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"Per le opposizioni la partita non finisce", di Rudy Francesco Calvo

E ora? La tempistica scelta da Berlusconi complica l’ipotesi di un governo di larghe intese. Ora le opposizioni garantiranno una rapida approvazione della legge di stabilità, per accelerare il più possibile le dimissioni del governo.
«Certo, non sarà la nostra manovra, ma non possiamo fare altro», spiegano fonti parlamentari democrat. Poi si apre una pagina bianca, tutta da scrivere, checché ne pensi Berlusconi.
Pd, Idv e Terzo polo hanno proceduto finora di pari passo e così faranno anche in quelli che si preannunciano come gli ultimi giorni del ventennio berlusconiano.
A imporlo sono, da una parte, i mercati e, dall’altra, il capo dello stato: il maxiemendamento (ancora inesistente) contenente le misure anti-crisi imposte dall’Ue arriverà in aula al senato martedì prossimo, senza lo scudo della fiducia e senza le barricate delle opposizioni. Tempo pochi giorni e il testo passerà alla camera, dove sarà approvato in via definitiva con pari trattamento. I più ottimisti fissano così già alla fine della prossima settimana le dimissioni di Berlusconi, più realisticamente si dovrà attendere quella successiva, attorno al 23 novembre.
Pier Luigi Bersani ha riunito ieri sera i vertici del Pd, mentre è confermato per stasera l’incontro congiunto del coordinamento e della segreteria dem. Accantonata l’ipotesi della mozione di sfiducia, che avevano tenuto fino all’ultimo sul tavolo come una pistola puntata verso il governo, ora le opposizioni dovranno dimostrare di poter tenere saldo il loro fronte per evitare quella che Pier Ferdinando Casini già boccia come «una lunga ed estenuante campagna elettorale ». Ieri la compattezza dello schieramento Pd-Terzo polo-Idv era stata resa anche plasticamente dagli interventi a nome dei tre gruppi di Franceschini, prima, e Bersani, poi.
Nessuno si aspettava che Berlusconi si presentasse dimissionario davanti al capo dello stato. Ma chi tra i dem ha contatti più frequenti con il Quirinale si mostrava certo che Napolitano non avrebbe ignorato l’ennesimo flop della maggioranza. E così è stato. La strategia parlamentare di mostrarsi responsabili, garantendo il numero legale, ma senza partecipare al voto sul rendiconto, ha raccolto i frutti sperati: la maggioranza precipita (perfino al di sotto delle speranze dei deputati dem), il Colle ne prende atto e Berlusconi è lasciato sempre più solo anche dai suoi stessi sostenitori, leghisti in testa.
Ora spetta a lui la mossa che sarà decisiva. Se spingerà sull’acceleratore per andare al voto, come sembra voler fare, è possibile che si verifichino ulteriori smottamenti nel Pdl: gli occhi sono puntati soprattutto al senato, dove il centrodestra ha potuto contare finora su margini numerici più ampi, e in particolare su Beppe Pisanu e gli uomini a lui più vicini.
Solo così potrà essere garantita una nuova maggioranza, per dare vita a un governo (Monti?) che possa completare la legislatura e approvare le riforme necessarie. Sarebbe la strada più facile per realizzare quello che rimane l’obiettivo comune delle attuali opposizioni. E sarà quello che Pd, Terzo polo e Idv andranno a dire a Napolitano quando avvierà le consultazioni.
Il timore diffuso in casa dem è però un altro: se Berlusconi accetterà il “passo di lato” proposto da Bossi, cioè un governo elettorale guidato da Schifani, che porti il paese al voto in primavera, il fronte delle opposizioni potrebbe rompersi.
In casa Udc si aprirebbe infatti un travaglio che potrebbe portare anche al sostegno dei centristi al nuovo esecutivo.
Mandando a monte, così, anche il piano di un’alleanza tra progressisti e moderati per le prossime elezioni. Ma questa, come si diceva, è ancora una pagina bianca tutta da scrivere.

da Europa Quotidiano 09.11.11

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