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"Il Pdl si ribella a Berlusconi, caos e rischi di colpi di coda", di Francesco Lo Sardo

«Stiamo compiendo un suicidio politico. Facciamo nascere un governo tecnico al quale non potremo staccare la spina.
Come si fa a sfiduciare un governo che attua i contenuti della lettera che Berlusconi ha portato a Bruxelles? Ovvio che non si può, salvo pagarne poi le conseguenze pesantissime in campagna elettorale…». La conclusione, si sfoga in serata un parlamentare del Pdl ex forzista non lontano dalle posizioni di Scajola – ma in queste ore convulse tutti gli schemi interni tra i berluscones sono saltati – è che «si arriverà alla scadenza naturale della legislatura nel 2013.
Con Berlusconi che non sarà più candidato e il Pdl che sarà imploso». Perciò, continua, «io il governo Monti non lo voto. Perché se è governo tecnico resto contrario, coerentemente con quello che abbiamo detto dal 1994 a oggi. E se invece è un governo politico mascherato da tecnico, allora è solo una truffa.
Ho fatto politica per quindici anni e concludo qui la mia carriera politica». Amen.
Ma c’è un’ulteriore conclusione di valore politico più generale di questo ragionamento – assai più diffuso di quanto non si pensi – in queste ore di tormento del Pdl, inchiodato al letto di Procuste di un governissimo dove sei allungato a forza se troppo corto o sei amputato se troppo lungo: il rischio di un violento colpo di coda dei berluscones in parlamento, quando il governo Monti, che bussa già alle porte, dovrà ottenere il voto di fiducia.
Sommandosi ai frammenti di infuriati contro la svolta “consociativa” dell’ex nemico pubblico numero uno del “consociativismo” Berlusconi – gli ex An della ricomposta coppia Matteoli-Nania e del tandem La Russa- Gasparri, i gruppetti di Moffa e Viespoli, gli ex Udc di Saverio Romano, la mini-Dc di Rotondi, il fiammeggiante duo Brunetta- Sacconi con quest’ultimo uscito fuori dalla grazia di Dio in polemica contro i ciellini scesi a patti col “nemico”, gli ultrà di Lehner «pronti a marciare su palazzo Chigi contro l’inciucio» – ci sono molti altri ortodossi del berlusconismo, più o meno oltranzista, che la pensano come il deputato scajoliano.
In prima fila di quest’area nebulosa e dai confini incerti spiccano le vedove inconsolabili del berlusconismo ruggente e con la baionetta innestata, Maria Vittoria Brambilla, Daniela Santanché, Alessandra Mussolini e tante altre signore e signorine deputate e senatrici. Quest’area vasta, tutta insieme, può arrivare a superare – a Montecitorio – oltre il centinaio di deputati: un terzo, cioè, del gruppo del Pdl alla camera. Il che è un grosso problema per il Cavaliere strattonato dai fan del governissimo (ieri i cattolici di Todi e una nota ufficiale della Cdo ciellina hanno benedetto il governo di responsabilità nazionale e detto no a elezioni) e i contrari. «Larghe intese? Vediamo», s’è barcamenato in serata il Cavaliere tra il «preoccupato» e il «sereno».
Ma ha retto l’urto del dissenso interno: coi mercati in tempesta, «non possiamo permetterci due mesi di attesa per le elezioni».
Diceva Angelino Alfano, al termine di una lacerante riunione a palazzo Grazioli con Berlusconi che difendeva la linea adottata su Monti («Una scelta inevitabile») e mezzo vertice del partito che invece puntava i piedi contro: «Il Pdl non è spaccato». Vero.
Il Pdl infatti è più che spaccato: «È spappolato », puntualizza un berlusconiano della prima ora. «Ma chi punta i piedi non si faccia illusioni. Berlusconi ha già deciso cosa fare, pensando al bene delle sue aziende. Non si chiamerà fuori dall’operazione Monti, ormai è troppo tardi per i ripensamenti».
Giuliano Ferrara, in questa fase in versione ultrà e tifoso delle elezioni anticipate, sostiene l’opposto: «L’ineluttabilità del governo Monti è rinviata a un successivo giudizio come ha detto Alfano». Il quale Alfano ripete che «la posizione del partito resta quella ufficialmente assunta dall’Ufficio di presidenza, cioè favorevole alle elezioni dopo l’attuale governo», aggiungendo che «quando ci saranno le consultazioni con Napolitano l’ufficio di presidenza del Pdl si riunirà e assumerà le scelte definitive». Ma quali scelte? É pensabile un ufficio di presidenza- Gran Consiglio alla rovescia che pugnali Berlusconi-Mussolini per andare alla guerra contro Monti e alle urne a gennaio-febbraio anziché cercare di negoziare la pace? Un Pdl in guerra contro l’Europa, alleato alla Lega, a Storace e in compagnia di Di Pietro? Improbabile. Oppure: è pensabile che il Pdl proponga l’astensione su Monti? «Napolitano è contrario», ha già stoppato la richiesta dei “resistenti” del Pdl Berlusconi. Oppure, infine: accetterà Berlusconi il suggerimento di chi ieri gli ha proposto di intimare a Pd e Udc, prima di varare insieme al Pdl un governo Monti, che almeno gli votino la legge di stabilità con il maxi-emendamento «senza pensioni, senza articolo 18 e patrimoniale»? Ci sono poche ore per decidere. Le stesse ore in cui i più lungimiranti e pragmatici del Pdl si stanno piuttosto interrogando sui criteri di formazione del nuovo governo: Monti più tecnici, Monti più politici, Monti più un mix di tecnici e politici? Azzeramento della compagine attuale o possibili ripescaggi? Berlusconi ai capataz del Pdl ha detto che «non è ancora il momento di parlarne». Una piccola bugia. Gianni Letta se ne sta già occupando.
E anche Alfano, si dice.

a Europa Quotidiano 11.11.11