economia, lavoro, politica italiana

"Fornero, riforma in 5 punti che rimangono sulla carta", di Mariantonietta Colimberti

No delle parti sociali che potrebbero decidere di incontrarsi senza governo
immagine documento Al momento la notizia è che non c’è notizia e che questo non deve essere considerato un fatto negativo. Sfrondata dai distinguo e dalle differenti modalità di espressione, la valutazione comune dei protagonisti dell’incontro – oltre quattro ore – di ieri a palazzo Chigi tra governo e parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro è stata che il confronto si è aperto e che tutti si sforzeranno di avere un atteggiamento costruttivo.
Niente di più, anzi, qualcosa di meno. Nel senso che il documento in cinque punti che Elsa Fornero ha letto agli ospiti della sala Verde di palazzo Chigi non è stato consegnato alla fine della riunione. Non è, dunque, la proposta ufficiale del governo. O meglio, per ora si tratta di punti di riflessione che la ministro del lavoro approfondirà, pur invitando le parti ad un confronto tematico-informatico.
I sindacati, però, non hanno gradito e qualcuno – nella Cisl per esempio – sta pensando alla possibilità di promuovere un incontro fra le parti sociali, senza il governo. Raccontano che alla Fornero che aveva annunciato di voler lasciare a ognuno di loro il documento che stava illustrando è arrivato il consiglio di non compiere questo passo, perché esso avrebbe potuto compromettere il negoziato. Un problema di metodo e di contenuti, a quanto si apprende. Di metodo, perché i sindacati (Cisl in testa) non ritengono accettabile il reiterarsi delle modalità utilizzate dal governo in occasione del decreto salva-Italia, molto vicine al fatto compiuto.
Si osserva che l’esecutivo dei tecnici «non può pensare di azzerare forme consolidate di confronto», riducendo tutto a un dibattito telematico. «Non è così che si fa». Ma c’è anche una contrarietà, forte, sulle idee contenute nel documento. Quella ritenuta più esplosiva, per le potenziali conseguenze qualora diventasse operativa, riguarda la cassa integrazione. Nella bozza Fornero si prevede un ricorso limitatissimo a quella ordinaria, circoscritto ai casi in cui sia possibile riprendere il lavoro in tempi molto brevi. Niente più cassa straordinaria o in deroga. Per tutti i lavoratori di aziende in difficoltà per i quali non sia prevedibile una ripresa dell’occupazione nel breve periodo, ci sarebbe il licenziamento con il sostegno del reddito minimo.
L’introduzione di questa nuova (per l’Italia) forma di ammortizzatore sociale richiede, però, ha chiarito Fornero, «risorse ora non individuabili». Per questa ragione, l’applicazione normativa potrebbe essere «dilazionata». «Non si può superare la cassa integrazione straordinaria, non è fattibile – ha affermato la leader della Cgil, Susanna Camusso, aggiungendo che «tutte le parti sociali hanno detto che non si può fare». Che una grande prudenza alberghi anche dalle parti di Confindustria è risultato chiaro dal commento di Emma Marcegaglia: «Abbiamo ragionato su una riforma più profonda degli ammortizzatori sociali e ci siamo detti aperti a riflettere su cassa integrazione e indennità di licenziamento ma anche che, al momento, dobbiamo fronteggiare una grande crisi e che quindi per ora non si debba procedere a grandi cambiamenti».
E allora? Il tema è apertissimo, le soluzioni molto difficili da individuare e i tempi stretti, strettissimi: tre o quattro settimane al massimo, nelle intenzioni dell’esecutivo, per arrivare a un’intesa non affidata a un decreto. Gli altri punti sollevati nella bozza Fornero riguardano una nuova tipologia contrattuale a tutele crescenti legate all’età, riduzione delle tipologie contrattuali e costo più elevato dei contratti a termine, formazione e apprendistato, flessibilità. Il prossimo incontro, secondo l’orientamento del governo, dovrebbe svolgersi la prossima settimana. Alla Cisl non nascondono un certo pessimismo e fanno notare che nel 2011 le ore di cassa integrazione autorizzate sono state complessivamente 953 milioni, corrispondenti a circa 500 mila lavoratori.
«Come si può pensare di smantellare questo sistema di ammortizzatori sociali se non ci sono risorse?» è la domanda. «Non abbandonare l’idea di un’intesa condivisa» è l’esortazione arrivata dal Pd.

da www.europaquotidiano.it

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“Lavoro, la ministra bocciata”, di Massimo Franchi

Monti annuncia una «riforma strutturale» in tempi brevi e a costo zero. Ma esclude il decreto

«Il tavolo è partito, ma no alle forzature ». Quattro ore di «incontro interlocutorio» e in salita fra governo e parti sociali producono il via ai «quattro titoli dell’agenda», quattro tavoli di lavoro: tipologie contrattuali, apprendistato e formazione, flessibilità per la crescita, ammortizzatori sociali. Partiranno la prossima settimana quando arriverà anche una nuova convocazione del governo. Prima invece saranno le sole parti sociali ad incontrarsi per mettere a punto una proposta comune sui vari temi. E quindi l’effetto principale del tavolo è stato quello di ricompattare sindacati e imprese che, in nome dell’autonomia, riacquistano centralità. In una riunione informale nel pomeriggio Cgil, Cisl e Uil hanno messo a punto la strategia comune su come procedere nella trattativa assieme a Confindustria e ReteImprese. Un incontro che si è quindi concluso più con indicazioni di metodo che di merito, visto che le parti sociali in toto hanno commentato negativamente il documento del ministro Elsa Fornero. «Un agenda non condivisa, i contenuti dei tavoli non sono predeterminati », spiega Susanna Camusso, bloccando sul nascere le polemiche sulle modifiche (soprattutto alla cassa integrazione) rilanciate dalle agenzie.
«NON CI SONO RISORSE» È stato il presidente del Consiglio Mario Monti, prima di volare a Bruxelles, ad aprire l’incontro sottolineando la necessità di una riforma «strutturale» e «in tempi brevi», seppur non sotto la forma diun decreto legge. «Servono buone soluzioni strutturali per il mercato del lavoro, spero – ha detto – che si riesca a non ridurre il messaggio che mandiamo sulla riforma del lavoro solo sull’articolo 18». I due punti fermi sulla trattativa sono dunque i tempi più celeri possibili e l’amara constatazione che la riforma andrà fatta a costo zero o giù di lì: di soldi non ce sono ed è stato lo stesso premier Monti a specificarlo. All’uscita le reazioni delle parti sociali sono tutte improntate alla prudenza. Comincia Marco Venturi, portavoce di ReteImprese, sottolineando come «bisogna fare passi avanti». Tocca poi a Emma Marcegaglia sintetizzare la posizione degli industriali. «Oggi abbiamo aperto il tavolo stabilendo il metodo e i tempi. Da parte nostra – ha continuato il presidente uscente di Confindustria – abbiamo presentato un documento dove dimostriamo che la percentuale di lavoro instabile sul totale è più bassa da noi rispetto alla Germania ».Da qui arriva il monito: «Attenzione a ridurre le forme di flessibilità ». Inevitabile poi da qui arrivare alla canonica domanda sull’articolo 18: «Non si è parlato specificatamente di articolo 18, si è parlato di flessibilità in entrata e in uscita». L’idea di Confindustria è presto detta: «Per ridurre il dualismo e aumentare le garanzie per i giovani e donne è necessario ridurre le garanzie per gli attori più forti». Più conciliante con i sindacati è la parte sulle tipologie di contratto: «Insieme a loro concordiamo sul fatto che apprendistato e contratto in somministrazione sono le forme che funzionano meglio. Nel primo caso «si può migliorare e limare qualcosa ma la legge c’è», nel secondo l’«assunzione a tempo determinato da parte delle agenzie interinali concede una buona copertura di diritti ai lavoratori».
«SCOTTATI DALLE PENSIONI» Tornando a sedersi davanti al governo, i sindacati scontavano «la scottatura » della riforma delle pensioni, arrivata per decreto e senza consenso e consulto. A chiudere il giro sono arrivati i quattro sindacati confederali. Tutti e quattro, Camusso, Bonanni, Angeletti e Centrella, hanno puntato sull’autonomia delle parti sociali, annunciando l’incontro per preparare una proposta comune da sottoporre al governo prima del prossimo incontro. Luigi Angeletti si è soffermato sul metodo: «Per noi il confronto deve essere sostanziale: discutere, negoziare e poi decidere. No a documenti contrapposti e poi la sintesi la fa il governo e troviamo delle sorprese: non siamo alunni a cui è stato dato un tema che poi la professoressa corregge». Camusso ha poi ribadito i punti chiave della piattaforma comune dei sindacati: «Ricondurre ad unità il mercato del lavoro riducendo precarietà e sommerso; estendere gli ammortizzatori a tutti». Bonanni invece ha aperto alla possibilità «di gestione» dell’articolo 18: «Ci sono contenziosi col giudice che durano un sacco di tempo: si può trovare il modo per ridurli e semplificare a vantaggio di lavoratori e imprese. A nessuno conviene che le cose vadano per le lunghe».

da L’ Unità del 24/01/2012

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“Lavoro, il governo accelera”, di Alessandro Trocino

Limiti all’uso della cassa integrazione. No dei sindacati. Ipotesi fiducia

ROMA — Una riforma strutturale, da realizzare senza ricorrere allo strumento del decreto legge, ma in tempi brevi, entro le prossime 3-4 settimane. È la rotta indicata sul mercato del lavoro dal premier Mario Monti e dal ministro Elsa Fornero. Che si è presentata all’incontro con le parti sociali con alcune linee guida: stretta sulla cassa integrazione, sostegno al reddito per chi ha perso il lavoro, reddito minimo garantito (ma «dilazionato», ché per ora non ci sono i soldi), lavoro flessibile più caro e contratto modellato sull’età lavorativa. Per la titolare del Welfare «si è partiti con il piede giusto». Pdl e sindacati non condividono affatto quest’opinione. Susanna Camusso, leader della Cgil, non nasconde l’irritazione per il metodo: ha spiegato che «non c’è stata nessuna condivisione delle proposte e non si può partire da contenuti predeterminati». Il Pdl, come dice Maurizio Sacconi, chiede che «non si facciano due pesi e due misure» e che si proceda per decreto, come per le liberalizzazioni. Decreto, quest’ultimo, su cui potrebbe essere posta la fiducia anche se il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, precisa che «per ora il governo non ha espresso un orientamento» e punta ad ottenere in Parlamento «il consenso necessario».
Il premier, prima di partire per Bruxelles, ha spiegato: «Servono buone soluzioni strutturali. Spero che si riesca a non ridurre il messaggio solo all’articolo 18». All’incontro di ieri, durato quattro ore, erano presenti tra gli altri il sottosegretario alla presidenza Antonio Catricalà, il ministro Corrado Passera, i segretari di Cgil, Cisl e Uil e il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. È stata la Fornero a illustrare un documento in cinque punti con le linee guida dell’esecutivo.
Secondo le intenzioni del governo, dovrebbe restare solo la cassa integrazione ordinaria (quella legata a eventi temporanei e con una durata massima di 52 settimane), mentre si eliminerebbe la possibilità di utilizzarla a fronte di chiusura dell’azienda (come è accaduto per la Fiat di Termini Imerese). A fronte del mancato rientro in azienda, si studia invece un’indennità risarcitoria e il rafforzamento del sussidio di disoccupazione. Nelle linee guida è emersa anche la possibilità di utilizzare il «reddito minimo», ma le risorse necessarie sono al momento «non individuabili».
Un intervento, quello della Fornero, che i sindacati bocciano nettamente, perché considerato un «colpo di spugna alla cassa integrazione straordinaria e a quella in deroga, che in questi anni hanno invece protetto i lavoratori di aziende in crisi». Anche Confindustria avanza dubbi: «In questo momento dobbiamo fronteggiare una grande crisi — spiega Emma Marcegaglia —, per ora non è il caso di procedere a grandi cambiamenti sulla Cig». E ancora: «Il problema non è la flessibilità in entrata ma quella in uscita».
Dal Pd le reazioni sono caute ma non negative. Il segretario Pier Luigi Bersani apprezza soprattutto l’apertura del tavolo e il tentativo di un confronto ampio. L’ex ministro Cesare Damiano condivide l’impostazione secondo cui il lavoro precario dovrà costare di più, ma spiega di «non aver gradito alcuni accenni all’articolo 18». Sergio D’Antoni si dice soddisfatto che non si proceda per decreto.
Esattamente l’opposto del Pdl. Per Gaetano Quagliariello «la richiesta di sacrifici ha un senso se riguarda tutti, con la medesima sollecitudine. Altrimenti ci saranno conseguenze». Critiche anche nel merito arrivano da Sacconi: «Non bisogna inseguire la chimera del reddito minimo garantito, che evoca solo deresponsabilizzazione e assistenzialismo». Protesta anche Antonio Di Pietro contro il depotenziamento della Cig: «Si rischia di far scoppiare un conflitto sociale ingovernabile».

dal Corriere del 24/01/2012

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