, detto dal ministro dell’istruzione, della ricerca e dell’università!
Nel tentativo, goffo, di difendersi dalla accusa di avere avuto la mannaia facile, ribatte che invece gli investimenti sono tanti, ma la stampa non lo dice. Quali sarebbero le risorse in arrivo, ma taciute dalla stampa “complottarda”?
Innanzittuto 100 milioni per le borse di studio universitarie: evidentemente il ministro ignora che la finanziaria ha messo a disposizione per il 2012 solo 26 milioni, appunto 100 in meno che nell’anno in corso. Se le citate risorse arriveranno – e ce lo auguriamo tutti – non si tratterà di risorse aggiuntive ma del reintegro di un fondo che comunque già ora non è in grado di rispondere alle attese degli studenti idonei a ricevere una borsa di studio (lo certifica la Corte dei Conti!).
Di converso, lasciano perplessi le borse nazionali per il merito, sbandierate come vera novità del prossimo anno. La ministra dice che per “i migliori maturati, scelti dopo un test tra chi ha preso il massimo, avranno un assegno per mantenersi all´università” e parla di “cinque, diecimila euro l´anno”, come se tra le due cifre la differenza fosse ininfluente! Ma al di là dell’importo, dimentica di dire che tali finanziamenti verranno erogati a prescindere dalla condizione di reddito del beneficiario: insomma indipendentemente dal fatto che di cognome faccia Montezemolo o Bianchi. È allora lecito domandarsi che fine abbia fatto il principio costituzionale che impone alla Repubblica di rendere effettivo il diritto “di raggiungere i più alti gradi degli studi” per i capaci e meritevoli anche se privi di mezzi attraverso l’erogazione di borse di studio?
Drammaticamente esilarante l’affermazione “Stiamo trovando 400 milioni per l´edilizia scolastica”. Ma come? Si è persa il miliardo di fondi stanziato con la delibera CIPE del 2009? Forse si è finalmente resa conto che le scuole non si costruiscono con gli annunci, ma con risorse che devono arrivare ai proprietari (cioè gli enti territoriali) nel rispetto della loro programmazione di intervento. Esattamente il contrario di quanto fatto: così mentre i finanziamenti percorrono iter farraginosi le scuole cadono a pezzi.
Che per gli atenei del Sud ci sia “un miliardo in ricerca” lo si è appreso da una nota congiunta dei ministri Fitto e Gelmini: ma forse è bene ricordare che si tratta di fondi FAS, che non si possono utilizzare per spesa corrente ma per infrastrutture. E si sa, i ricercatori non mangiano mattoni. Tace invece, la ministra, sul fatto che per il prossimo anno il Fondo di Finanziamento ordinario delle università – dopo tre anni di costanti riduzioni – sia stato privato di ulteriori 300 milioni di euro, così che il suo ammontare sia insufficiente per far fronte perfino alle retribuzioni del personale (lasciando a secco la ricerca d’Ateneo), nonostante il famigerato blocco degli stipendi e quello del turn over.
Sulla scomparsa del presunto doppione costituito dalla presenza nella scuola “di bidelli e le cooperative di pulizia insieme”, da cui sarebbe derivato un risparmio di 200 milioni, evidentemente il suo direttore generale Filisetti ha dimenticato di informarla che nulla è cambiato, poiché la direttiva 103 è stata ritirata e il risparmio è dovuto solo all’ennesimo taglio di finanziamenti!
Infine, sul caso Zennaro: sarà senz’altro vero che la Corte dei conti lo ha valutato idoneo al suo incarico a direttore generale, ma spetta al ministro decidere se debba continuare ad occupare un ruolo di rilievo per il quale non ha mostrato, nei fatti, competenza e profilo culturale. Insomma, spetta a Mariastella Gelmini un sussulto di dignità.

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“L’arrogante si fa codarda”, di Alessandro Gilioli

Dev’essere proprio alle cozze, il ministro Gelmini, se alla fine arriva a chiamare un “giornale nemico” – quello che il suo capo voleva far strozzare dagli inserzionisti e Cicchitto definiva «network dell’odio» – per cercare di recuperare terreno, ora che il baratro le si sta aprendo sotto i piedi.

Dev’essere alle cozze, per voler cambiare improvvisamente registro, scoprendo improvvisamente che i tagli alla scuola (quelli ostinatamente negati fino all’altro ieri) invece ci sono stati, ohibò; per riscoprire (lei!) la «centralità della ricerca»; per ammettere perfino che sul suo celebre tunnel «bastava chiedere scusa», cosa che peraltro non risulta sia stata mai fatta, meglio un bel ‘delete’ sul sito.

Arriva perfino a dirsi «dispiaciuta», la Gelmini, per non avere da tempo «rapporti con i ragazzi» che la contestano, peccato perché il ministro è «pronta ad ascoltarli» (ma non era lei ad averli definiti «strumentalizzati dai centri sociali»? ma non era lei, quando si sentiva forte, a deligittimare ogni dissenso dicendo che proveniva da quanti «mandano i figli alle private»?).

Solo due anni fa ci spiegava che se la scuola aveva dei problemi era tutta colpa del ‘68, anzi dei sindacati, anzi dei professori, anzi dei presidi, anzi della sinistra, anzi dei meridionali.

Adesso che la barca affonda, l’arrogante si fa codarda, sperando di rifarsi una faccia e cavarsela in qualche modo, e fate finta che non abbia mai detto niente. Presto arriverà a negare di avere mai definito «snob e radical chic» le donne che contestavano il fondatore di Forza Gnocca, per carità, e non ha mai nemmeno detto che Ruby «era solo una ragazza in difficoltà», non ha mai accusato Rodotà di essere «comunista» quando non sapeva rispondere alle sue argomentazioni e ai suoi dati.

Ne vedremo altri, di arroganti trasformati in codardi, di qui alla fine. Di gente che fino a ieri insultava e ora cerca il dialogo, il confronto, l’apertura.

Cercano soltanto un lasciapassare, e fanno ancora più schifo di quando erano arroganti.

da www.gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it

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