attualità, politica italiana

"Il premier abbandonato anche da Gianni Letta", di Claudio Tito

«Stai commettendo un errore. Se vai avanti così, nessuno ti può aiutare. Nemmeno noi. Nessuno può garantirti più i numeri alla Camera». Se a parlare così è un uomo prudente e soprattutto leale nei confronti di Berlusconi come Gianni Letta, allora è davvero inspiegabile l´ostinazione con cui il Cavaliere sta insistendo per la sua strada contro tutto e tutti. Il premier sembra ormai incosciente, quasi in trance. Incapace di capire cosa gli capita attorno e di cogliere i segnali che quotidianamente la Ue e i mercati finanziari gli spediscono con crescente allarme. IL PDL – quella che doveva essere la sua creatura e il suo lascito alla politica – ha sostanzialmente alzato le braccia dinanzi alla sua cocciutaggine. Nel bunker di Via dell´Umiltà, persino gli uomini più fedeli non fanno più nulla per evitare la resa dei conti in Parlamento. Come se ognuno volesse scrollarsi di dosso la responsabilità di una sconfitta probabile e liberarsi dal peso di una scelta irresponsabile.
Del resto, il capo del governo ormai agisce in solitudine. Prima ha concordato con lo stato maggiore del suo partito un´uscita di scena, poi ha improvvisamente cambiato idea. E lo ha fatto dopo aver incontrato i suoi figli e il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri. In un pranzo – presente anche l´avvocato-deputato Nicolò Ghedini – in cui si è discusso se fosse più conveniente per le aziende dimettersi o andare avanti. Una circostanza che ha fatto infuriare buona parte del Popolo delle libertà. I ministri più giovani, infatti, sanno che solo se il governo evita un formale voto di sfiducia, possono tenere in vita il centrodestra e giocarsi le proprie carte per il futuro. Ma anche la Lega di Bossi ormai ha deciso di rompere il patto con il Cavaliere. Ieri il premier aveva pensato persino di porre la fiducia oggi sul Rendiconto generale dello Stato. Una mossa stoppata proprio dal Senatur che non è più in grado di assecondare il capo del governo. I sondaggi in caduta libera impongono una svolta pure al carroccio. E con ogni probabilità se sul Bilancio dello Stato le astensioni saranno più dei voti favorevoli, la Lega potrebbe annunciare lo strappo finale. Il “no” del premier a passare il testimone ad Alfano e Maroni, del resto, è stata l´ultima offerta del Senatur. «Non voglio bruciare Angelino», ha detto Berlusconi a Calderoli. Una risposta che è stata interpretata come una semplice e inaccettabile scusa.
Ma al di là del disorientamento che accompagna tutte le scelte del centrodestra, a Palazzo Chigi continuano a ignorare i messaggi dei mercati. Ieri lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi ha toccato un nuovo record. Per poi scendere dopo le voci sulle sue dimissioni. Un segnale inequivocabile. Che, se associato al commissariamento di fatto da parte dell´Ue e del Fondo Monetario internazionale, rappresenta un´indicazione chiara di quello che gli analisti finanziari, i grandi fondi di investimento e i soprattutto i Paesi stranieri che mantengono un´ampia esposizione con titoli di stato italiano, si aspettano nei prossimi giorni. Se la politica nostrana scommette sulle elezioni anticipate, gli interlocutori esterni sembrano spingere per un esecutivo “tecnico”. Un governo guidato da un personaggio come Mario Monti o come Giuliano Amato (che sta conquistando posizioni anche ai piani alti delle nostri Istituzioni) nella consapevolezza che solo un assetto di questo tipo può garantire una riduzione del debito pubblico con misure anche impopolari. Per questo le forze più responsabili del centrodestra e del centrosinistra si affannano a indicare soluzioni “tecniche”. O miste, come sta facendo l´Udc con il “ticket” Monti-Letta. Ma per ora, di fronte alla paralisi del centrodestra e alla cocciutaggine del Cavaliere, l´unica strada è quella dello scontro frontale. Se oggi, però, le astensioni sul Rendiconto saranno superiori ai voti favorevoli, tutto cambierà. Il Quirinale dovrà prendere atto che la maggioranza in Parlamento non c´è più e quindi decidere la strada da intraprendere. Sapendo che la spinta verso le elezioni viene in primo luogo dal Cavaliere e quella per un esecutivo di transizione è esercitata da chi considera un´emergenza il salvataggio economico del Paese.

La Repubblica 08.11.11

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“Pressing del Cavaliere, i delusi resistono”, di Carmelo Lopapa

Il centrodestra fermo a quota 311. Pecorella: Silvio, danno per il Paese. In una rincorsa all´ultima voto senza fine che ha ormai trascinato il governo Berlusconi nelle paludi parlamentari dell´ultimo esecutivo Prodi, il premier oggi si gioca la partita decisiva sul filo del sorpasso. Si vota il rendiconto dello Stato, non è una fiducia, ma è come se lo fosse. E i giochi ruotano attorno a tre, massimo cinque deputati di scarto.
L´ultimo a lasciare via dell´Umiltà, a sera inoltrata, è l´ex “responsabile” Luciano Sardelli. Perché la sede di via dell´Umiltà è un porto di mare. Denis Verdini convoca, accoglie, blandisce, prova a convincere. Non ce la fa. In nottata arriva da Arcore a dargli man forte Silvio Berlusconi in persona. Andrà avanti così fino al voto d´aula di oggi pomeriggio, sul quale il Cavaliere sa di misurare le sue chances di resistenza contro tutto e tutti. E dal responso di oggi dipenderà anche la presentazione della mozione di sfiducia delle opposizioni. Casini lo va ripetendo, stavolta non vuole ripetere figuracce. Ma sulla lavagna virtuale di Verdini, già nel tardo pomeriggio di ieri, lampeggiava un´allarmante quota 310-311, alla luce delle defezioni di Carlucci, Bonciani e D´Ippolito transitati all´Udc e degli «indisponibili» pidiellini pronti ad astenersi.
Addio soglia dei 316, ottenuta nell´ultima votazione sulla fiducia del 14 ottobre, anche se oggi farà il suo esordio Luca D´Alessandro, subentrante al defunto Franzoso, assente quel giorno. Il rendiconto passerà, ma le opposizioni tutte – compresi gli ex della maggioranza – hanno concordato l´astensione. E per la prima volta, il partito del non voto potrebbe superare il centrodestra. Il breafing è stato continuo, a Montecitorio, tra Casini e Fini, poi Bersani e Di Pietro, contatti telefonici ininterrotti. Anche i loro calcoli serali avrebbero attestato l´avvenuto sorpasso. Se davvero le astensioni dovessero superare i “sì” e avvicinarsi ai 315, solo allora i leader delle opposizioni si muoverebbero per la sfiducia già nei prossimi giorni.
Per tutto il giorno dal fortino berlusconiano hanno rilanciato la voce di due Udc e di due del Misto in procinto di soccorrere la maggioranza. Un mistero, fino a sera. Sta di fatto che centrodestra e governo continuano a perdere pezzi. Il sottosegretario agli Esteri Vincenzo Scotti conferma le sue dimissioni. Non è parlamentare, ma a lui sono legati i due deputati Sardelli e Antonio Milo, il primo si era già astenuto sulla fiducia, il secondo potrebbe farlo oggi sul rendiconto. La stessa cosa faranno, stando alle dichiarazioni della vigilia, almeno tre degli ex pidiellini firmatari della lettera dell´hotel Hassler: Giustina Destro, Fabio Gava e Roberto Antonione. Mentre non sarà presente alla votazione, «per motivi familiari», un quarto firmatario, Giancarlo Pittelli. Gli ultimi due, Stracquadanio e la Bertolini, invece, voteranno a favore e stamattina saranno ricevuti a Palazzo Grazioli da Berlusconi. Con loro anche Antonione, fermo invece sulla linea dell´astensione. Non potrà presentarsi in aula oggi per «ragioni personali» anche il repubblicano Francesco Nucara.
Ma in queste ore le porte sono girevoli e i confini tra i due schieramenti assai labili. Dalla sede Pdl esce nel tardo pomeriggio Giancarlo Mazzuca, uno degli insofferenti, rimasto a colloquio con i dirigenti. «Voterò sì sul rendiconto, ma è chiaro che sarebbe preferibile a questo punto un governo con maggioranza più solida», racconta appena fuori. Poi entrano a pochi minuti l´uno dall´altro il ministro Raffaele Fitto e il suo corregionale (oggi nel misto) Sardelli. Che finisce nel salottino di Verdini. Quando esce rassicura i leader del terzo polo e conferma l´astensione. «Ma questa sera, subito dopo la votazione, dobbiamo dare vita al nuovo gruppo dei popolari riformisti, non possiamo ancora restare in balia dei venti» spiega. È il gruppo degli ex pidiellini ed ex responsabili, da Versace alla Destro, col supporto di Api e Mpa. Si riuniranno tutti stasera. Resta da capire se ci saranno anche Milo e Mannino. Incognite, fino a ieri sera, assieme ad Antonio Buonfiglio, rimasto con Urso e Scalia in mezzo al guado tra Fini e la maggioranza.
Ma ormai, anche per Gaetano Pecorella, ex avvocato del premier, il sipario può scendere: «Il mercato dice chiaramente che Berlusconi è un danno per il paese: deve prendere atto che in questo momento bisogna farsi da parte e bisogna voltare pagina. Anche i mercati aspettano un cambiamento».

La Repubblica 08.11.11