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"L'esercito senza fine dei precari", di Mario D'Adamo

Dalle statistiche che il ministero ha diffuso il 10 ottobre emerge che il numero dei precari è un’enormità ed è costante da almeno dieci anni. Nel 2000/2001 erano 117.084 su un totale di 815.892 pari al 14,4 per cento dell’organico, l’anno scorso in termini percentuali erano ancora di più, il 14,86 per cento, 115.753 su un totale di 778.736. Il 2006/2007 è stato l’anno in cui l’incidenza dei precari è stata maggiore, il 17,9 per cento. È probabile che la massiccia immissione in ruolo realizzata quest’anno, in base al decreto n. 74 del 10 agosto 2011, di 30.300 unità di personale docente ed educativo (su 65 mila complessivi, che comprendono gli Ata) abbia ridotto il numero dei precari ma la prospettiva di un loro definitivo assorbimento negli organici è piuttosto lontana, se è vero che si calcola di assumere con contratto di lavoro a tempo indeterminato nei due anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014 solo altri 22 mila docenti. Ne restano fuori ancora più di sessantamila. I quali non è detto vorranno aspettare pazientemente tempi migliori, potranno nel frattempo rivolgersi, come altri colleghi hanno già fatto, alla magistratura per far valere il diritto alla stabilità del posto come previsto dalla normativa europea. Quanto poi al numero degli insegnanti in servizio negli ultimi cinque anni scolastici e ai corrispondenti organici di diritto, i posti che il ministero dell’istruzione prevede di far funzionare anno per anno, si scopre una rilevante differenza a favore dei primi. Premesso che le sole statistiche rese ora pubbliche non consentono confronti e che questi si possono fare solo andando a reperire i provvedimenti annuali di definizione degli organici, emerge che l’organico di diritto del 2010/2011 era di 683.962 posti di insegnante mentre il numero degli insegnanti rilevati è stato di 778.736, ben 94.874 in più rispetto ai posti, il 13,87 per cento. Le ragioni sono numerose: 27.121 posti di insegnante di sostegno sono stati aggiunti nell’organico di fatto per fronteggiare le varie emergenze didattico – organizzative e sicuramente l’adeguamento dell’organico di diritto delle classi normali alla situazione delle effettive iscrizioni ha comportato altri aumenti. Non è dato sapere, invece, se nelle statistiche ministeriali siano inclusi anche gli insegnanti impegnati in distacchi per l’autonomia, utilizzazioni in altri compiti, esoneri sindacali, ecc., nel qual caso non si tratterebbe comunque di cifre importanti. La differenza è anomala e interessa tutti gli anni per i quali è stato fatto il confronto, quelli dal 2007/2008 al 2010/2011 (tabella 1 sugli organici di diritto.)

È positivo il rapporto alunni/insegnanti, anche se è stato possibile calcolarlo solo relativamente a cinque anni e con l’esclusione della scuola dell’infanzia. Le statistiche pubblicate, infatti, mentre forniscono i dati relativi al numero degli insegnanti dal 2000/2001 al 2010/2011 non danno anche quelli relativi agli alunni frequentanti le scuole negli stessi anni. Per conoscerli bisogna accedere alla sezione del ministero dedicata alle statistiche e scoprire che si limitano a cinque anni scolastici, non gli ultimi cinque ma quelli che vanno dal 2004/2005 al 2008/2009, che non comprendono nemmeno i frequentanti le scuole dell’infanzia. Come si vede il rapporto di 9,81 alunni per insegnante del 2004/2005 è via via peggiorato fino al 2007/2008 per risalire nel 2008/2009 al livello del 2004/2005 ed è comunque migliore rispetto a quello di altri paesi europei. Considerati gli interventi di natura finanziaria adottati tra il 2008 e quest’anno il rapporto dal 2009/2010 a quello in corso è sicuramente peggiorato ma i dati non sono tutti disponibili sul sito del ministero per poter esprimere giudizi certi (tabella 2, rapporto alunni/insegnanti.)Le statistiche non dovrebbero essere parziali così come sono ora. È necessario disporre al più presto di tutti gli elementi per ricostruire una realtà complessa, che forse nemmeno al ministero si conosce con il necessario approfondimento, dagli organici del personale al numero dei docenti in servizio, dal numero delle classi al numero degli alunni, relativamente a tutti gli ordini di scuola e a tutti gli anni scolastici, almeno gli ultimi dieci. Onde evitare anche il solo sospetto che un’istituzione dedicata alla conoscenza come il ministero dell’istruzione non voglia facilitare le operazioni di conoscenza delle sue attività da parte non solo degli addetti ai lavori.

da ItaliaOggi 25.10.11

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