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“Stupro, “salta” il carcere si ribellano le donne”, di Chiara Saraceno

Lo stupro di gruppo è un atto particolarmente odioso, che moltiplica la violenza subita dalla donna che ne è vittima. La moltiplica materialmente, aggravando il danno fisico, psicologico, emotivo che infligge. Lo stupro viola l´intimità della donna, il suo senso di integrità e di controllo su di sé.
Quando è più di uno a compierlo l´esperienza di perdita di sé diventa estrema.
Lo stupro di gruppo esplicita anche, enfatizzandola, l´oggettivazione della vittima e del suo corpo, reso puro oggetto delle pulsioni dello stupratore e insieme trofeo di gruppo, documentazione reciproca del proprio potere di maschi, strumento di consolidamento del rapporto di gruppo. Infine, è un atto ancora più vigliacco dello stupro individuale, dato che i singoli usano la forza del gruppo per sopraffare la loro vittima.
È difficile comprendere come la Corte di Cassazione abbia potuto equiparare lo stupro di gruppo allo stupro individuale, con l´argomento che il primo «presenta caratteristiche essenziali non difformi» dal secondo.
Come se si trattasse di tanti atti individuali senza collegamento tra loro, ignorando proprio il contenuto di gruppo dell´atto e le sue conseguenze per la vittima. Eppure, per altri reati, l´essersi organizzati con altri per compierli è un´aggravante che in qualche modo cambia il tipo di reato.
Se il farlo in gruppo è un´aggravante quando si distruggono cose e si aggrediscono (non sessualmente) persone, o si partecipa a forme di protesta non autorizzate, perché se si stupra una donna invece diviene irrilevante?
Perché uno stupro è solo uno stupro, a prescindere che a compierlo sia uno solo, due o, perché no, cinquanta, dato che l´atto materiale è compiuto sempre da uno per volta? Si può discutere di carcerazione preventiva e di forme di custodia cautelare alternative. Ma in questione qui è l´equiparazione di due reati, gravissimi entrambi ma non identici né nelle motivazioni né nelle conseguenze, dal punto di vista della vittima, ma anche di chi li compie.
La pronuncia della Corte riguarda solo le misure di custodia cautelari. Ma non è difficile ipotizzare che gli avvocati difensori degli stupratori la utilizzeranno in sede di giudizio, per alleggerire la posizione dei loro clienti.
Non è la prima volta, purtroppo, che la terza sezione della Corte di Cassazione sottovaluta la violenza sulle donne. Rimane indimenticabile la sentenza del 1999 che dichiarò l´insussistenza dello stupro, perché incompatibile con il fatto che la vittima indossava i jeans. Anche se successivamente, in un altro caso, la stessa Corte corresse il tiro, probabilmente resa più avvertita dalle proteste seguite a quella ridicola sentenza.
Il fatto che ripetutamente incorra in questo tipo di infortuni valutativi induce al sospetto che molti giudici della Corte non considerino poi così grave lo stupro, individuale o di gruppo che sia, e siano disposti a concedere molte attenuanti agli stupratori.

La Repubblica 03.02.12

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“No al carcere obbligatorio per gli stupri di gruppo” è bufera sulla Cassazione, di Elsa Vinci

La Corte: possibili misure cautelari alternative. Insorgono le donne. In Parlamento sdegno bipartisan Un replay del caso jeans, indumento “istigatore”. Stupro di gruppo, «il carcere non è più obbligatorio». Da oggi il giudice può concedere i domiciliari, applicare o mantenere misure alternative alla custodia in cella a coloro sono accusati di violenza sessuale. La Cassazione, con una interpretazione estensiva di una sentenza della Consulta del 2010, ha inviato al massimario, dunque a far giurisprudenza, una pronuncia che fa discutere. La prima di questo tenore dopo l´ondata di sdegno e d´emozione che nel 2009 accompagnò lo stupro della Caffarella a Roma e la conseguente modifica di legge. Adesso, afferma la Suprema Corte, sul carcere si dovrà valutare caso per caso.
Fu la violenza su una ragazzina di soli 13 anni a provocare il decreto, poi convertito, che rese obbligatorie le sbarre agli aguzzini. Solitari o in branco. Decine e decine di giovani e di uomini per quella legge furono riportati in cella. Ogni ricorso davanti al giudice ordinario da allora è stato bollato come «inammissibile». Tutti dentro, senza scuse. Ma non senza polemiche.
Nel 2010 un giovane accusato di stupro si è rivolto alla Consulta, contestando proprio la norma sul carcere obbligatorio. L´Alta Corte ha ritenuto il punto in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione, dicendo sì alle alternative sulla custodia in cella. Ma solo «nell´ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure».
Invocando questa sentenza, l´avvocato Lucio Marziale solo pochi mesi fa non è riuscito a convincere il Tribunale del Riesame di Roma a non mettere “dentro” due giovani accusati di violenza sessuale su una sedicenne. Lo stupro è avvenuto l´estate scorsa nel Frusinate, nelle campagne di Sora. Così si è arrivati in Cassazione.
La terza sezione penale ha stabilito che «i principi affermati dalla Corte Costituzionale nel 2010 appaiono potenzialmente riferibili» alla vicenda in questione. E unica interpretazione compatibile con i principi della Consulta «è quella che estende la possibilità per il giudice di applicare misure diverse dalla custodia carceraria» per la violenza sessuale di gruppo. La decisione del tribunale di Roma è stata annullata con rinvio, e ora il Riesame dovrà pronunciarsi sulla “libertà” dei due giovani. «La Cassazione – spiega l´avvocato Marziale – ha restituito al giudice la possibilità di valutare caso per caso». Dunque il carcere non sarà più obbligatorio per i reati sessuali, dallo stupro alla pacca sul sedere data con insistenza che, come è noto, rientra per giurisprudenza di Cassazione tra quelli puniti come violenza.
«Niente carcere per gli stupratori?». In Parlamento lo sdegno è bipartisan. Il pensiero va alla famosa sentenza sui jeans, indumento «istigatore». «Impossibile da condividere», afferma l´ex ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna. Sentenza «lacerante», dice Barbara Pollastrini del Pd. «Un passo indietro», ammonisce “Telefono Rosa”. «Aumenteranno i silenzi delle vittime», sottolinea la democratica Donata Lenzi. Ombretta Colli, vicepresidente del Pdl a Palazzo Madama, invita le parlamentari di qualunque schieramento a «correggere», con un «tempestivo» intervento delle Camere, la Corte di Cassazione.

La Repubblica 03.02.12