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"Bilanci certificati e trasparenti: il Pd li ha, e gli altri?", di Antonio Misiani *

L’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto il senatore Luigi Lusi, tesoriere nazionale della Margherita, mette in luce con crudezza alcuni nodi politici che vanno affrontati a viso aperto. Prima di parlarne credo che sia necessario chiarire che l’altra sera, nella sua performance, Maurizio Crozza, apprezzato da un vasto pubblico (tra cui il sottoscritto), ha lasciato intendere e detto cose sbagliate. È satira, ma c’è il rischio che per far ridere si incida nelle convinzioni di molte persone. Alcune cose vanno dunque precisate.
Primo: il Partito Democratico e la Margherita sono soggetti del tutto distinti, politicamente, giuridicamente ed economicamente. Il Pd, perciò, non ha alcun titolo per determinare indirizzi e fare controlli sul bilancio della Margherita, il cui presidente (Francesco Rutelli) è peraltro il leader di un’altra formazione politica. I 13 milioni di euro al centro delle indagini della magistratura sono stati sottratti alla Margherita, non al Pd. E il Pd non ha mai girato rimborsi elettorali alla Margherita: gli unici rapporti economici sono il pagamento da parte del Pd della sublocazione della sede di Sant’Andrea delle Fratte e il rimborso di alcune spese di gestione della sede e del personale distaccato.Secondo punto da precisare e ricordare: il bilancio nazionale del Pd, sin dalla nascita nel 2007, è controllato fino all’ultima fattura da una società di revisione indipendente (PriceWaterhouse Coopers, gli stessi che certificano il bilancio della Banca d’Italia). Siamo gli unici a farlo, sulla base di una precisa scelta politica di trasparenza. Terzo: il Pd ha reagito all’indagine che ha coinvolto un suo parlamentare senza alcuna timidezza, seguendo con rigore le regole che ci siamo dati.
Tutto questo, naturalmente, non toglie in alcun modo dal campo i riflessi politici della vicenda, perché il punto di fondo è la necessità di una profonda riforma del sistema dei partiti, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. Uno snodo cruciale della più complessiva riforma della politica, che chiama in causa tutte le forze politiche, Pd compreso.
I rimborsi elettorali, di gran lunga la principale fonte di finanziamento dei bilanci nazionali dei partiti, negli anni più recenti sono stati drasticamente ridimensionati: è stato cancellata la prosecuzione dei rimborsi anche in caso di scioglimento anticipato della legislatura e sono stati ridotti del 30 per cento gli stanziamenti. Nel 2010 i rimborsi elettorali ammontavano a 290 milioni. Nel 2011, con la fine dei rimborsi relativi alle politiche 2006, questa cifra è scesa a 189 milioni. Con la progressiva entrata in vigore dei tagli già decisi le risorse si ridurranno ulteriormente a 143 milioni: è un livello inferiore, in termini pro capite, a quanto viene destinato ai partiti in Germania, Francia e Spagna.
Ciò che invece è rimasto invariato è il sistema dei controlli interni ed esterni sui bilanci dei partiti. Secondo la normativa vigente ogni partito che riceve i rimborsi elettorali deve redigere un rendiconto, che viene esaminato dai revisori dei conti interni. Il rendiconto è trasmesso al Presidente della Camera e un collegio di revisori, nominato d’intesa tra i Presidenti di Camera e Senato, verifica la regolarità formale del rendiconto. I bilanci dei partiti sono pubblicati su due quotidiani e sulla Gazzetta Ufficiale. Punto. È un sistema chiaramente insufficiente, che va radicalmente cambiato guardando alle migliori esperienze europee.
Il Pd ha da tempo detto come la pensa: proponiamo che i rendiconti siano sottoposti obbligatoriamente alla certificazione di organismi esterni, siano essi società di revisione o un’autorità indipendente o la Corte dei Conti. Chi sgarra, deve perdere il diritto ai rimborsi elettorali. I rendiconti dei partiti vanno pubblicati non solo sui giornali ma anche su Internet, a disposizione dei cittadini che hanno il diritto di vedere e capire come i partiti si procurano le risorse e come le spendono.
La trasparenza non è uno slogan, abbiamo scritto nelle pagine Internet in cui abbiamo messo online i conti del Pd. Oggi è una questione vitale, se vogliamo che i partiti riconquistino la fiducia e il rispetto dei cittadini.

*Tesoriere PD

L’Unità 02.02.12

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“Rimborsi, così non va”, di Vannino Chiti

Il tema dei rimborsi elettorali ai partiti non può essere ridotto ad un dibattito sull’opportunità o meno di prevedere il finanziamento pubblico. La Costituzione stabilisce che i partiti svolgano il ruolo di cerniera tra cittadini e istituzioni.
Una funzione indispensabile, senza di essi non c’è la democrazia. Ciò che è importante e urgente fare è una vera riforma del finanziamento. Essere cerniera è il contrario dell’autoreferenzialità, che consente purtroppo anche sbandate affaristiche.
Il senatore Luigi Lusi non fa più parte del gruppo del Partito Democratico al Senato, in virtù del fatto che noi abbiamo delle regole rigide, sulle quali non si transige. Immagino che verranno adottate delle misure coerenti con questa decisione anche a livello di partito. La vicenda Lusi, al di là delle responsabilità sue e di eventuali altre persone – che la magistratura dovrà accertare, rapidamente e bene – ha comunque riportato al centro una necessità per troppo tempo trascurata.
Il sistema del finanziamento ai partiti così non funziona: va cambiato. La normativa negli anni ha subito dei peggioramenti a cui dobbiamo porre subito rimedio: nel luglio 2002 la soglia minima per accedere al rimborso è stata ridotta dal 4% all’1% dei voti ottenuti alle elezioni della Camera, una misura che incoraggia la frammentazione. Inoltre, nel febbraio 2006 si è stabilito che i partiti percepiscano il rimborso elettorale per tutti e cinque gli anni della legislatura, anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere. Questa norma non varrà a partire dalla prossima legislatura, ma tra il 2008 e il 2011 i partiti hanno percepito un doppio finanziamento a causa della fine anticipata della scorsa legislatura. C’è poi un’altro aspetto grave da modificare: non è immaginabile che i rimborsi vengano erogati anche ai partiti che siano nel frattempo scomparsi. Tra il 2006 e il 2011 è avvenuto per Ds, Margherita, Forza Italia e An. È questo che fa perdere credibilità ai partiti e allontana i cittadini dalle istituzioni.
Porre rimedio a questi errori è necessario, ma non basta. Occorre che il finanziamento pubblico ai partiti sia più contenuto e ancorato, in parte, al metodo democratico per la scelta dei candidati alle elezioni e alla presenza – non inferiore a un terzo – di donne tra gli eletti nelle istituzioni. Per assicurare piena trasparenza, deve essere preteso, pena la non erogazione, che il controllo sull’uso di queste risorse destinate ai partiti avvenga con certificazione esterna, ad opera di società di revisione riconosciute. Questa è una misura che il Partito Democratico, unico tra quelli italiani, ha già assunto da tempo. Al tempo stesso è urgente procedere all’obbligo per i gruppi parlamentari di rendere pubblico il loro bilancio.
Se si vuole che la politica dei partiti riprenda credibilità è indispensabile e urgentissimo procedere nella direzione della trasparenza e del rigore. Pensare che sia sufficiente il solo ricambio delle classi dirigenti è una illusione: il distacco dei partiti dai cittadini è drammatico e crescente. Affrontarlo con serietà e determinazione, finché siamo in tempo, è il nostro dovere.

da Europa Quotidiano 02.02.12