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"Commissariati da "Merkozy"", di Tito Boeri

Doveva essere il week-end del salvataggio dell´euro e dell´intera costruzione europea. Lo ricorderemo invece per i sorrisi sarcastici di Sarkozy alla conferenza stampa in chiusura del vertice europeo, quando gli è stato chiesto un giudizio sugli impegni presi dal nostro presidente del Consiglio. Lo ricorderemo per gli ammiccamenti fra il presidente francese e Angela Merkel.
Lo ricorderemo per il lungo silenzio di quest´ultima di fronte ai dubbi espressi in modo così evidente sulla credibilità di chi rappresenta il nostro Paese. Questo teatrino non solo è umiliante, ma anche ha dei costi per tutti noi: è difficile per chi guarda all´Italia dall´estero scindere le opinioni sul nostro presidente del Consiglio da quelle sulle nostre istituzioni.
Ieri il “duunvirato Merkozy” ha operato un netto distinguo tra, da una parte, Grecia e Italia e, dall´altra, gli altri paesi coinvolti nella crisi del debito. Si sono rivolti a Berlusconi e a Papandreou come se fossero loro il problema, come se avessero “la stessa faccia”, e le nostre istituzioni fossero della “stessa razza” di quelle che in Grecia hanno per lungo tempo occultato le vere dimensioni del deficit pubblico. Spiace ritrovarsi accomunati a chi ha scatenato la crisi del debito, ed è per noi ingeneroso ogni parallelo fra le istituzioni che monitorano e certificano i conti pubblici nei due paesi. Ma è innegabile che portiamo grandi responsabilità se non nella genesi, quanto meno nell´escalation della crisi, per i pesanti ritardi con cui il nostro governo è intervenuto in questi mesi. Ed è del tutto comprensibile che i contribuenti tedeschi e francesi che dovranno impegnarsi di più per tenere l´Euro in piedi si vogliano oggi tutelare contro il rischio che chi beneficia degli aiuti ne approfitti per rinviare ulteriormente scelte difficili quanto inevitabili. A ben vedere il problema è tutto lì: non usciremo dalla crisi fin quando non solo i leader, ma anche l´opinione pubblica francese e dei paesi dell´ex area del marco si saranno convinte che gli strumenti di salvataggio che si vanno faticosamente approntando a livello europeo non sono un pozzo senza fondo. Hanno non poche ragioni per temere atteggiamenti opportunistici. Se la Banca Centrale Europea non fosse intervenuta massicciamente a sostegno dei nostri titoli di stato negli ultimi tre mesi, non avremmo un governo che continua a procrastinare le misure per la crescita, dopo aver per lungo tempo cercato di rinviare ai posteri anche l´aggiustamento fiscale. Eppure non usciremo dalla crisi senza un prestatore di ultima istanza di dimensioni sufficienti, come potrebbe esserlo la Bce. È questo in fin dei conti il problema affrontato in queste interminabili riunioni d´emergenza dei leader europei: come trovare consenso per interventi della dimensione richiesta dall´aggravarsi della crisi, rassicurando gli elettori del “cuore dell´Euro” sulla qualità del risanamento in atto nei paesi ad alto debito.
Vertice dopo vertice, gli interventi sulla carta messi a disposizione per sostenere i paesi in crisi del debito sono sempre più consistenti, per qualche giorno magari convincono anche i mercati, ma poi si rilevano ogni volta insufficienti per bloccare il contagio, la diffusione a macchia d´olio della crisi. Si potrebbe ironizzare sui tantissimi complicati schemi ideati in questi mesi per cercare di aumentare le risorse messe effettivamente in campo dai vari governi. Sono riuscite a riportare in auge gli strumenti di finanza creativa ritenuti responsabili della crisi del 2008! Come nel caso dei vituperati CDOs, si impacchettano i “titoli tossici” dei paesi periferici con quelli di paesi che godono ancora della tripla A. Ma i mercati hanno imparato la lezione: non è un caso che lo spread fra i bund tedeschi e i titoli emessi dal fondo di salvataggio europeo si siano pericolosamente allargati negli ultimi giorni.
Il fatto è che finché si interverrà reagendo alla diffusione della crisi, anziché cercando di anticiparne gli sviluppi futuri, si sarà sempre in ritardo. Bisognerebbe invece sorprendere i mercati mettendo in campo un credibile prestatore di ultima istanza, in grado di intervenire ben oltre i limiti oggi imposti al fondo salva stati, impedendo il fallimento di altri stati dopo la Grecia. La Banca centrale europea ha tutte le caratteristiche per ricoprire questa funzione, peraltro svolta dalla Fed sull´altra sponda dell´Atlantico. Ma giustamente la Bce non intende cimentarsi in questo compito fin quando non avrà ricevuto un chiaro mandato politico e legale dai governi della zona dell´Euro. Si è già spinta molto al di là dei compiti tradizionali di una banca centrale negli ultimi anni, diventando una specie di hedge fund, e non può diventare prestatore di ultima istanza dei governi, oltre che delle banche della zona euro, senza un preciso mandato. Altrimenti, oltre ad agire illegalmente, non sarebbe credibile perché i governi potrebbero un domani smettere di ricapitalizzarla, non dotandola di quelle risorse che le permettono effettivamente di fare prestiti ai paesi (e alle banche) in difficoltà.
La Bce non verrà mai messa in condizione di operare come la Fed, oppure di finanziare un fondo di salvataggio europeo, finché gli elettori ai due lati del Reno non si convinceranno del fatto che non c´è comportamento opportunistico nei paesi del Sud Europa. Per questo la Merkel e Sarkozy hanno ieri parlato come veri e propri commissari straordinari del nostro paese, sostenendo che d´ora in poi vigileranno passo dopo passo su ciò che farà Berlusconi, e si sono spinti fino a imporre un ultimatum di tre giorni e a dettare un´agenda di misure a un grande paese fondatore dell´Unione. Si rivolgevano soprattutto agli elettori tedeschi e francesi. Il nostro Presidente del Consiglio ha reagito annunciando una riunione d´emergenza del Consiglio dei Ministri e misure su pensioni e vendita di immobili pubblici. Avremmo evitato tutto questo se il nostro governo avesse agito per tempo senza dover subire alcun ultimatum dall´Europa. Non è solo una questione di orgoglio nazionale. Abbiamo bisogno di riforme che affrontino i nodi strutturali, specifici del nostro paese. Bene, dunque, che le riforme per la crescita siano decise da noi, invece che essere imposte dall´esterno.

Ue, ultimatum a Berlusconi di Elena POlidori

Ironia di Sarkozy e Merkel sul premier. Il Cavaliere: sì alla riforma delle pensioni

BRUXELLES – Ultimatum Ue a Berlusconi: un piano entro mercoledì. In tv Merkel e Sarkozy ridono del premier. Che replica: riformo subito le pensioni. Al summit di Bruxelles l´Italia viene accomunata alla Grecia e non alla Spagna, che «non è più in prima linea» nella crisi del debito sovrano. Per il governo Berlusconi c´è un ultimatum: nel giro di tre giorni, cioè entro mercoledì, deve dire cosa farà per ridurre il debito e rilanciare la crescita.
Ma più di tante parole, di tanti pressing, valgono alcuni istanti di una conferenza stampa congiunta tra il presidente francese Sarkozy e il cancelliere tedesco Merkel. In una saletta, stipata fino all´inverosimile, i due leader raccontano il senso di questi incontri e i risultati attesi. C´è una domanda sull´Italia: avete visto Berlusconi, siete rassicurati da lui? Sarkozy lancia un´occhiata alla collega e la mimica del suo viso sembra offrire una risatina di scherno, sicuramente di scetticismo. Anche il Cancelliere tedesco ride. Poi il presidente francese tira un profondo respiro e risponde: «Abbiamo fiducia nel senso di responsabilità dell´insieme delle istituzioni, sociali, politiche e economiche italiane». E´ un attimo, ma utile per capire cosa pensa del nostro Paese il Direttorio franco-tedesco.
Dopo questo “siparietto” con momenti di ilarità generale, nella sala cala il gelo. Merkel, per allentare la tensione, definisce «una discussione tra amici» l´incontro mattutino con Berlusconi. Quindi aggiunge: l´Italia «è un importante partner dell´Eurozona» e deve fare di tutto «per essere all´altezza della responsabilità che è la sua. Il capo del governo è il nostro interlocutore e contiamo su di lui». E ancora: il Paese «ha una forza economica notevole, ma un debito pubblico molto alto che deve essere ridotto in modo credibile». Per ripristinare la fiducia, però, non bastano le misure, «c´è bisogno di una prospettiva chiara». Per la cronaca: Berlusconi si era detto sicuro di aver “convinto” il Cancelliere. Analogo pressing all´Italia lo fa anche il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, che pure in mattinata, assieme a Barroso, aveva incontrato Berlusconi. Racconta: «Abbiamo chiesto rassicurazioni entro mercoledi», quando i leader Ue si ritroveranno nuovamente a Bruxelles. «Serve uno sforzo. E´ importante fare tutto il necessario per mostrare senso di responsabilità, prendendo provvedimenti sia sul debito che sulla crescita».
L´Italia come la Grecia: Berlusconi e Papandreou vengono ricevuti in parallelo dai big dell´Europa; entrambi i Paesi devono fare “i loro compiti”. Si capisce però che, vista dall´asse franco-tedesco, il Paese sta peggio della Spagna. Madrid, spiega Sarkozy, «grazie agli sforzi di Zapatero e alla responsabilità del leader dell´oppozione Rajoy non è più in prima linea» per i guai del debito sovrano. Anche in Portogallo le cose vanno «nella giusta direzione». Perfino l´Irlanda, che era «sull´orlo del precipizio» adesso è «fuori dalla crisi». Sulla Grecia si cerca un´intesa entro mercoledì per rendere sostenibile l´onere del debito.

La Repubblica 24.10.11

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“Ma il problema del premier ora è Bossi”, di Francesco Bei

“Mi hanno trattato come uno scolaretto”. Silvio doveva essere a Milano oggi in Tribunale. Ma ha cambiato la sua agenda per vedere il capo del Carroccio e per il Consiglio dei ministri sulle misure urgenti. “Abbiamo due giorni per salvarci o chiederanno un altro esecutivo” Napolitano vuole essere subito aggiornato previsto un confronto al Quirinale. Due giorni per salvare se stesso e il suo governo. E´ quanto resta al Cavaliere prima che l´Europa, come spiega un´autorevole fonte italiana che ha partecipato ai negoziati, «ci metta con le spalle al muro e pretenda un nuovo governo in grado di agire». L´allarme a palazzo Chigi è altissimo, così come la rabbia e il senso di frustrazione del premier, «trattato come uno scolaretto» da Merkel e Sarkozy. Ma la gravità della situazione impone al Cavaliere di tenere a freno la lingua, non può permettersi di rispondere come vorrebbe agli sberleffi di cui è fatto oggetto. L´unica risposta possibile è ormai nei fatti, a Bruxelles nessuno è più disposto a credere agli annunci. Di questo e di come reagire all´ultimatum dell´Ue il premier ha discusso sabato fino a tarda notte chiuso nella sua suite all´hotel Conrad, in un brain trust con i consiglieri diplomatici, con Bonaiuti, con Mario Mauro e Antonio Tajani. Una riunione fiume in cui sono state elaborate le ipotesi più diverse, a partire dall´abolizione delle pensioni d´anzianità. Compresa quella di rivolgersi ai fondi sovrani cinesi e arabi per prestiti a tassi agevolati, dando come garanzia i beni del demanio. Nell´incontro con Barroso di ieri mattina uno dei collaboratori del presidente della Commissione l´ha spiegato senza remore al Cavaliere: «Un intervento sulle pensioni sarebbe considerato strutturale, ma i suggerimenti li avete già avuti dalla Bce. L´importante è che facciate qualcosa di serio. E lo facciate immediatamente».
Berlusconi, messo alle strette, è pronto allo showdown con Umberto Bossi, per questo ha cambiato la sua agenda. Era previsto infatti che si presentasse oggi a Milano in Tribunale, invece ha dato ordine ieri sera al pilota di fare rotta sulla Capitale. Oggi stesso dovrebbe infatti incontrare Napolitano per fare il punto sulle richieste franco-tedesche, mentre martedì mattina ci sarà un Consiglio dei ministri straordinario per varare qualche provvedimento con cui presentarsi il giorno successivo all´esame del Consiglio europeo. Il tempo stringe. Il vero nodo resta tuttavia il «chiarimento politico» con il capo del Carroccio che potrebbe avvenire in giornata. «Con Umberto dobbiamo guardarci in faccia – ha confidato il premier ai suoi – e deve dirmi chiaro e tondo se pensa alle elezioni anticipate. Perché, se vogliamo andare avanti, occorre dare subito una risposta all´Europa. A partire dalle pensioni». Il passaggio è stretto, alternative non ve ne sono più.
Quanto allo scherno di Sarkozy e alle pubbliche rampogne della Merkel, che ci ha messo alla pari con la Grecia, il Cavaliere in privato mastica amaro. «Ci usano come capro espiatorio per i loro problemi interni», è la sua tesi. Davanti ai giornalisti il premier ha gettato la croce su Lorenzo Bini Smaghi, attribuendo alla caparbietà con cui il banchiere rifiuta di lasciare il suo posto alla Bce l´atteggiamento ostile di Sarkozy. A microfoni spenti, con i suoi collaboratori, sono però altre le considerazioni a cui Berlusconi si lascia andare. «Sarkozy ha paura di perdere le elezioni, fa il duro con noi perché nei sondaggi sta andando male. E se la Francia dovesse perdere la tripla A per lui le cose si metterebbero davvero male». Considerazioni analoghe a quelle che il premier riserva alla Merkel: «Con me è stata cordialissima. Poi però domani deve presentarsi davanti al Bundestag e allora recita contro di noi la parte della guardiana del rigore».
Eppure, nonostante la gravità della situazione, il premier non rinuncia a giocare con le istituzioni europee. Ieri nei palazzi comunitari è arrivata infatti una strana richiesta dall´Italia per incontrare faccia a faccia i vertici Ue il prossimo venerdì. Barroso e Van Rompuy si sono chiesti il perché di tanta fretta, evidentemente ignari del fatto che venerdì prossimo i pm di Milano vorrebbero interrogare Berlusconi nel processo Mills

La Repubblica 24.10.11