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"L'Agenzia spaziale italiana e il tour (inutile) da 1,1 milioni", di Sergio Rizzo

Viaggio negli Usa per il lancio di un satellite. Mai avvenuto

A Enrico Saggese la sorpresa di Natale l’hanno fatta le Fiamme Gialle. Il 19 dicembre scorso due marescialli della Guardia di finanza si sono presentati all’Agenzia spaziale italiana (Asi) per prelevare la documentazione relativa a un viaggio organizzato due anni prima a spese delle casse pubbliche, per far assistere 33 persone al lancio di un satellite dalla base di Vandenberg in California. Una spedizione durata nove giorni alla quale avevano partecipato, oltre al personale dell’Agenzia, anche militari, politici e congiunti, che aveva già fatto parlare di sé per i costi: un milione centomila euro. Ovvero, più di 30 mila euro a testa. Un conto astronomico, che comprende anche la fattura di una società specializzata nell’«assistenza all’organizzazione di manifestazioni pubbliche», la 9pm srl dell’americano James Victor Pallas, incaricata di studiare la logistica del viaggio: 116 mila euro.
Sulla vicenda erano piovute in Parlamento un paio di interrogazioni. E anche il collegio sindacale dell’Agenzia aveva sollevato il problema, investendo della faccenda la procura della Corte dei conti. Che ora vuole vederci chiaro: dai costi degli alberghi e dei ristoranti fino ai nomi, finora rigorosamente top secret, di chi era stato invitato a partecipare a un evento che non si è nemmeno tenuto. Già, perché per ironia della sorte il lancio del satellite venne anche rimandato.
Ma la grana del viaggio in California, tuttavia, non è nemmeno l’unica, per l’attuale presidente dell’Asi. Amicissimo del senatore pidiellino Maurizio Gasparri, Saggese viene nominato commissario dell’Agenzia dall’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini nel 2008, dopo aver fatto sloggiare senza troppi complimenti il suo predecessore. È l’astrofisico Giovanni Bignami, che era stato collocato lì dal centrosinistra e si candiderà poi senza fortuna alle elezioni europee con il Pd. L’estromissione non gli va giù e un anno dopo accusa: «Il piano spaziale nazionale lo sta scrivendo la Finmeccanica».
Saggese arriva proprio da lì. Quando il governo Berlusconi lo mette a capo dell’Asi, l’ingegnere amico di Gasparri è assistente per lo spazio di Pierfrancesco Guarguaglini. E questo non è forse un dettaglio, considerando che Finmeccanica è uno dei principali destinatari dei fondi statali (più di mezzo miliardo di euro) gestiti dall’Agenzia. Come forse non è un dettaglio che Saggese, fino a qualche anno prima, fosse azionista della Space engineering, azienda che in tre anni ha avuto dall’Asi contratti per qualche milione. Ma, com’è noto, in Italia non si bada a queste piccolezze.
A conferma di ciò, il commissario arriva all’Agenzia spaziale con un plotone di fedelissimi, distaccati dalla Finmeccanica: costano 550 mila euro l’anno. Tuttavia il problema non è tanto il costo, quanto il fatto che a loro spetta il compito di assumere decisioni su iniziative proposte da concorrenti della loro azienda. Ma anche su questo si sorvola. E il 10 settembre del 2009, dopo un anno di commissariamento, Saggese viene nominato presidente di un consiglio di amministrazione nel quale si trova un posto anche per l’immancabile politico trombato alle ultime elezioni perché era troppo indietro nella lista: solo ventesimo. Si chiama Marco Airaghi, è stato deputato di An ed è amico nonché consigliere per le attività aerospaziali del ministro della Difesa Ignazio La Russa che lo ha messo a fare il direttore generale di Agenzia industrie difesa. Come non bastasse, Saggese lo fa pure presidente della società controllata Asitel.
È il 15 luglio del 2011, e proprio in quei giorni si sta svolgendo un maschio confronto, a colpi di letteracce, fra i vertici dell’Agenzia e il ministero dell’Economia. Il motivo? Proprio a ridosso di quel famoso viaggio ha fatto visita all’Agenzia un ispettore mandato dal Ragioniere generale dello Stato Mario Canzio. L’ispezione è stata chiesta dal capo dei revisori dell’Asi, che è uomo della Ragioneria. Nella gestione di Saggese ci sono fatti che non lo convincono, e il rapporto dell’ispettore lo confermano in pieno. Vengono scoperte «irregolarità nell’inquadramento» dei comandati (44 in tre anni), «illegittimità varie in materia di contratti a tempo determinato», consulenze a dir poco discutibili. Qualche caso? C’è un maresciallo della capitaneria che viene nominato dirigente. E un consigliere parlamentare, tale Antonio Menè, distaccato dalla Camera che continua a pagargli uno stipendio da 18 mila euro lordi al mese, e prende dall’Asi, come dirigente, altri 63 mila euro l’anno. Salta poi fuori una consulenza di 15.600 euro affidata alla compagna di uno dei fedelissimi di Saggese, per «il servizio di supporto psicologico al personale dell’ente»: nientemeno. E un incarico da 20 mila euro per un «inutile studio del mercato editoriale», lo definisce l’ispettore. Ma il massimo è la consulenza legale assegnata all’avvocato dello Stato Pierluigi Di Palma, conferitagli nel 2004, dunque prima dell’arrivo di Saggese, ma poi rinnovata ogni anno per sette anni. Di Palma è stato direttore generale dell’Enac ed è vice segretario generale della Difesa, nominato da La Russa: anche sua moglie Sveva Iacovoni, in forza al ministero delle Infrastrutture di Altero Matteoli, è distaccata all’Asi. Il rapporto dell’ispettore, nella parte che lo riguarda, ci lascia senza parole: «In occasione della richiesta da parte dell’ente di pareri su varie problematiche all’avvocatura dello Stato, si è constatato che… l’avvocato, quale consulente dell’ente, formulava la richiesta di parere e, in veste di avvocato dello Stato, rispondeva al quesito da lui stesso prospettato».

da il Corriere della Sera

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