attualità, politica italiana

"Lo strappo alle regole e la lezione del Colle", di Claudio Tito

Nel declino inarrestabile di questo governo e del berlusconismo, c´è un elemento immutabile: la violazione da parte del premier delle regole di convivenza politica e il disinteresse per le norme che disciplinano i lavori del Parlamento e dell´esecutivo.Una evidente débâcle della sua maggioranza viene così derubricata a incidente tecnico. Una tragedia che si trasforma in farsa. Eppure si tratta di una bocciatura esplicita su una legge considerata fondamentale per l´attività governativa. Un provvedimento che viene elaborato e presentato da un ministero centrale come quello dell´Economia. E che definisce il bilancio dello Stato.
La superficialità con cui il centrodestra ha affrontato una vicenda delicata e imbarazzante per il Paese, ha costretto il presidente della Repubblica ad assumersi la responsabilità di non far precipitare ulteriormente l´immagine del Paese. Anche e soprattutto dinanzi ad una crisi economica e a una pressione dei mercati finanziari che stanno mettendo alle corde i nostri conti pubblici. Un fisiologico svolgimento del confronto parlamentare, avrebbe imposto le dimissioni del premier. Ma Berlusconi è al di fuori della normalità democratica. Come la sua maggioranza inetta a svolgere qualsiasi forma di controllo sul premier.
Quanto è accaduto martedì rappresenta però un vulnus senza precedenti. La protesta delle opposizioni unite non potrà che essere clamorosa. La loro assenza oggi dai banchi della Camera mentre il capo del governo leggerà il suo discorso punta a rimarcare l´eccezionalità degli eventi. Che espongono il nostro sistema democratico a paragoni inaccettabili e a giudizi – anche internazionali – ormai insopportabili.
La lesione che il governo cerca di ricomporre rischia al contrario di provocare un pasticcio ancora più evidente. Il consiglio dei ministri deve riformulare la legge e ripresentarla al Senato nella sua interezza. Una scelta che per metà dei parlamentari sconfina nell´illegittimità costituzionale. Ma, del resto, il nuovo testo – per Berlusconi – non deve colmare una lacuna normativa e istituzionale. Il suo obiettivo è salvarsi, autoperpetuarsi in una lunga agonia. Il presidente del consiglio non ha alcun interesse per le regole e per la Costituzione. Non sa e non vuol sapere che quel provvedimento è esplicitamente richiesto da una legge dello Stato e che si fonda su una precisa previsione costituzionale. Oggi spiegherà ai deputati la sua soluzione e illustrerà un programma di fine legislatura che non verrà mai realizzato. Il suo intento è solo far dimenticare l´ultimo strappo. È come se avesse sequestrato il Paese trincerandosi dietro una maggioranza capace di dimostrarsi tale solo ed esclusivamente in occasione dei voti di fiducia. Inabile invece a guidare l´Italia. Una alleanza spappolata, divisa in mille rivoli e impegnata esclusivamente a tutelarsi in vista del possibile tracollo. Il quadro politico si presenta disintegrato. I movimenti all´interno del suo stesso partito ne sono la prova: tutti sono in fuga da una sorta di Re Mida al contrario. Anche il premier sa che il percorso verso il superamento del suo governo è ormai avviato. Solo lui e Umberto Bossi non ne vogliono prendere atto sperando in una miracolistica riconquista della popolarità. Eppure gli ultimi sondaggi sono chiari. L´indice di fiducia del premier è al minimo storico: 24 per cento. Un dato che stride con la popolarità di Giorgio Napolitano salita all´89 per cento. Del resto il presidente della Repubblica, pur di fronte a episodi che non hanno precedenti nella storia repubblicana, sta cercando in primo luogo di conservare la dignità delle procedure. Si attiene alla Costituzione riversando sul presidente del consiglio la responsabilità delle scelte compiute. E di quelle che compirà nei prossimi giorni.

La Repubblica 13.10.11

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“Silvio umiliato da quei banchi vuoti”, di FILIPPO CECCARELLI
Colpi di scena, teatro d´aula, rumori, colori, vuoti e pieni fra i banchi: in questo la diretta tv gioca senz´altro, ma sotto il dominio delle rappresentazioni il blocco del palinsesto istituzionale non rallegra certo un perfezionista dello spettacolo come Berlusconi.Il quale parlerà a mezzo Parlamento, cioè in pratica parlerà da solo. E seppure l´energia della politica dovrebbe – sperabilmente – sovrastare le più facili e a volte anche le più basse suggestioni visionarie ed emotive, fa riflettere che l´uomo che in questi termini ha costruito il suo potere si sia già preoccupato di allestire una contro-regia sparpagliando i suoi deputati tra i banchi di solito occupati dalle opposizioni per evitare l´impressione di vuoto, deserto e solitudine.
E´ che gli spettacoli, come i gesti semplificati, come gli indizi che tendono a mangiarsi i contesti, hanno le loro leggi. E la protesta parlamentare vive di sorprese o mezze sorprese, ma bene o male riflette la grande, vistosa e chiassosa rivoluzione che ha investito le forme espressive del potere; e un po´ anche la sostanza.
Per cui Montecitorio e Palazzo Madama sempre più sembrano modellarsi sul tifo degli stadi, così come l´antica militanza sembra oggi sostituita dai club e dalle tifoserie. Ma tant´è.
Per certi versi quello che accadrà domani va in senso opposto. L´abbandono, la rinuncia, l´astensione, l´assenza di tutte le opposizioni nell´aula al momento delle comunicazioni del presidente del Consiglio hanno il senso di sottolineare la straordinaria drammaticità e anche tradiscono un giudizio di illegittimità nei suoi confronti. Eppure, l´obiettivo è anche quello di indicare l´irrilevanza di un potere al tramonto.
In altri tempi c´erano figure di oppositori che si comportavano come belve. Il fratello di Giancarlo Pajetta, che pure non scherzava per niente, era detto «il giaguaro» per l´abilità con cui scavalcava quelle che oggi si definiscono, a fini più nobili, barriere architettoniche. Ma a distanza di tanti anni viene da pensare che il contatto fisico dei tumulti sia stato pienamente sostituito dalla dimensione acustica e soprattutto visiva.
E su questo si potrebbero riempire pagine e pagine di esempi, quasi mai commendevoli. Si cominciò ai tempi di Mani Pulite con lancio di finte banconote e guanti gialli. Poi si passò al cappio leghista. Seguirono striscioni, bandiere, capi d´abbigliamento parlanti tipo magliette con scritte mostrate a mo´ di esibizionisti, stelle gialle e bracciali da lutto, e le deputate in jeans contro lo stupro, e quello che si toglie la giacca apposta per farsi richiamare, e quegli altri che, a un determinato momento ostentano fogli A3 e A4 mostrati alle telecamere, e opuscoli della Costituzione sventolati e perfino fazzoletti policromi.
Non molto tempo fa si verificarono anche delle prove parlamentari di «ola», e le riprese televisive concessero al gentile pubblico non pagante la sensazione che gli onorevoli, di norma frustrati dal loro lavoro, si divertissero come bambini. A tale proposito varrà anche la pena di segnalare come, all´apice del suo perfezionamento elettrico, il deputato Calderisi, che nelle opere sue porta una certa dedizione giapponese ed è anche ingegnere, s´ingegnò appunto con le lucette del tabellone facendo in modo che durante le votazioni si potessero leggere delle scritte. Semplici, molto, ma si direbbe destinati a chi ama il mondo dei segni.
Allo stesso modo viene da pensare che gli alti ideali della Prima Repubblica, nella protesta si siano trasfigurati lungo un orizzonte assai più povero, materiale, quotidiano, a volte basso, con il che si spiega l´entrata oggetti di uso comune resi simbolici: pupazzi di Pinocchio e altri più moderni (recati in dono dall´onorevole Mussolini), bacinelle e vassoi di pasterelle. Di recente, grazie al contributo del dipietrista Barbato, ha fatto il suo ingresso in aula un saccone nero dell´immondizia.
Poi ci sono i cori. A volte cori contro cori. «Bella ciao», per dire, contro «Fratelli d´Italia». La faccenda delicata qui è che i parlamentari non sono intonati, per cui lo spettacolo si fa ancora più onirico e stralunato. E i giornali possono nulla rispetto ai video subito disponibili sulla rete.
Berlusconi appare abbastanza consapevole di essere lui stesso uno spettacolo nello spettacolo e infatti fa cose piuttosto strane. Gli dispiace moltissimo che ci sia la telecamera fissa, vorrebbe essere il regista di se stesso. Oppure dorme con una tale frequenza che gli osservatori ormai ci hanno fatto l´abitudine. Comunque gli dispiace moltissimo che ci sia la telecamera fissa dato che vorrebbe essere il regista di se stesso. Ma al momento non è in condizione di fare alcuna protesta. Semmai la subisce, e proprio perché ad ascoltarlo non c´è più nessuno.

La Repubblica 13.10.11