cultura

"E il Lazio ignora i Beni culturali" di Andrea Carandini*

La legge regionale del Lazio del 13 agosto 2011 sul «piano casa» ha scompaginato la disciplina dell’assetto del territorio per le aree vincolate, ma in base alla Costituzione e al Codice dei beni paesaggistici essa spetta allo Stato e la pianificazione paesaggistica prevede l’accordo fra Stato e Regioni. Al contrario, ad esempio, il piano casa approvato dalla regione Veneto nel 2009 non si applicava ai beni culturali, non ammetteva cambi di destinazione d’uso e imponeva il rispetto degli standard urbanistici.
Ministero e Regione Lazio erano giunti a un accordo sul piano paesaggistico, quando, senza alcuna consultazione, all’insaputa del Ministero, è stata approvata questa legge, che contraddice il Codice e vanifica il lavoro di copianificazione fin qui svolto. La nuova legge, infatti, rinvia a generiche intese con il Ministero, ma su singoli interventi, che è altra cosa rispetto all’elaborazione congiunta di un piano organico di interventi, che solo consente quella visione d’insieme, necessaria per progettare il territorio secondo linee di sviluppo compatibili con la tutela paesaggistica.
La legge prevede poi che l’individuazione e la riqualificazione delle aree vincolate, compromesse e degradate, siano affidate alla pianificazione comunale, mentre sono materia di accordo tra Stato e Regione secondo il Codice. Così è stato violato il principio per cui il piano paesaggistico è gerarchicamente superiore ai piani urbanistici comunali.
Secondo una norma spetta ai Comuni costieri ridefinire le fasce di rispetto del territorio costiero marittimo (vincolo art. 142 del Codice) e stabilire la delocalizzazione degli edifici esistenti, con incrementi di volumetria fino al 150 per cento. Secondo un’altra norma le disposizioni del piano paesaggistico regionale del 2007 sono sospese e i Comuni hanno facoltà di rivedere quelle ritenute «incongrue» rispetto ai propri piani regolatori anteriori. Anche in questo caso i piani regolatori comunali prevalgono indebitamente sul piano paesaggistico, sempre prescindendo dal Ministero.
Altre norme ammettono interventi in aree vincolate eludendo i divieti del piano paesaggistico e sostituendo a tale copianificazione le anomale intese con il Ministero su singoli progetti. Si consentono così in aree vincolate piste da sci e altri interventi in montagna, ampliamenti e completamenti di edifici pubblici (ospedali e strutture turistico-ricettive), interventi di edilizia popolare e il recupero di nuclei abusivi.
Per pianificare razionalmente le infrastrutture portuali compatibili con la salvaguardia delle coste — 60 richieste presentate a tutt’oggi per 362 km di costa laziale — la Regione aveva istituito, con apposita delibera, una cabina di regia composta dalle autonomie territoriali e dal Ministero, i cui lavori avrebbero dovuti confluire nella pianificazione congiunta. La nuova legge ha stravolto questa procedura, affidando tali decisioni alla sola Regione Lazio, ancorché d’intesa col Ministero. Si va nella stessa direzione per stadi e annessi palazzi e negozi.
La nuova legge stabilisce anche cosa siano le zone di interesse archeologico, potere che spetta invece allo Stato, e amplia l’ambito applicativo del condono edilizio del 2003.
Questa legge regionale, che il Ministero contesta, è sintomo di un male diffuso: la sostanziale non accettazione della copianificazione con il Ministero da parte di alcune Regioni. Non sono mancati nel recente passato tentativi di diminuire il potere dei Soprintendenti in tema paesaggistico, che sono stati finora rintuzzati. Ma il pericolo incombe e qualora il partito del cemento dovesse averla vinta la tutela paesaggistica sarebbe finita in Italia.

*Presidente del Consiglio superiore per i Beni culturali

Il Corriere della Sera 23.10.11