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Il governo salvo per un voto

La fiducia passa con 316 sì, uno in più rispetto alla maggioranza richiesta. Bersani: “Questo governo morirà di fiducia. Oggi ha avuto un voto al ribasso. L’opposizione ha dimostrato di non accettare giochi di sopravvivenza sulla pelle del Paese. Noi continueremo la nostra battaglia sia con la manifestazione nazionale a Roma del 5 novembre, sia con la costruzione di un’alternativa che in questi giorni si è evidentemente rafforzata”. Le Opposizioni non hanno partecipato alla prima chiama in Aula tranne i 5 deputati radicali. E’ un Sì stiracchiato quello che è passato nel voto alla Camera sulla 53esima fiducia posta dal governo. Dopo la bocciatura di martedì scorso sull’ Articolo 1 del Rendiconto generale del bilancio dello Stato, questa volta i voti favorevoli sono stati 316 e i voti contrari 301. IL governo continua a perdere colpi dopo le defezioni tra i “responsabili” e gli “scajoliani”.

“Questo governo morirà di fiducia. Oggi ha avuto un voto al ribasso. L’opposizione ha dimostrato di non accettare giochi di sopravvivenza sulla pelle del Paese. Da domani il problema politico risulterà ancora più evidente. Noi continueremo la nostra battaglia, come abbiamo fatto in modo incisivo in questi giorni, sia con la manifestazione nazionale a Roma del 5 novembre, sia con la costruzione di un’alternativa che in questi giorni si è evidentemente rafforzata”. Questo è stato il primo commento di Pier Luigi Bersani, segretario del PD dopo il voto alla Camera.

Per tutta la mattinata l’esito del voto è stato incerto a causa della decisione di alcuni deputati della maggioranza di voler prendere parte al voto e alla scelta delle opposizioni di non partecipare alla prima ‘chiama’ ma di votare solo dopo aver verificato che la maggioranza fosse in grado di raggiungere in Aula il numero legale. La decisione era stata presa nel corso di una riunione, nella sede del gruppo del Partito Democratico dove erano presenti tutti i capigruppo dei partiti di opposizione: Pd, Udc, Idv, Api, Mpa e Libdem.

Alla fine il numero legale è stato raggiunto, grazie anche alla scelta di cinque deputati radicali, eletti nelle liste del PD, di non adeguarsi alla linea delle opposizioni e di rispondere alla prima ‘chiama’ votando comunque No alla fiducia. Una decisione quella dei Radicali che ha scatenato la rabbia dei colleghi d’opposizione.

“I radicali sono entrati in Aula prima che fosse dato il nostro segnale, il problema è che continuano a comportarsi da autosospesi”, ha detto la presidente dell’Assemblea del PD Rosy Bindi. “Adesso le strade si dividono e la nostra, checchè ne dica Pannella, va dalla parte giusta”, ha aggiunto Bindi.

La presidente non prevede una vita lunga per il governo, nonostante la fiducia riottenuta oggi. “Continuano l’agonia e l’accanimento terapeutico, ma continua anche l’agonia del Paese”, ha spiegato rispondendo ai cronisti della Camera. “La maggioranza perde i pezzi e il voto di oggi servirà per arrivare alla prossima fiducia e in mezzo non riusciranno a fare niente”, ha assicurato, “cadranno al prossimo incidente e a quel punto saranno elezioni”. Secondo Bindi, però, questa votazione non basterà a Napolitano: il Capo dello Stato, ricorda l’esponente democratica citando la lettera del Quirinale, “aveva chiesto di assicurare la governabilità”.

“Ogni volta perdono pezzi e l’opposizione ogni volta ha il dovere di provarci”. Il capogruppo del PD Dario Franceschini ha commentato così la fiducia ottenuta dal governo. “Ogni volta che si vota la maggioranza perde pezzi. Oggi hanno ottenuto 316 voti, mentre parlavano di 322, qualcuno anche di 330. Hanno perso tre voti rispetto all’ultima fiducia e l’opposizione ha il dovere di provarci ogni volta. Di questo passo non siamo lontani”.

La prova che nonostante la vittoria che vanno sbandierando il governo e la maggioranza “si sentono sempre più deboli sta nella proposta spontanea di Pdl e Lega di rimandare il Ddl intercettazioni a novembre”, proposta presentata nel corso della conferenza dei capigruppo successiva al voto. Il provvedimento è stato messo in calendario per la fine ottobre. “Ma col calendario già intasato – ha spiegato Francechini – vuol dire che finiranno a novembre”.

Le opposizioni hanno confermato di voler continuare la loro azione parlamentare comune iniziata ieri durante il discorso di Berlusconi con cui veniva richiesto l’ennesimo voto di fiducia.

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