politica italiana

"LA PARTITA A SCACCHI DI RE LANTERNA", di FRANCO CORDERO

Che Berlusco Magnus abbia condotto l´Italia a due dita dalla fossa, lo dicono i numeri. Sembrava onnipotente e in tre anni dilapida il capitale: due mesi fa era un relitto, politicamente parlando, scaricato persino dall´apologetica pseudoequidistante; non capitolerà mai, ripete fino all´ultimo; e come Dio vuole, toglie l´ormai insostenibile disturbo, dimissionario coatto. Qui lo scenario muta. Nell´anomala maggioranza a due anime su cui campa il gabinetto professorale chiamato a salvare l´Italia dal default, sta meglio che a Palazzo Chigi: ha un potere d´interdizione; i peones temevano lo scioglimento delle Camere; rassicurati, fanno quadrato. Gli resta uno zoccolo duro elettorale sotto ipnosi televisiva, e sa dove cercare sostegni (ad esempio, dalla gerarchia ecclesiastica, pagandoli in favori inauditi sulla pelle dello Stato). Passiamo alle congetture prognostiche. Il solo punto sicuro è che, rebus sic stantibus, non revochi la fiducia ai professori: istigato dai leghisti in furioso rigurgito tribale («stacchi la spina», cos´aspetta?), ogni tanto ventila propositi minacciosi, da non prendere sul serio; staccandola morrebbe col paziente; e resta da vedere se riesca a staccarla; in una congiuntura simile è prevedibile che dei gregari passino al campo governativo salvando indennità, rimborsi, pensione. Molto dipende dalle lune economiche. Qualora l´Italia esca stremata ma viva, grazie alla terapia eroica, ha partita elettorale scomoda chi vendeva illusioni: sfumata la sbornia, lo vedono dal vero, un pifferaio; istupidendo poveri diavoli s´arricchiva a dismisura, con largo beneficio degli adepti malaffaristi. Nella seconda ipotesi la primavera 2013 trova l´economia europea in sesto e l´effetto traumatico pesa meno: dirà (il verbo puntuale è «sbraitare») d´avere visto giusto, mentre dei terroristi seminavano paure gratuite in odio al governo amato dal popolo; era un complotto; stampa eversiva, giustizia deviata, tenebrosi poteri forti, ecc.; e riprende fiato il partito della vita facile (lassismo fiscale, al diavolo la concorrenza, favori venali, mercati neri, logge, trionfi omertosi). Terza, sciaguratissima eventualità, quam Deus avertat, che, fallite le terapie, l´Italia affoghi: Stato insolvente significa tensioni crude; saltano i circuiti legali; nello status naturae immaginato da Thomas Hobbes «homo homini lupus» ma il Caimano Leviathan s´impone ai lupi. È la sua ora: il denaro gli scorre nelle mani; ha castelli, ville, lanterne magiche, trombe; schiera cappellani, maghi, sgherri; assolda compagnie di ventura.
Fantasie apocalittiche? Non direi. S´era fondato l´impero mediante frode, corruzione, plagio: è organicamente incapace d´autocontrollo; gli mancano categorie elementari, dalla morale al gusto. Confermano tale natura nove anni d´un malgoverno funesto: crede che tutto gli sia lecito; pretende poteri assoluti; lo stesso delirio sfoga sul palco internazionale. Supponiamo che l´Italia sia benestante e sull´onda del trionfalismo populistico Sua Maestà riconfiguri lo Stato a modo suo. Quante volte l´ha detto, lamentando d´avere le mani legate, lui, «uomo del fare». Ecco quadri verosimili: abita al Quirinale, penalmente immune, quindi niente da obiettare alle soirées; da Monte Cavallo governa pro domo sua mediante docili ministri; presiede un Consiglio superiore della magistratura addomesticato; il pubblico ministero cambia nome, avvocato dell´accusa, e piglia ordini dall´esecutivo; fioriscono P5, P6 e via seguitando nella schiuma d´affari loschi. L´unico inconveniente è che, non essendo inesauribili le mammelle collettive, succhiate da boiardi, corruttori, corrotti e varia malavita, prima o poi sopravvenga la bancarotta. Che l´antietica berlusconiana portasse lì, era ovvio: nessun organismo sociale resiste al salasso sistematico; lo sviluppo economico richiede tensioni morali incompatibili con oppio televisivo, saturnali permanenti, furbizie gaglioffe. I caimani non leggono, quindi Re Lanterna non sa chi sia Max Weber, né cos´abbia scritto sull´etica calvinista nella cultura del capitalismo (ma un panegirista, forse burlone, gli attribuiva letture latine, niente meno che Erasmo).
Le prognosi non allargano i cuori. Il berlusconismo sopravvive, non foss´altro come potente lobby, dalle televisioni alla banca, con tante possibili cabale tattiche (fa testo l´infausta Bicamerale), né sono uomini della penitenza i dignitari d´Arcore. E i cantori sedicenti neutrali? Lo proclamavano condottiero neoliberale, salvo ammettere tra i denti che tale non sia un nemico del mercato: servizi simili segnano le persone, chi li ha resi probabilmente continua. Dopo 18 anni d´egemonia brutale o strisciante, quando non stava al governo, è trucco d´esorcista rimuoverlo dalla storia come non vi fosse mai entrato (così Benedetto Croce liquidava vent´anni fascisti, un brutto sogno). Rincresce dirlo ma i fatti parlano: aveva radici etniche e lascia impronte; dettava modelli accettati ex adverso; chiudendo gli occhi sulla colossale anomalia, professionisti della politica lo considerano ancora interlocutore valido. Iscriviamola nei caratteri meno lodevoli dell´anima italiana, una socievole indifferenza morale: è caduto sotto il peso d´errori suoi, sconfitto dai mercati; non che gli oppositori l´abbiano combattuto e vinto in termini d´idee e scelte etiche. In proposito, dovendo indicare una lettura istruttiva, nominerei Kafka, Il processo, secondo capitolo. Una domenica mattina Josef K., misteriosamente imputato, va in tribunale. Scenario onirico: il pubblico in galleria sta curvo toccando il soffitto con testa e spalle; qualcuno le appoggia al cuscino che s´è portato; aria greve, fumo, polvere, rumori confusi; la platea appare divisa tra due partiti. Nell´arringa K. sentiva in empatia metà del pubblico. Lo interrompono degli strilli. Parlava stando su una predella. Sceso nella calca, vede i distintivi sotto le barbe: erano finti partiti; non fanno caldo né freddo le furenti invettive con cui li apostrofa. Gl´italiani hanno gravi doléances verso una classe politica connivente o inerte davanti al predone, fin dagli anni della resistibile ascesa.

da La Repubblica del 24 gennaio 2012