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Eurosud, l´ultima carta di Tremonti "Ora una regia per salvare i fondi Ue", di Valentina Conte

La missione impossibile di spendere i 10 miliardi in scadenza a Natale. I governatori scettici: le risorse europee richiedono forti investimenti anche dello Stato. L´idea forte esiste. E per Tremonti è un nuovo Piano Sud. Tra le misure più annunciate e meno realizzate dal centrodestra («sei volte in tre anni», calcola il Pd), è la carta a sorpresa, o della disperazione, giocata dal ministro dell´Economia, il giorno dopo il monito all´Italia della Commissione europea perché adotti «con urgenza» nuove misure per la crescita. Si chiamerà Eurosud, riferisce Tremonti al presidente della Commissione Barroso, ieri a Bruxelles per l´Ecofin. Un programma straordinario per lo sviluppo del Mezzogiorno, basato sulla «radicale revisione strategica dell´uso dei fondi europei» stanziati e inutilizzati. E non sempre per colpa delle Regioni, dato che un quarto del non speso del 2011 è nelle casse dei ministeri (2,5 miliardi su 10). Gelida la reazione dei presidenti di Basilicata, Abruzzo, Calabria, Campania, Molise e Puglia. In una nota bipartisan i governatori chiedono a Tremonti un «percorso condiviso», come quello già in atto sui Fas, «portato avanti con il governo e il ministro Fitto», e di avere «risorse aggiuntive», visto che i fondi destinati al Sud «sono stati più volte usati per altre finalità». E considerati anche «la macchinosità delle procedure», «gli obblighi di spesa e il Patto di Stabilità». Malumori rivelatori, forse, di un´iniziativa isolata di Tremonti, messo all´angolo sul decreto Sviluppo dal resto dell´Esecutivo.
Sul punto, Tremonti non cede. Il suo «costo zero», anzi, viene ribadito in Europa. Non servono altre risorse, ha spiegato in qualche modo a Barroso. I soldi ci sono, eccome. Ma non sono stati usati per la nota «cialtroneria» (del Sud). Occorre, dunque, individuare progetti in cui impiegarli e velocemente. Prima cioè che l´Italia bruci 8 miliardi di fondi Ue, di cui 6 relativi al Sud, entro il 31 dicembre. Da qui l´idea di “Eurosud”. Un piano sostenuto da «una regìa rafforzata» e relativo sia ad «interventi di lungo periodo che per quelli con effetti immediati». Si punta su pochi obiettivi, 5 o 6. Due i settori individuati: infrastrutture e ricerca, per rilanciare l´occupazione.
Pochi centri di spesa, dunque, tempi certi di realizzazione, monitoraggio dei risultati, nessun intervento a pioggia. Questi i requisiti chiesti dall´Europa. Uno dei “veicoli” individuati per spendere prima e meglio il “tesoretto” in scadenza – 10 miliardi compreso il contributo dell´Italia, di questi 7 per le Regioni del Sud con il Pil più basso: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – è il credito d´imposta. Lo strumento è stato inserito nella manovra di luglio. Ma si attendeva l´ok dell´Europa a utilizzare legittimamente i fondi del programma comunitario 2007-2013 (circa 60 miliardi in sette anni, 44 per il Sud, “cofinanziamento” italiano incluso) per coprirlo. Autorizzazione accordata. L´incentivo fiscale (è un credito nei confronti dello Stato) sarebbe così offerto alle imprese che assumono e a quelle che investono in ricerca. Consentirebbe di accelerare la spesa dei fondi Ue e rilanciare le economie depresse del Sud.
Niente di nuovo, però. Le “trattative” con Bruxelles sono in atto da mesi. «Ma quale credibilità può avere l´Italia?», si chiede Fassina, Pd. «Solo chiacchiere», le bolla Lombardo, Mpa. «Il Sud non riparte con le invenzioni», è il gelo di Casini, Udc. «Nulla di concreto», rincara il presidente della Camera Fini.

La Repubblica 23.10.11