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"Le spese allargate del Ponte sullo Stretto", di Gian Antonio Stella

San Francesco da Paola, che passò lo Stretto camminando sul mantello steso sulle acque, resterà ancora per un pezzo l’unico ad aver fatto il miracolo. Dopo lustri di proclami, San Silvio Berlusconi ha ieri ordinato ai suoi fedeli alla Camera di votare (ahilui…) la rinuncia al ponte di Messina. «A me m’ha rovinato ‘a guera», diceva il mitico Gastone di Ettore Petrolini. «A me la crisi» dirà il Cavaliere, mortificato dall’abbandono del sogno di consegnare alla storia quella che doveva essere «l’ottava meraviglia del mondo».
Solo una settimana fa il suo ministro Altero Matteoli (che ai primi di luglio si era lagnato in una lettera al Corriere dei «toni disfattistici» con cui Sergio Rizzo aveva smascherato lo stallo delle grandi opere) dichiarava all’Ansa che il ponte «per il governo italiano è una priorità». Di più: «Sono destituite di fondamento talune dichiarazioni strumentali su una “bocciatura” da parte dell’Ue dell’opera. Così non è, com’è di tutta evidenza. Disponiamo invece di un progetto definitivo il cui iter di approvazione è in corso mentre le fasi di realizzazione dell’opera procederanno secondo i programmi prestabiliti dal governo». Rileggiamo: «di tutta evidenza». Come osavano dubitarne, i soliti disfattisti?
Ieri pomeriggio, contrordine camerati. L’Italia dei valori ha presentato una mozione per azzerare tutti i finanziamenti. E il governo, dopo aver fatto un po’ di melina chiedendo col viceministro Aurelio Misiti qualche ritocco (melina respinta) ha dato parere favorevole. E la maggioranza, per non correre il rischio di andare sotto per la callosa ostilità della Lega Nord («Opera vergognosa, inutile e dispendiosa», è uno dei titoli de la Padania) si è astenuta.
Risultato: ora è ufficiale «la soppressione dei finanziamenti che il governo ha previsto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, pari complessivamente a 1 miliardo e 770 milioni di euro, di cui 470 milioni per il solo anno 2012». Fine degli equivoci. Mentre on line ci sono ancora gli elenchi pubblicati un mese fa dalla Gazzetta del Sud con i 586 proprietari prossimi a essere espropriati dei terreni necessari a piantare i piloni.
Quanto riceverà di «penale» il general contractor Eurolink di cui è azionista Impregilo? C’è chi parla di 160, chi 400, chi 800 milioni. Scommettiamo? La faccenda finirà in tribunale e lo scontro sarà intorno a un tema: il progetto allo stadio attuale va considerato «esecutivo» o no? Certo è che finalmente si spazza via un tormentone indecoroso. Un Paese serio non può bighellonare 42 anni (il concorso di idee con 143 proposte compresa quella di un somalo è del 1969) intorno a un’opera senza sbocco. Per costruire il «Vasco da Gama» che con 18 chilometri scavalca l’estuario del Tago su piloni di 150 metri (il Pirellone ne fa 127) i portoghesi ci hanno messo 3 anni e 4 anni sono bastati ai cinesi per fare il ponte più lungo del pianeta (36 chilometri, 8 corsie) che oltrepassa la baia di Ningbo Hangzhou. Umiliante.
L’idea di passare lo Stretto è vecchia come il cucco. Nei tempi più recenti basti ricordare il progetto di Carlo Navone che nel 1870 spiegò in un libro che un tunnel sottomarino era un «miracolo» a portata di mano e dettagliò al centesimo quanto sarebbe costato: 10.576.450,88 lire. Un’ottantina di anni dopo, la Settimana Incom dedicava una pagina intera all’americano David B. Steinmann, il quale, sotto il titolo «Forse la Sicilia non sarà più un’isola», spiegava di averne già fatti 204, di ponti, e per quello di Messina bastavano 567.000 metri cubi di cemento, 46.400 tonnellate di cavi, 74.500 tonnellate di acciaio e 60 milioni di dollari.
Da allora, se ne sono viste di tutti i colori. Cartoline con un immenso Polifemo che reggeva le arcate e la scritta «Saluti dal Ponte sullo Stretto!». Annulli filatelici come quello del 1953 con cui le Poste celebrarono il ponte di lì a venire. E perfino un fumetto, «Zio Paperone e il Ponte di Messina».
E il polpettone del mitico ponte si è arricchito di ingredienti sempre più incredibili. Ed ecco i primi soldi evaporare, come scrive Daniele Ialacqua nel saggio «C’era una volta il Ponte sullo Stretto», nel concorso di idee che avrebbe dovuto dare un primo premio da 15 milioni di lire e un secondo di 3 ma finì con sei primi posti ex aequo (!) e sei secondi ancora ex aequo. E poi progetti preliminari da 120 chili. E assunzioni a raffica con stipendi da nababbo. E la scelta di prendere a Roma (a 704 chilometri) una «sede di rappresentanza» di 3.600 metri quadrati da 900 mila euro di affitto. E l’affido all’Istituto Ornitologico Svizzero, come raccontarono su Repubblica Beppe Baldessarro e Attilio Bolzoni, di «un’investigazione radar delle specie di uccelli migratori notturni per catalogare con la massima precisione le quote di volo, le loro planate e le loro picchiate».
Per non dire del «monitoraggio sulle caratteristiche chimico-fisiche delle acque dello Stretto e sulle possibili relazioni con i flussi migratori dei cetacei» commissionato all’Università di Messina. E della «indagine psico-socio-antropologica sulla percezione del Ponte presso le popolazioni residenti» tesa a stabilire quale sarebbe stato «l’impatto emotivo». Impatto già immaginato da Berlusconi: «Costruiremo il ponte, così se uno ha un grande amore dall’altra parte dello Stretto, potrà andarci anche alle quattro di notte, senza aspettare i traghetti…».
Nel frattempo i soldi spesi in carte e progetti (un esempio: 78 mila euro in un anno per fotocopie e «lavori eliografici») hanno superato i 270 milioni di euro. E giorno dopo giorno si è gonfiato il preventivo, arrivando a 8 miliardi e mezzo di euro. Senza che si vedesse manco la posa della prima pietra, se non una cerimonia raffazzonata nel 2009 nella borgata di Cannitello in attesa della cerimonia «vera» alla quale avrebbe dovuto presiedere un trionfante Cavaliere.
E insieme cresceva l’angoscia di chi temeva che sarebbe finita come coi piloni del quartiere Giostra, che dovevano reggere uno svincolo autostradale ed erano rimasti là incompiuti a bucare il cielo, altissimi ed osceni, perché lo svincolo non era mai stato finito. Proprio per togliere questi incubi, a Messina stavano in questi mesi completando i lavori alle due carreggiate plananti nel vuoto. Fino a scoprire, come ha scritto sulla Gazzetta Francesco Celi, che i progettisti avevano sbagliato i conti e ci sarà bisogno di una giuntura da 7 milioni di euro perché c’è «un metro da colmare tra un viadotto e l’altro» e un viadotto col buco in mezzo non si è mai visto prima.
Addio, Ponte di Messina. E senza troppi rimpianti, per come si era messa. Resta una curiosità. Chissà che fine faranno i corsi di formazione che avrebbero dovuto partire «uora uora». Obiettivo: formare, prima ancora dell’apertura dei cantieri, gli addetti alla successiva «manutenzione»…

Il Corriere della Sera 28.10.11

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«Stop ai finanziamenti per il Ponte sullo Stretto», di Antonella Baccaro

Camera: la maggioranza si astiene, passa la mozione idv. La vicenda è di quelle che richiedono che si parta dalla fine: «Sono stati cancellati i fondi pubblici, pari a 1,7 miliardi, per il Ponte sullo Stretto di Messina?». La risposta è «ni». Insomma il governo, «eventualmente», può cancellarli.
Un equivoco, nato dalla paura dell’esecutivo di essere di nuovo battuto in Parlamento, come sul Rendiconto, che ieri ha spinto il viceministro alle Infrastrutture, Aurelio Misiti, a dare parere favorevole a un’insidiosa mozione dell’Italia dei valori. Risultato: incertezza, smentite del ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, precisazioni di Misiti. Che rischia di passare per l’affondatore del Ponte, dopo esserne stato il paladino, al punto da dichiarare in passato: «Il Ponte si farà perché lo vogliono la storia e l’Europa». Ora che anche l’Europa si è sfilata, è recente la notizia che l’Unione europea non considera il Ponte tra le opere prioritarie, non resterebbe che la storia. Un bel risultato per un governo che da nove anni cerca di realizzare una delle «opere epocali» sognate da Silvio Berlusconi.
La vicenda inizia con la presentazione da parte del deputato Antonio Borghesi (Idv) di una mozione per salvare il settore del trasporto pubblico locale, rimasto senza un euro di finanziamenti in seguito al taglio dei trasferimenti alle Regioni e agli enti locali che, solo nel 2012, sarà di 4,2 miliardi. Che fare? Borghesi propone di trovare altrove 1,7 miliardi. La mozione da lui proposta impegna il governo «ad assumere iniziative volte a reperire le risorse economiche necessarie anche eventualmente (e qui spunta il fatidico “eventualmente”) ricorrendo: a) al fondo per gli interventi strutturali; b) alla soppressione dei finanziamenti che il governo ha previsto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina».
Sul punto il viceministro viene chiamato a esprimere il parere del governo. E Misiti, forse temendo di non trovarsi dietro la maggioranza, pasticcia: prima dichiara di apprezzare gli intenti della mozione, perché il trasporto pubblico locale è «estremamente importante», poi, forse subodorando l’inghippo, ne tenta una riformulazione. «Stanno bene le parole “eventualmente ricorrendo” — afferma — se aggiungessimo, ad esempio, le parole: “ove giuridicamente possibile” o qualcosa di simile, perché temo che ci venga detto di “no” dal punto di vista giuridico, in quanto si tratta di prendere dei soldi da una società (la “Stretto di Messina”, ndr) che ha preso degli impegni». Ma poi conclude: «Il parere comunque è favorevole. Se si vuole inserire questa frase sarà meglio. Tuttavia, anche se non ci fosse, qualora i presentatori non la accettassero, il parere è favorevole». A questo punto Borghesi si fa più ardito ma anche molto chiaro: «Francamente, mi pare assolutamente inutile l’aggiunta proposta dal viceministro perché siamo stati così responsabili da dare al governo due suggerimenti su dove reperire le risorse economiche necessarie, anche eventualmente (e riecco l’avverbio, ndr) ricorrendo agli strumenti previsti». Il deputato dipietrista va oltre e aggiunge: «È già scritto nel testo della mozione che il governo non ha alcun impegno ad attingere a quei capitoli che abbiamo indicato». Misiti, rassicurato da tali affermazioni, non riformula e mantiene il parere favorevole.
Messa ai voti, la mozione passa con 284 «sì» e 238 astenuti, la maggioranza. L’opposizione esulta: «La Camera e il buon senso hanno bocciato, speriamo definitivamente, il Ponte sullo Stretto» dichiara Matteo Mauri, responsabile Infrastrutture del Pd. E da lì in poi è tutto un giubilo del partito ambientalista «antiPonte». Matteoli, chiamato con urgenza, si affretta a smentire: «Misiti, se è vero quanto è stato riferito, ha espresso un parere a titolo personale, che non corrisponde a quanto pensa il governo né tantomeno il sottoscritto». Anche la Società «Stretto di Messina» fa una nota per dire che la mozione «non pregiudica lo stanziamento dei fondi già previsti». Si precipita anche il governatore siciliano, Raffaele Lombardo: «Il Ponte si farà… per quanto riguarda il viceministro Misiti, al suo brillante esordio, è stato già opportunamente smentito dal ministro Matteoli».
È troppo tardi quando lo stesso Misiti cerca di spiegare l’equivoco: il suo comunicato è una pezza peggio del buco. E tocca vertici parossistici quando conclude: «La posizione del governo è netta e quella personale dell’on. Misiti ancora di più». Risultato? Il governo ora «eventualmente» può bloccare il Ponte. O «eventualmente» il viceministro.

Il Corriere della Sera 28.10.11