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L’Ue non si fida più «Italia, necessarie misure aggiuntive», di Marco Mongiello

L’Ue è fortemente preoccupata per la crisi italiana. In una lettera inviata venerdì si chiedono spiegazioni e si avanza la possibilità che servano «misure aggiuntive» per superare la crisi. Allarme per lo spread. «La situazione economica e finanziaria dell’Italia è molto preoccupante» e le risposte «sulle misure da attuare devono arrivare il prima possibile con questo o con un altro governo». Alla fine di una lunga e convulsa giornata di riunioni a Bruxelles è questa la conclusione a cui è arrivato il commissario Ue agli Affari economici e monetari Olli Rehn, che ieri ha fatto partire d’urgenza la missione di monitoraggio dell’Italia. Secondo gli esperti della Commissione europea inoltre la manovra di bilancio approvata quest’estate non è sufficiente. In un questionario inviato venerdì per chiedere dettagli sulle riforme promesse da Berlusconi i funzionari dell’Ue hanno scritto che «nell’attuale contesto economico la strategia di bilancio pianificata non assicura il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013» e quindi «saranno necessarie misure aggiuntive per raggiungere gli obiettivi per il2012 e il 2013». Al momento la richiesta di una manovra aggiuntiva «non è la posizione ufficiale della Commissione», ha precisato il portavoce di Rehn, anche se, ha aggiunto, «la situazione è deteriorata soprattutto sul piano della crescita,
come si vedrà dalle previsioni economiche» che saranno rese pubbliche giovedì.
Ieri la riunione dei ministri delle Finanze dei 27, che doveva rassicurare i partner dell’Ue sulla capacità del governo di fare le riforme, si è trasformata in una Caporetto italiana
che ha messo in allarme l’Europa. La giornata è iniziata con la precipitosa fuga a Roma del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, corso a dare man forte al Montecitorio, e si è conclusa in serata con la partenza della squadra di funzionari della Commissione, che da oggi vigileranno sull’applicazione delle riforme. «Non ci aspettavamo l’avvio a così breve scadenza della missione», ha confessato una fonte diplomatica italiana. Il commissariamento dell’Italia è stato deciso al summit Ue del 26 ottobre e ora l’esecutivo europeo assicurerà una «sorveglianza rigorosa», ha promesso il commissario finlandese, aggiungendo che si tratta di «una dimostrazione eloquente del metodo della nuova governance economica».
Ad allarmare Bruxelles è l’ulteriore aumento degli spread italiani, oramaim vicini al punto di non ritorno. «Certamente siamo preoccupati per la situazione e stiamo seguendo da vicino», ha detto Rehn, invitando a «ripristinare la fiducia nella capacità dell’Italia di tornare alla crescita economica
e alla stabilità di bilancio».
Questo, ha concluso, «è il modo per rassicurare i mercati che l’economia italiana è su un percorso sostenibile». I funzionari della Commissione e della Banca centrale europea atterrati ieri sera a Roma sono guidati dal belga Servaas Deroose, vicedirettore della dipartimento economico della Commissione, e già il prossimo il 29 novembre consegneranno alla riunione a Bruxelles il primo rapporto sulla situazione italiana.
LAVORO DIPLOMATICO
«Abbiamo chiesto alla Commissione di tener conto delle circostanze», ha riferito l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, capo della rappresentanza diplomatica italiana presso l’Ue, ma anche con la crisi politica in corso
«gli appuntamenti programmati rimangono in piedi». I funzionari di Bruxelles andranno a chiedere informazioni al ministero del Tesoro e a tutte le amministrazioni coinvolte dalle riforme chieste all’Italia dall’Ue. Dal livello di dettaglio
del questionario inviato a Roma si capisce che la Commissione europea non vuole lasciare più alcuno spazio di manovra alle decisioni della politica
italiana. In 39 domande e 5 pagine i funzionari Ue chiedono chiarimenti sulla sostenibilità delle finanze pubbliche,
sull’uso dei fondi strutturali, sulle iniziative nel settore dell’educazione, sulle riforme nel mercato del lavoro, sul rafforzamento della concorrenza, sulla promozione dell’innovazione, sulla semplificazione delle regole, sulla modernizzazione della pubblica amministrazione, sull’efficienza della giustizia, sulle infrastrutture e sulle riforme costituzionali.

L’Unità 09.11.11

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“Dobbiamo prepararci ad altri sacrifici”, di STEFANO LEPRI

Nessuno si illuda di cavarsela con poco. La Legge di stabilità che sarà l’ultimo atto di questo governo non era sufficiente a recuperare la fiducia internazionale; non lo diventerebbe nemmeno con gli emendamenti in cantiere, che d’altronde non entusiasmano nessuno. Mentre le domande che ieri ci sono giunte dalle autorità europee mostrano che, a questo punto, tutta la politica economica italiana va ripensata.

Non era scontato che arrivassimo fino a questo punto; ovvero il punto in cui gli analisti finanziari internazionali cominciano a domandarsi (come in un rapporto della Barclays ieri) se ormai riguadagnare la credibilità perduta non sia per l’Italia impossibile. Ci siamo arrivati perché la crisi politica si è incancrenita. Possiamo tentare di uscirne mostrando che una via d’uscita politica la sappiamo cercare; che esiste qualcuno capace di ravvivare nel Paese il senso di azioni condivise, al di là del disperato scaricabarile tra categorie e corporazioni che oggi blocca tutto.

Il tempo dovremmo averlo. La Grecia senza aiuti esterni non riuscirebbe nemmeno a pagare gli stipendi di dicembre ai dipendenti pubblici. L’Italia non ha simili urgenze di cassa. Per raggiungere il pareggio di bilancio al 2013, obiettivo ormai impostoci da tutta la comunità internazionale, restano sempre da definire misure per 20 miliardi, lasciate in sospeso da agosto ad oggi; e tuttavia il 2013 non è domani. Ciò che serve subito è un governo capace di mostrare al mondo che affronta i problemi invece di passare il tempo ad imbonire i cittadini con le chiacchiere e ad escogitare espedienti per sopravvivere.

Bisognerà fare molto. Altri sacrifici saranno inevitabili, come una rinuncia alle pensioni di anzianità. Forse è inevitabile un record storico della pressione fiscale. Ma, paradossalmente, sarà assai più utile riuscire ad impostare riforme che sono nel nostro stesso interesse come collettività, bloccate finora da gruppi ristretti. Così è ad esempio per la scuola, per la giustizia civile, per gli ordini professionali, per l’apertura alla concorrenza di certi settori: tutte questioni menzionate nella lettera che è arrivata ieri da Bruxelles. Sarebbe anche utile sottrarre potere alla politica privatizzando grandi gruppi nazionali, fondendo tra loro o cedendo società municipalizzate. Un diverso mercato del lavoro potrebbe dare più speranza ai giovani, invece di scaricare tutta su di loro la flessibilità.

Occorrerà anche avere uno sguardo lucido su dove si è sbagliato: prima la promessa illusoria di un miracolo economico, poi la tenacia nell’ignorare ogni segnale del declino. E’ stato ripetuto in piccola farsa ciò che veniva descritto come tragedia nell’incubo staliniano di Orwell, dove la propaganda del «ministero dell’abbondanza» nascondeva la penuria. Si prometteva di tagliare la spesa, e la spesa invece cresceva per procacciare consenso; cosicché slittava sempre al domani l’altra promessa di ridurre le tasse. Nella crisi, si sono protette le categorie più pronte a farsi sentire, abbandonate le altre. Dovendo alla fine aumentare le tasse, si sono scelte quelle meno impopolari, invece di quelle meno dannose all’economia.

La fiducia l’abbiamo perduta perché il resto del mondo ha avuto l’impressione che dicessimo sempre più bugie. L’Italia ha anzi dato una grossa spinta alla diffidenza reciproca tra Stati che lascia ora all’Europa una recessione come unica via per risolvere i propri problemi. Chi ci governava è riuscito a rafforzare negli altri popoli i più sciocchi, vieti, banali pregiudizi contro gli italiani. D’ora in poi conterà più la verità dei numeri. Anzi, sarà solo la verità a poterci salvare.

La Stampa 09.11.11