attualità, lavoro, politica italiana

I sindacati insistono:«La riforma non si fa senza risorse nuove», di Luigina venturelli

I tempi narrativi e gli interrogativi lasciati in sospeso potrebbero essere quelli di una sceneggiatura cinematografica. Il dibattito preliminare alla riforma del mercato del lavoro continua a caricarsi di suspence: si concluderà, accordo o meno, con una modifica anche dell’articolo 18? L’esecutivo ne parla, con alterne fortune ed accenni più o meno espliciti, da settimane. Ed ogni volta, di fronte alla reazione compatta e furibonda dei sindacati, il tema viene temporaneamente archiviato. Ma non definitivamente.
IL FANTASMA DELL’ARTICOLO 18 Complici, soprattutto, le pressioni di Confindustria per l’abolizione della norma simbolo dello Statuto dei lavoratori. Anche ieri la presidente uscente Emma Marcegaglia, al termine di un lungo incontro informale con il ministro del Welfare Elsa Fornero, ha puntualizzato di aver parlato «non solo di articolo 18, ma anche di quello». Smentendo così le dichiarazioni opposte dei tre leader confederali, che ritengono impropria una discussione sulla facilità di licenziamento in questo momento di emergenza occupazionale. Il dubbio non viene sciolto nemmeno dal tavolo tecnico permanente deciso da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria per dare un contributo tecnico al governo in vista della riforma del mercato del lavoro. Ieri pomeriggio la prima riunione delle parti sociali (la successiva, causa allarmismo maltempo, è prevista per lunedì) per discutere – ha riferito ancora la presidente degli industriali – di «apprendistato, contratto di inserimento, quella che il ministro chiama la cattiva flessibilità in entrata, riforma degli ammortizzatori sociali, ed anche di articolo 18». Ma, su quest’ultimo punto, i rappresentanti sindacali al tavolo hanno mantenuto la consegna del silenzio. Ne hanno parlato, invece, i tre leader confederali, ieri in piazza del pantheon a Roma per un presidio unitario sulla riforma previdenziale (resta ancora da sciogliere, infatti, il nodo delle oltre 60mila persone “esodate o mobilitate” che in seguito alla riforma Fornero rischiano di restare per anni senza uno stipendio e senza pensione). Innanzitutto per smentire le indiscrezioni di stampa su un possibile scambio tra i sindacati e il governo, per ottenere qualcosa sulle pensioni al prezzo di una posizione più morbida sui licenziamenti senza giusta causa: «L’art.18 è una norma di civiltà. E su questo non c’è nessuna possibilità di ragionare» ha chiarito la segretaria della Cgil, Susanna Camusso.
IL NODO DEGLI AMMORTIZZATORI Ma c’è un altro argomento su cui la trattativa tra parti sociali e Palazzo Chigi rischia di farsi più difficile del previsto: quello degli ammortizzatori sociali o, meglio, delle risorse messe a disposizione per la loro riforma, che i sindacati vorrebbero estensiva, per dotare di coperture di welfare anche i lavoratori che ne sono privi. Il ministro Fornero ha già messo le mani avanti, definendo «drammatici » i vincoli d bilancio esistenti.Ma non ci sta la leader di Corso Italia: «Non si può fare senza soldi. Non la possono pagare i lavoratori e non si possono caricare le imprese». Sugli stessi toni il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, «fiducioso» sulla possibilità di trovare un accordo sulla riforma del lavoro con le imprese «se gli imprenditori sono in buona fede e – riferendosi all’articolo 18 – se non vogliono un trofeo». Prova ne sia l’intesa già trovata con le associazioni datoriali sugli ammortizzatori. Ovviamente, per «mantenere quelli che ci sono» e, soprattutto, per «rafforzarli». Anche per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, sono necessarie «nuove risorse». In tal senso «la dichiarazione del ministro Fornero sul fatto che non ci sono soldi non è incoraggiante». Rischia, piuttosto, di inasprire il dibattito complessivo: «Non vorremmo che l’unica riforma sia quella che fa aumentare coloro che perdono il posto di lavoro, rendendo più facili i licenziamenti ».

L’Unità 10.02.12