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"Se i cinesi ammirano l'università italiana", di Maria Chiara Carozza*

L’intervistatrice di un giornale cinese nella megalopoli di Chongqing, dove mi trovavo,mi ha posto pochi giorni questa domanda: perché molti giovani cinesi vengono volentieri a studiare a Pisa, nonostante la grave crisi economica che ha colpito Italia ed Europa? A questa domanda ho risposto con quella che mi sembra un’elementare verità: l’istruzione universitaria italiana, checché se ne obbietti da destra e da sinistra, ha un rapporto fra costo e qualità ancora assai buono. Si può diventare medico o ingegnere in una Università pubblica, e sottolineo pubblica, con una preparazione competitiva a livello internazionale, senza sostenere costi elevati come in altri Paesi, che hanno di fatto scelto la strada della sostenibilità attraverso l’innalzamento incontrollato delle tasse universitarie. Questa è la sostanziale differenza fra un’impostazione che punta all’equità e alle pari opportunità piuttosto che al prevalente interesse di singoli individui o di particolari élites. Certo, la nostra Università ha bisogno di una vera modernizzazione, ma partendo da queste basi, non distruggendole. Intanto, si pone il problema dei costi. È necessario alzare le tasse? Ma gli studenti universitari non sono «clienti», bensì cittadini in formazione per inserirsi nel sistema produttivo e culturale. Dunque, piuttosto che l’innalzamento indiscriminato del prezzo dell’istruzione, serve avviare una politica fiscale equa che consenta una tassazione progressiva equilibrata. Valore legale del titolo di studio? Questione importante e forse giusta, ma in sé mal posta, che non entra mai nel merito delle singole professionalità e destinazioni. Mal posta come molte altre che prescindono da una visione generale del sistema universitario e della ricerca: non esiste il singolo provvedimento risolutivo, anzi c’è il rischio di ritocchi apparentemente innovativi, ma che possono dar luogo a fenomeni di instabilità o desertificazione. Aumento delle tasse più abolizione valore legale? Cioè affidamento al cosiddetto mercato della esistenza stessa e della distribuzione sul territorio delle Università e dei centri di ricerca?O non è necessario, tanto più in fase di evoluzione in senso federalista, un disegno di coesione sociale e di sviluppo territoriale equilibrato nell’interesse nazionale, dal quale far conseguire provvedimenti mirati di razionalizzazione, ricambio generazionale, investimenti in aree e settori strategici? Anche in campo universitario i provvedimenti tecnici devono ispirarsi alle scelte politiche. La tecnica può essere utilizzata quando si deve fare la «spending review», ma quandosi deve programmare la crescita non si può fare a meno della politica.

*Rettore Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
L’Unità 21.03.12