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"Articolo 18? La priorità è il precariato. E il governo rafforzi le liberalizzazioni", intervista a Rosy Bindi di Federica Fantozzi

«Investimenti, abbassamento del costo del lavoro, semplificazione della normativa sui contratti di lavoro che ci allontani dalla giungla creata dalla legge Biagi, nuovi ammortizzatori sociali. Non si può introdurre nuova flessibilità senza prima metterla in sicurezza».

Onorevole Rosy Bindi, da presidente del Pd faccia un bilancio della prima assemblea del Pd nell’era deberlusconizzata. Una riunione che a qualcuno è sembrata un po’ sottotono.
«È stato un momento di riflessione seria, espressione di un partito che ha consapevolezza delle sue responsabilità e della sua forza. In tutti gli interventi si è affermato con chiarezza il sostegno leale al governo Monti senza rinunciare alle nostre idee. Lo abbiamo fatto sulla manovra, lo faremo su liberalizzazioni e mercato del lavoro».

Discussione sulle primarie rimandata a dopo l’eventuale riforma elettorale. Un ordine del giorno alla fine non votato. Avete fatto melina?
«Guardi, l’ordine del giorno che non abbiamo votato domenica era stato approvato nell’assemblea precedente. Non c’è nessuna indisponibilità a discutere di primarie: nella malaugurata ipotesi in cui si andasse a votare con il Porcellum le faremo. Troveremo strumenti che tolgano alle segreterie di partito la scelta dei candidati».

Perché non cominciare subito a parlarne, allora?
«Il messaggio politico dell’assemblea doveva essere più forte: bia tutti i costi cambiare questa legge elettorale. Il problema è come il Pd sceglie i candidati ma come si forma il Parlamento italiano. Non c’è stata malizia né secondi fini, infatti i promotori si sono fidati. Adesso gli altri partiti capiranno che il Pd fa sul serio sulla riforma».

Sia sincera: quanto pesa politicamente al Pd l’appoggio al Governo Monti?
«Noi questa fase l’abbiamo voluta, e non ci pesa. E’ stata necessaria per mandare a casa Berlusconi e per fare scelte difficili, impossibili senza un sostegno ampio. Detto questo, noi stiamo lavorando per l’alternativa. Noi ci identifichiamo con questa fase della vita democratica. Il progetto del Pd non è interamente contenuto in questo governo, che certo non lo esaurisce».

Deadline 2013 o può essere anche prima?
«La legistatura arriverà alla scadenza naturale. Per il Pd questa è una fase di preparazione. E la sta usando in modo che io reputo intelligente, con grande unità e senza delegare niente a nessuno».

Liberalizzazioni. Arriva in aula il decreto ‘Cresci Italia’, la cosidetta “fase 2”. Cosa vi proponete di cambiare in Parlamento, tenendo presente i paletti Monti?
«Da noi il Governo non riceverà emendamenti che stravolgono l’impianto del decreto. Piuttosto le proposte che lo rafforzano. Accanto alla soddisfazione per il lavoro svolto, c’è l’obiezione che si poteva osare di più. E il Pdl ad essere preoccupato, il Pd invita a premere l’acceleratore».

Su quali fronti, in particolare, c’è ancora da fare?
«Dobbiamo capire la natura dei rinvii. Vigilare che non diventino sine die. Ci sono timidezza e poca determinazione sulle farmacie. Debolezze su banche, assicurazioni, trasporti. I grandi settori sono stati appena sfiorati. Il Pd, che sulle liberalizzazioni è stato pioniere, vuole che si vada avanti».

Da pionieri, che ne pensate delle categorie in rivolta? Da Nord a Sud dilagano gli scontenti. È la crisi della quarta settimana o l’Italia dei Gattopardi?
«È ovvio che la richiesta di cambiamenti tocchi interessi consolidati, a volte privilegi, comunque abitudini. Apprezzo che Monti abbia confermato che le proteste non lo fermeranno e lo esorto ad andare avanti. Detto questo, alcuni hanno più ragioni di altri a protestare: capisco meno la serrata dei farmacisti o lo sciopero degli avvocati di quello dei tassisti».

Articolo 18. Per il governo non è un tabù. E per il Pd?
«Io ho capito che Monti invita i sindacati a sedersi senza il tabù dell’articolo 18 ma anche senza il totem dell’esecutivo di cambiarlo a tutti i costi. Se si blocca su questo argomento la possibilità di riformare il mercato del lavoro, allora deve essere il governo a fare il primo passo».

Come?
«Cominciando da altri temi. Precariato, flessibilità e sicurezza. Il mercato italiano è così sgangherato che non si può partire dal punto più complicato».

C’è chi, anche a sinistra, ritiene che la difficoltà italiana a licenziare abbia aggravato le difficoltà per i giovani di accedere al mercato del lavoro.
«In un Paese dove la grande maggioranza delle imprese è piccola e media, l’articolo 18 riguarda pochi. Parliamo piuttosto di come garantire la sicurezza economica insieme alla flessibilità».

Ma se Stato e imprenditori hanno i conti in rosso, i soldi necessari chi ce li mette?
«Non si trovano certo abrogando l’articolo 18. Personalmente credo che non si debba toccare, ma comunque l’errore è voler cominciare da lì. Non lo ha detto nemmeno Confindustria. Ha sbagliato il ministro Elsa Fornero a porre questo problema come centrale, subito dopo una dura riforma sulle pensioni. Ha indurito le posizioni in campo».

Da dove si riparte per creare occupazione, allora?
«Investimenti, abbassamento del costo del lavoro, semplificazione della normativa sui contratti di lavoro che ci allontani dalla giungla creata dalla legge Biagi, nuovi ammortizzatori sociali. Non si può introdurre nuova flessibilità senza prima metterla in sicurezza».

Voi dite: la priorità è cambiare la legge elettorale. Ma il Pdl ha già detto che questo deve essere l’ultimo tassello della grande riforma istituzionale. Posizioni conciliabili?
«Così non ci siamo. Prima bisogna toccare il bicameralismo perfetto, ridurre il numero dei parlamentari e abrogare il Porcellum. Se il Pdl pone come pregiudiziale il tema del presidenzialismo, significa che vuole far finire tutto nel nulla».

Oppure, che Berlusconi è disposto a sacrificare la Lega in cambio del Quirinale…
«Sarebbe una proposta irricevibile. Non saremmo mai disposti ad accettare uno scambio. Non c’è niente sotto il tavolo o fuori dalla luce del sole».

In ogni caso, le posizioni sulla legge elettorale tra i partiti sono distanti. Vede possibile un’intesa sul sistema tedesco?
«Non sono in grado oggi di individuare un punto di mediazione. Il Pd ha reso nota una proposta, gli altri avanzino la loro e si apra il tavolo. Subito. Senza perdere tempo».

da L’Unità