memoria

"La vergogna dell'armadio (della vergogna)", di Paolo Fallai

Non può esserci pace senza giustizia. E sarebbe una verità quasi banale, se non vivessimo in un Paese che, da decenni, si sforza con ogni mezzo di negarla. È tornato in libreria, con una nuova edizione, il libro di Franco Giustolisi, che ne è diventato l’assioma: L’armadio della vergogna (Beat, pagine 383, 9). La storia che Giustolisi racconta è semplice e terribile: fra il 1943 e il 1945 decine di migliaia di civili, tra loro bambini, donne, vecchi, vennero uccisi nel corso di 2.273 stragi compiute dai nazisti e dai fascisti. Avete capito bene: 2.273 stragi, in una geografia dell’orrore che non risparmia un angolo d’Italia. In questo lugubre elenco vi sono nomi conosciuti, come Stazzema, Marzabotto Fivizzano, Fossoli, Cefalonia, accanto a un elenco impressionante di località grandi e piccole che si fa fatica a trovare anche sulla carta geografica. Giustolisi, giornalista e scrittore, ricostruisce come dopo la Liberazione, molti dei responsabili di questi orrendi massacri vennero individuati. E di come siano stati aperti centinaia di fascicoli in vista di processi che avrebbero dovuto punire i colpevoli. Ma non ci furono né istruttorie, né processi. Nel 1947 migliaia di fascicoli vennero sepolti in un vecchio armadio «marrone scuro, in più parti tarlato» finito in un «andito seminascosto» di palazzo Cesi, in via degli Acquasparta a Roma, sede della Procura generale militare. Per essere sicuri che a nessuno venisse in mente di aprirlo, quel mobile aveva le ante rivolte verso il muro. Venne scoperto solo nel 1994 quando il procuratore militare Antonino Intelisano, preparando l’estradizione dall’Argentina dell’ufficiale delle SS Erich Priebke, chiese e ottenne i documenti sulla strage delle Fosse Ardeatine. È in quel momento che un vecchio mobile da ufficio, diventa «l’armadio della vergogna». Dalla sua scoperta sarebbe stato lecito aspettarsi uno scatto di dignità, capace di restituire al nostro Paese il coraggio di perseguire e finalmente processare i massacratori. Neppure questo è successo. Neanche dopo la pubblicazione della prima edizione di questo libro, ormai sette anni fa. «L’armadio della vergogna — dice Franco Giustolisi, che non ha perso la volontà di combattere, ma fatica a trovare ragioni di speranza — ormai è diventato la “vergogna dell’armadio”». Il silenzio della politica, le pavide esitazioni del Parlamento, le vergognose compromissioni tra eredità politiche opposte, unite solo dall’interesse a insabbiare la verità, sono i genitori dell’incapacità di guardare a occhi aperti la nostra storia. Ora questa nuova edizione è nelle mani del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Dovrebbe finire anche in quelle dei nostri studenti, per completare i loro studi di storia contemporanea e avviarli alla scoperta di discipline non comprese nei programmi ufficiali: l’umiliazione delle vittime, la vigliaccheria di una nazione.

Il Corriere della Sera 09.10.11