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«È scandaloso. Questi fondi siano restituiti allo Stato», intervista a Pierluigi Castagnetti di Natalia Lombardo

Il parlamentare del Pd sollevò dubbi nel 2009 «Va recuperata la fiducia nella politica affrontando i nodi: articolo 49 della Carta e legge elettorale»

Sconvolgente, è una vicenda di una gravità inaudita. L’ho detto a Rutelli: i fondi devono essere restituiti tutti e devono tornare allo Stato. Ma dobbiamo sciogliere alcuni nodi, per ridare legittimità ai partiti: attuare l’articolo 49 della Costituzione e cambiare legge elettorale». Pierluigi Castagnetti, Pd, presidente della Giunta per le autorizzazioni della Camera, è stato l’ultimo segretario del Ppi e l’ha traghettato nella Margherita.
Lei pensa che il cosiddetto «tesoretto di Lusi» fosse destinato a finanziare un altro partito o correnti?
«Non abbiamo elementi, e quando siamo di fronte a reati di tale gravità non si può giudicare senza elementi. Questa vicenda è gravissima, è la prima volta che un tesoriere si appropria dei soldi di un partito. E così tanti, 13 milioni fatti fuori, inimmaginabile. Io penso che Lusi in questi anni abbia usato la sua posizione di potere per elargire qualche finanziamento per delle attività politiche»
Di chi? Dell’Api o di altri?
«Non lo so, sono solo sospetti. Se ci sono delle fatture per sale affittate per convegni o a tipografie per manifesti, la cosa è grave, ma non è un reato. Se invece è appropriazione indebita è un reato molto grave».
Francesco Rutelli si è sentito «fregato». Secondo lei davvero non sapeva nulla?
«La reazione di Rutelli è di chi mostra di non voler transigere, non rivela delle complicità. A Rutelli ho detto subito che credo sia giusto recuperare tutte le risorse sottratte e che vadano restituite allo Stato, al netto delle spese onorate».
Lei aveva già espresso dei dubbi sul bilancio del 2009. E poi?
«Nell’assemblea del 2010 sul bilancio consultivo del 2009, alla quale non era presente quasi nessun dirigente, avevo detto che le voci sarebbero dovute essere più dettagliate. Non capivo certe spese per manifesti, o di rappresentanza, o per iniziative politiche in un momento in cui la Margherita non ne faceva. Mi è stato risposto che bastavano queste indicazioni. Non mi bastarono, votai contro».
Che conseguenze ci saranno sul Pd?
«Ci saranno ricadute sulla politica italiana già delegittimata e travolta dall’ondata dell’antipolitica. Sono venuti al pettine tutti i nodi, da noi sottovalutati: lo status di parlamentare definito solo la settimana scorsa; l’articolo 49 della Costituzione, perché i partiti siano una “casa di vetro», lo statuto sul quale le proposte di legge, due mie, sono bloccate in Parlamento; la legge elettorale. Approfittiamo del tempo del governo Monti per risolverli e recuperare la fiducia dei cittadini. Perché se cresce la convinzione che sia meglio fare a meno della politica, si finirà per andare avanti senza democrazia».
La sua proposta di legge cosa prevede?
«Di dare personalità giuridica ai partiti e ancorare il finanziamento al controllo della democrazia interna. Ma con Bersani abbiamo presentato una pdl più ricca: istituisce il controllo della Corte dei Conti sui bilanci annuali dei partiti relativi alle spese elettorali. E se i controlli sono negativi il partito cessa di ricevere finanziamenti pubblici, rimborsi o agevolazioni. La vicenda della Margherita impone che i bilanci dei partiti siano certificati da agenzie esterne, e il Pd già lo fa,ma serve anche il controllo dello Stato sui finanziamenti pubblici. E perché questo avvenga deve cambiare la natura giuridica dei partiti, ora associazioni di fatto, private.

da L’unità

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«Per gli “esperti” spesi nel 2010 un milione e 600 mila euro, il doppio di due anni prima», di Carlo Bonini

Il partito “estinto” spendeva più del Pd maxi uscite per consulenze e sito Internet. Due allarmi a vuoto. Castagnetti: lite col tesoriere che negava spiegazioni. Arturo Parisi denuncia: “Chiesi inutilmente dettagli su alcune voci di bilancio”

ROMA – Come un mantra, Francesco Rutelli continua a ripetere che «non poteva sapere» cosa combinava il suo tesoriere con i bilanci della Margherita. Perché lui «non è un ragioniere» e quell´uomo, Luigi Lusi, «godeva di una stima generale e incondizionata» e «mai erano emersi anche solo indizi di una qualche irregolarità». Sarà. E´ un fatto che, ora, almeno due testimoni, Arturo Parisi e Pierluigi Castagnetti, raccontano un´altra storia. Utile a rileggere ancora una volta le voci più significative dei bilanci di esercizio del partito per gli anni 2008, 2009, 2010. A provare che in almeno due circostanze, nel giugno del 2010 e nel giugno del 2011, Lusi fu a un passo dall´essere smascherato e trovò protezione politica nei maggiorenti di un partito che non esisteva più.
2011, “la menzogna su Franceschini”
Ha racconto ieri ai pm Arturo Parisi: «Durante l´assemblea federale del 20 giugno 2011 al Nazareno per l´approvazione del bilancio di esercizio 2010, chiesi conto al tesoriere di come giustificava i 3 milioni e 800 mila euro di spese per propaganda politica, visto che il partito aveva cessato di esistere tre anni prima. Lusi mi rispose che con quei soldi era stata finanziata la campagna per le primarie nel Pd di Franceschini, candidato che proveniva dalla Margherita. Io obiettai che il tetto di spesa fissato dallo statuto era di 250 mila euro e chiesi ulteriori spiegazioni, che non ricevetti. Tanto che decisi di allontanarmi dall´assemblea e non partecipai al voto». Ma c´è di più: «Venni poi a sapere da Franceschini che quella spiegazione fornita da Lusi era un falso. Che lui, quei soldi, non li aveva ricevuti».
Nell´estate del 2011, dunque, Lusi mente. E – ricorda ancora Parisi – giustifica quella incongrua voce di spesa promettendo di fornire documenti che la giustifichino. Documenti che non solo non produrrà mai, ma che nessuno di quanti ne avevano titolo, Francesco Rutelli (ex segretario politico), Enzo Bianco (presidente dell´assemblea federale), Giuseppe Bocci (presidente del comitato di tesoreria), gli solleciterà mai.
2010, la lite con Castagnetti
Cambia ora la scena. Il luogo è sempre lo stesso (l´assemblea federale riunita al Nazareno per l´approvazione del bilancio), la data è precedente di un anno esatto, giugno 2010. Questa volta c´è da votare il rendiconto per l´esercizio 2009 e a mangiare la foglia è Pierluigi Castagnetti. Che così ricorda con “Repubblica” quella riunione: «Saremmo stati non più di una ventina. Tanto che posi prima un problema di numero legale e quindi di sostanza. La voce di spesa per la propaganda ammontava a poco meno di 7 milioni di euro. Un´enormità per un partito che non c´era più. Chiesi a Lusi di dettagliare quella voce e lui si inalberò. Mi disse che era nell´impossibilità di fornire quei dati. Io risposi che la sua risposta era inconcepibile. Ed avemmo un alterco importante. Annunciai allora il mio voto contrario sul bilancio. Cosa che feci, anche se ricordo che Bianco provò insistentemente e fino all´ultimo a convincermi di non farlo».
La Margherita spende più del Pd
In un´Assemblea federale che dorme da piedi, dunque, chi dimostra di tenere gli occhi aperti viene o allontanato (Parisi) o blandito (senza successo) per essere ricondotto a più miti consigli (Castagnetti). Eppure, non ci vuole un «ragioniere» per accorgersi che nel triennio 2008-2010 almeno quattro significative voci di spesa del partito che non c´è più (vedi la tabella pubblicata in questa pagina) si muovono come sulle montagne russe e in modo assolutamente incongruo. Il costo del “sito internet”, tanto per dire, passa dagli 86 mila euro del 2009, ai 533 mila del 2010. Ma quel che è incredibile è che – sempre nel 2010 – la dissolta Margherita spende in “consulenze” 1 milione e 600 mila euro. Duecentomila euro in più di quanto spende, in quello stesso anno il Pd, come risulta dal suo rendiconto finanziario ufficiale. Dunque?
La nascita deLL´APi
C´è una coincidenza temporale che può forse aiutare a comprendere il potere assoluto e libero da controlli sostanziali che Lusi esercitava sulla cassa di un partito dissolto, e la forza di ricatto politico che gliene derivava. Nel 2009, Rutelli fonda l´Api. Un partito senza cassa (non è ammesso ai rimborsi elettorali), ma assai generoso nell´organizzazione delle sue manifestazioni pubbliche. A cominciare dagli happening in quel di Labro. Lusi aprì forse i cordoni della borsa? E se si, in che misura? E se lo fece, è questo che lo convinse che quel denaro che amministrava era diventata anche “roba” sua?

da Repubblica 4.2.12

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