attualità, politica italiana

"Le 48 ore di battaglia tra il premier e Tremonti", di Francesco Bei

Niente decreto. Tremonti era contrario, lo stesso Napolitano non voleva che si trasformasse in un “carrozzone”. Si è infranta così, alle otto di sera, l´ultima speranza di Berlusconi di presentarsi oggi al summit dei G20 con qualcosa di concreto (e immediatamente esecutivo) in mano.
A questo punto il governo è appeso a un filo sempre più sottile. Anche il Colle ha fatto sapere a Gianni Letta che palazzo Chigi non poteva infarcire il decreto di norme che con l´emergenza finanziaria non c´entrano nulla. Come quelle sulla giustizia e sul mercato del lavoro. «Un decreto sulla materia economica va bene ma non potete fare un carrozzone», il messaggio recapitato dal Quirinale. Inoltre non sarebbe stato corretto, mentre il capo dello Stato chiede all´opposizione «responsabilità» e «condivisione» sulle misure per il risanamento, stroncare ogni dialogo parlamentare agendo per decreto. Niente da fare, visto che in maniera surrettizia Berlusconi aveva provato a infilare nel decreto qualcosa che al Quirinale non deve essere piaciuto affatto. Come l´incandescente riforma dell´articolo 18 dello Statuto, quella che liberalizza i licenziamenti senza giusta causa, che nel Pdl hanno provato a approvare subito sfidando le proteste sindacali. E invece no, si farà solo un maxi-emendamento alla legge di stabilità, come chiedeva anche Giulio Tremonti, contrario ad agire con un provvedimento d´urgenza. E per questo accusato da Giuliano Ferrara di voler la fucilazione del Cavaliere per motivazioni «ciniche e politiciste». Berlusconi, caricato come una molla da Ferrara (che si è precipitato a palazzo Chigi dopo il Consiglio dei ministri), ha puntato i piedi fino alla fine pur di non mollare il decreto. Imputando quindi al ministro dell´Economia la responsabilità di aver convinto il Quirinale a dire di no. «Tremonti si è messo in testa di sostituirmi e pensa così di costringermi a fare un passo indietro – ha detto il premier ai suoi ministri – ma si sbaglia di grosso: se io cado si va alle elezioni».
Proprio l´acceso scontro con Tremonti, che questa mattina volerà a Cannes con Berlusconi, ha dominato le 48 ore più lunghe del governo. Il processo al ministro dell´Economia è proseguito infatti con toni ultimativi da una parte e dall´altra. Durante il lungo vertice a palazzo Chigi, iniziato due sere fa e continuato ieri mattina per oltre cinque ore, Tremonti ha messo Berlusconi e i ministri della “cabina di regia” di fronte alla cruda realtà, strappando ogni velo d´illusione: «Lunedì prossimo, il primo giorno di riapertura dei mercati dopo il G20, potrebbe essere ancora più nero di lunedì scorso. Forse è tempo di prendere atto che le Borse chiedono un segnale di discontinuità sul piano politico». Una considerazione che ha scatenato gli altri ministri, mentre Berlusconi continuava a tacere guardando in cagnesco Tremonti. Il primo a sbottare è stato Renato Brunetta, poi l´affondo è venuto da Paolo Romani: «Allora dillo chiaramente che vuoi le dimissioni di Berlusconi, devi avere il coraggio di dirlo!». «Non ho detto questo, ho detto solo che serve un segnale politico. Con l´economia ormai questa crisi c´entra poco». Ancora Tremonti: «Se mi aveste lasciato fare il mio lavoro, senza mettermi i bastoni fra le ruote, oggi forse non ci troveremmo in questa situazione». È stato solo allora che il premier si è scosso, lasciando scivolare sul tavolo una frase avvelenata: «Se mi avessero fatto fare il presidente del Consiglio, senza mettermi i bastoni fra le ruote, oggi forse tu non saresti il ministro dell´Economia». Una fucilata a cui Tremonti ha risposto piccato: «Posso anche andarmene subito se non servo. Posso tornare al mio studio professionale».
In questo clima, mentre il governo e Berlusconi erano impegnati nel corpo a corpo con Tremonti, si sono sentiti sempre più forti i rumori di sciabole nei corridoi del Pdl. È stato Angelino Alfano, nell´ufficio di presidenza a palazzo Grazioli, a dare la notizia: «Casini è scatenato, sta per lanciare una nuova formazione politica per raccogliere una decina di parlamentari nostri e far saltare il governo. Si chiamerà “costituente dei moderati”, guardate che sono pronti». Berlusconi è terrorizzato, il giorno scelto per l´imboscata è fissato per l´8 novembre, quando alla Camera bisognerà votare nuovamente il Rendiconto generale dello Stato. Sono già scattate le contromisure per riacciuffare in extremis i ribelli e Gianfranco Rotondi ci scherza su: «Il governo è appeso a un ballottaggio Verdini-Casini».

La Repubblica 03.11.11