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«Un governo di tutti o meglio il voto subito», intervista a Rosy Bindi di Vladimiro Frulletti

Primo questo Governo deve andare a casa, «perché oramai è ovvio che il problema non
può diventare la soluzione». Poi o un governo con dentro tutti, dalla Lega all’Idv, di responsabilità nazionale nazionale per salvare l’Italia e magari rifare la legge elettorale. O meglio andare al voto. La vicepresidente della Camera Rosy Bindi ha fretta. Deve andare a presiedere la seduta di un’Aula dentro cui rimbalzano le notizie di un esecutivo oramai in rotta.
Presidente, il governo è in caduta libera, almeno dal punto di vista politico. È un governo che in pratica non c’è più. Ma rischia di trascinare con sé anche l’Italia. Come se ne esce?
«La via maestra sono le dimissioni del governo e le successive decisioni da parte del Presidente della Repubblica. Perché con questo governo non è più possibile procedere. Non ci sono più le condizioni per fare le scelte che servono all’Italia, che l’Europa ci chiede.Ormai è evidente che il governo è parte della crisi non può essere certo la soluzione della crisi».
Le riforme che servono al Paese, su questo concordano sia Bersani che Casini le potrà fare solo un nuovo governo. Il punto è: come ci si può arrivare?
«Per quanto ci riguarda le strade praticabili dopo le dimissioni di Berlusconi sono soltanto due. La prima, quella che chiediamo da un anno, da quando si è aperta la crisi dentro la maggioranza, è di un governo che potremo chiamare di responsabilità nazionale. Costruito da una personalità scelta dal Presidente della Repubblica che goda di prestigio soprattutto in
Europa dove vorremmo evitare di continuare a prendere schiaffi e sorrisetti. Un governo sostenuto da tutte forze politiche che rappresenti unachiara discontinuità nei confronti dell’attuale, e del quale tutti ci assumiamo insieme la responsabilità».
Quando lei chiede un governo sostenuto da tutte le forze politiche ci mette dentro tutti anche la Lega?
«Ci metto dentro tutti, anche la Lega. Non c’è dubbio. Ma se non c’è questa ipotesi, l’unica strada perseguibile sono le elezioni. Le dimissioni di Berlusconi per noi sarebbero un passo avanti, ma non sosterremmo mai un governo che ricompatti l’attuale maggioranza, magari costruito intorno a Letta o altre personalità del centrodestra. Né siamo disponibili a un esecutivo nel quale qualcuno ci chieda di andare a rimpiazzare i voti della Lega.
E siamo altrettanto indisponibili al governo del ribaltone. Insomma l’unica strada possibile sono o governo sostenuto da tutti o le elezioni».
L’ipotesi di un governo di tutti però sembra più un’ipotesi di scuola che una possibilità concreta. Come si fa a mettere assieme la Lega, l’Idv, etc.?
«In un governo di responsabilità nazionale non ci sarebbero né i ministri di Berlusconi e neppure esponenti di altri partiti. Sono esecutivi che contano sul sostegno di tutte le
forze politiche, perché tutti sono consapevoli che bisogna fare alcune grandi scelte per far uscire il Paese da questo disastro. Un governo di questo tipo potrebbe anche approvare
una nuova legge elettorale e magari e portarci al voto se possibile anche prima della scadenza della legislatura».
Ma se questo non succede?
«Se non è praticabile questa ipotesi noi chiediamo le elezioni. Se loro sono in grado di fare un’altra cosa, la facciano.Ma è il governo loro, non il nostro. E ritengo che su questa posizione non ci sia solo il Pd, ma anche il Terzo Polo».
Secondo lei anche Casini e Fini sarebbero per il governo di tutti?
«Secondo me sì, anche loro. Insomma saremmo tutti soddisfatti di vedere Berlusconi che fa un passo indietro, però se si tratta di formare un nuovo governo allora l’unico credibile in questa fase sarebbe quello di responsabilità nazionale di tutti. Altrimenti si va al voto».
Che mi pare la soluzione, almeno per il Pd, più percorribile. O no?
«Se ci sono le condizioni di un governo di responsabilità nazionale, che per primi abbiamo chiesto, siamo pronti a assumerci le responsabilità perché capiamo la gravità della situazione
e vorremmo anche una nuova legge elettorale.Nonci tiriamo indietro, certo vediamo la difficoltà di questa strada. Ma nessuno pensi che si tratti di una nostra debolezza. Noi siamo pronti alle elezioni».
In caso di elezioni con chi dovrebbe allearsi il Pd?
«Stiamo lavorando a una ipotesi politica che ci consenta di presentarci agli elettori con un’alleanza larga. Sostanzialmente il campo politico delle opposizioni di oggi. Un’alleanza fra progressisti e moderati che, pur consapevole delle differenze, si presenti con chiarezza dicendo: l’Italia ha bisogno di queste 10 scelte fondamentali, noi siamo pronti a compierle insieme e vi chiediamo la fiducia per ricostruire il Paese».
Un’alleanza da Vendola a Fini?
«Non si tratta di banalizzare con le solite figurine. Dobbiamo unire progressisti e moderati per ricostruire l’Italia».
Chiamparino su l’Unità avverte che costruire alleanze non significa inseguire un giorno Vendola, uno Di Pietro, uno Casini, ma aggregare forze su un proprio programma.
«Ha ragione, e infatti il Pd si sta facendo carico della costruzione di questa alleanza. Il nostro programma ce lo abbiamo, ma non lo possiamo imporre agli altri. Va cercata cioè un’intesa su un messaggio da presentare insieme a tutti gli italiani ».

L’Unità 26.10.11