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"Dopo le pagelle cartacee il governo elimina i presidi", di Salvo Intravaia

Tra le norme previste dal disegno di legge di Stabilità ce n’è una che rischia di lasciare una scuola su tre senza presidenza e di far sparire tutti i posti del concorso appena iniziato. Oltre alle pagelle cartacee, il governo ha deciso di abolire anche le presidenze. Il disegno di legge di Stabilità, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 14 ottobre e approdato in Parlamento per la discussione e definitiva approvazione, contiene una norma che rischia di lasciare senza un preside titolare una scuola italiana su tre e di fare sparire tutti i posti del concorso a preside appena iniziato. Una situazione che in Italia non si è mai verificata e che potrebbe contribuire a rendere ancora più difficile gestire le scuole del Belpaese. Tra meno di un anno, più del 50 per cento degli istituti potrebbero essere gestiti da presidi “part-time”. E c’è chi già “si indigna” per un modo di operare del governo che carica di responsabilità i capi d’istituto senza “nessun riconoscimento economico”.

Ma la norma in questione, secondo i soliti bene informati, potrebbe rappresentare la risposta del governo alle regioni che, in nome del federalismo, si rifiutano di obbedire al diktat dei palazzi romani sul dimensionamento della rete scolastica, di pertinenza delle regioni. Il tutto, in nome di un federalismo più enunciato dall’esecutivo per fare piacere alla Lega che percorso nei fatti. Per comprendere la situazione occorre fare un passo indietro. Lo scorso mese di luglio, il governo vara la prima Finanziaria di una lunga serie, che contiene gli ennesimi tagli alla scuola. Questa volta Tremonti prende di mira le poltrone di dirigente scolastico.

Per risparmiare alcune decine di milioni, stabilisce che a partire dal 2011/2012 le scuole con meno di 500 alunni – 300 nelle piccole isole e nei comuni montani – non potranno più avere un preside titolare, ma saranno guidate da un reggente: un capo d’istituto già al comando di un’altra scuola. L’obiettivo è quello di tagliare 1.812 presidenze e relativi stipendi, per un risparmio di circa 100 milioni l’anno. Ma il recente disegno di legge di Stabilità rincara da dose: innalza da 500 a 600 il numero degli alunni per scuola – 400 per i comuni montani e le piccole isole – che fa scattare la presidenza titolare e include nel taglio anche la figura del dsga: il vecchio segretario.

I numeri del colpo di scure sono contenuti nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di stabilità: 145 milioni di euro nel 2012/2013, 150 nel 2013/2014 e 160 nel 2014/2015. In totale, quasi mezzo miliardo di euro che si aggiunge agli 8 miliardi già tagliati con la Finanziaria del 2008. Le presidenze che, secondo i calcoli di via XX settembre, salteranno sono 3.138, stesso destino per altrettanti posti di dsga. Ma non solo. Il taglio di 3.138 presidenze corrisponde al 31 per cento delle oltre 10 mila poltrone di capo d’istituto esistenti in Italia. E se restasse immutato il numero delle scuole, il 62 per cento verrebbe gestito da presidi “a scavalco”.

Ma il taglio delle presidenze potrebbe vanificare gli sforzi di migliaia di insegnanti che in questi giorni si stanno sacrificando per affrontare le prove di selezione del concorso per diventare dirigente scolastico. Qualche mese fa, il governo ha bandito il concorso a preside mettendo in palio 2.386 posti. Poi, arrivò la finanziaria di luglio e pochi giorni fa anche la legge di stabilità. E i 2.386 posti per i vincitori di concorso? Ogni anno, il numero di pensionamenti oscilla fra le 500 e le 600 unità. Così, se la matematica non è un’opinione, nel 2012 i vincitori del concorso potrebbero avere la sgradita sorpresa di non trovare poltrone sulle quali sedersi.

E la Dirpresidi “si indigna”. “Anche i presidi delle scuole si indignano. Ma non certamente per ‘simpatia’ con gli indignados dei cortei romani. In applicazione della manovre finanziaria, l’organico dei dirigenti scolastici diminuirà di 3.138 con aggravio del carico di lavoro e ancora viene negata la perequazione interna ed esterna”, scrive Giuseppe Adernò. “I compiti e le responsabilità che graveranno sui presidi che avranno oltre mille studenti e più – continua – di cento docenti e personale Ata saranno notevoli ed in più per molte scuole non sarà facile gestire alunni e classi dislocate in più plessi scolastici, per carenza di strutture e per necessità ambientali”.

“Il ministero delle Finanze che sovrintende e governa la scuola italiana vuole la botte piena di economie e la moglie ubriaca di lavoro e di stress”, conclude Adernò. Ma i bene informati giurano che la norma in questione è la risposta alle regioni che si rifiutano di fare il dimensionamento scolastico come ha indicato il governo. Nella stessa finanziaria di luglio c’era anche infatti un’altra norma: la previsione di abolire tutte le scuole medie autonome e le direzioni didattiche per formare istituti comprensivi con almeno mille alunni. L’obiettivo è sempre lo stesso: tagliare un migliaio di presidenze. Ma sulla rete scolastica la competenza è delle regioni, che in alcuni casi si sono rivolte alla Consulta.

La disposizione prevista dalla legge di stabilità dovrebbe “indurre” quindi anche le regioni “riottose” (Toscana, Emilia Romagna, Puglia, Liguria, Marche, Sicilia e Basilicata) a cambiare idea. Infatti, le stesse possono anche rifiutarsi di dare corso al dimensionamento scolastico – smembramento delle scuole medie ed elementari e riaccorpamento dei plessi per formare istituti comprensivi con almeno mille alunni – indicato dal governo, ma si troverebbero scuole senza dirigente scolastico e segretario titolari. Insomma, una situazione che alla lunga porterebbe le istituzioni scolastiche in questione alla paralisi.

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