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“Ambrosoli “sgradito” al ricordo del padre” di Michele Brambilla

Al bon ton della politica mancava questo: invitare il figlio di una vittima della mafia a non partecipare alla commemorazione del padre. Lacuna colmata ieri mattina dalla Regione Lombardia, che ha rivolto un gentile «lei è meglio che non si faccia vedere» a Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio, il commissario liquidatore della Banca Privata Italiana ucciso l’11 luglio 1979 su ordine di Michele Sindona.

Chi ha avuto lo stomaco di arrivare a tanto? Ai vertici della Regione Lombardia tutti tacciono, almeno formalmente: informalmente, è partito un rimpallarsi di responsabilità fra presidenza del consiglio (il leghista Boni) e presidenza della giunta (Formigoni). Ma stiamo ai fatti.

Ieri era la prima «Giornata regionale dell’impegno contro le mafie in ricordo delle vittime». Programma: proiezione al Pirellone, a trecento ragazzi delle scuole lombarde, del film «Un eroe borghese», dedicato appunto a Giorgio Ambrosoli. C’era l’ex giudice Giuliano Turone, c’era l’assessore regionale Giulio Boscagli che ha portato il saluto di Formigoni, c’era Francesca Ambrosoli figlia di Giorgio. Ma non c’era Umberto, il figlio. Come mai?

Secondo l’associazione Saveria Antiochia Omicron, che collabora con la Regione per questa giornata contro la mafia, Umberto Ambrosoli è vittima di una ritorsione. Il sito dell’associazione, http://www.centrostudisao.org/, esprime «indignazione perché l’ufficio di presidenza della Regione ha rifiutato la partecipazione di Umberto Ambrosoli, a causa delle sue dichiarazioni a Repubblica sulla necessità di azzerare la giunta». Qualche giorno fa infatti Umberto Ambrosoli aveva rilasciato un’intervista sulla raffica di scandali e di inchieste giudiziarie che ha investito il Pirellone, sostenendo fra l’altro che Formigoni farebbe meglio ad «azzerare la giunta».

Sta di fatto che ieri Umberto Ambrosoli avrebbe dovuto parlare ai ragazzi e invece non c’era. Jole Garruti, direttrice di Saveria Aniochia Omicron, la racconta così: «Lunedì mattina Carlo Borghetti, consigliere regionale del Pd, mi ha detto che l’ufficio di presidenza del consiglio non gradiva la presenza del figlio. Ho chiamato allora un altro consigliere regionale, il leghista Massimiliano Romeo, e ho avuto conferma del “non gradimento”. Gli ho risposto che mi sembrava assurdo, e lui mi ha assicurato che avrebbe fatto presente il problema all’ufficio di presidenza. Morale: nel pomeriggio mi arriva il programma definitivo e il nome di Umberto Ambrosoli non c’è». Una censura, sostiene la direttrice, provocata proprio dall’intervista a Repubblica.

È così? Massimiliano Romeo dà una versione un po’ diversa: «È vero che, parlando con Jole Garruti, ho detto che l’intervista di Umberto Ambrosoli era stata sgradevole, e che certe cose se le poteva risparmiare. Ho detto che eravamo un po’ contrariati. Ma non mi sono mai sognato di dire che c’era un veto dell’ufficio di presidenza. Ieri è venuta la sorella, Francesca, ed è stata accolta benissimo». Sorella che però non aveva rilasciato interviste sul Pirellone. «Sarebbe stato accolto allo stesso modo anche il fratello», assicura Romeo, che parla di «polemica politica pretestuosa». Jole Garruti in serata ha commentato lo scaricabarile parlando sul suo sito di «mistero su chi non ha voluto che ci fosse Umberto Ambrosoli, visto che l’ufficio di presidenza nega tale responsabilità».

E lui, Umberto Ambrosoli? Non getta benzina sul fuoco: «È un episodio spiacevole, sul quale bisogna però evitare le polemiche. Prevale il fatto che tanti ragazzi hanno avuto modo di vedere il film». L’unica lezione di bon ton viene da lui, «lo sgradito».

La Stampa 21.03.12