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Bersani a Monti: pretendo lealtà «Prendere o lasciare? Non ci sto», di Simone Collini

Bersani vuole modifiche sui licenziamenti per motivi economici. Colloquio con Monti, restano le tensioni. «Il Pd è il partito più leale col governo, pretendo lealtà. Inaccettabile il prendere o lasciare». «Ecco un titolo onesto». Pier Luigi Bersani ha davanti la prima pagina del “Sole 24 Ore”. Indica il titolo d’apertura: «Articolo 18, addio per tutti. No Cgil». E sotto: «La regola generale diventa l’indennizzo». Il leader del Pd scuote la testa. «Noi siamo il partito più leale e più coraggioso con il governo Monti, e per questo pretendo lealtà». La notte appena trascorsa è stata tutt’altro che tranquilla. I dubbi su perché l’esecutivo abbia scelto di chiudere sulla riforma del lavoro senza aver trovato un accordo con tutte le parti sociali non sono dissipati dopo una discussione telefonica con il presidente del Consiglio. Anzi.
La scorsa settimana, al vertice a Palazzo Chigi con anche Alfano e Casini, Bersani aveva avuto da Monti l’assicurazione che il governo avrebbe ricercato non «una rottura da offrire ai mercati» ma in tutti i modi e fino all’ultimo l’intesa. «Così non è stato». E sul tavolo ora c’è un testo fortemente discusso, soprattutto nella parte sull’articolo 18 e i licenziamenti per motivi economici. «È inaccettabile mettermi di fronte a un prendere o lasciare», si sfoga Bersani nei colloqui che ha nel corso della giornata. «Se così fosse si aprirebbe un problema molto serio». Sarà un caso ma per la prima volta da quando Monti è in carica, il leader del Pd non mette in chiaro di fronte ai suoi interlocutori che il suo partito garantirà in ogni caso il sostegno all’esecutivo. «Aspettiamo di sentire il governo, poi valuteremo e diremo la nostra». Una formulazione che in serata, nel corso di “Porta a porta”, si modifica di poco: «Monti non può dire al Pd prendere o lasciare. Voteremo quando saremo convinti».
Il forum Lavoro del Pd ieri si è riunito e già si stanno studiando gli emendamenti da presentare in Parlamento. A cominciare da una norma che preveda il ricorso al giudice per decidere tra reintegro o indennizzo non solo per i licenziamenti discriminatori ma anche per quelli giustificati con motivi economici (per i quali il governo propone il solo indennizzo). «Noi non siamo per creare problemi, siamo per creare soluzioni», dice Bersani. Che in serata in tv annuncia che« il Pd si prende l’impegno di correggere» la parte sui licenziamenti economici e non accetterà il ricorso al decreto legge («non esiste in natura su una materia come questa»).
MODELLO TEDESCO, NON AMERICANO
Bersani vede aspetti positivi nella riforma «ma anche cose che vanno cambiate», e punta tutto sul fatto che in Parlamento le norme che di fatto decreterebbero l’addio all’articolo 18 saranno modificate. «La scelta di fondo è tra il modello americano e quello tedesco», fa notare il leader del Pd. Nel testo presentato da Monti e Fornero alle parti sociali si guarda più al di là dell’Atlantico (o del Pacifico, ironizzano amaramente al Nazareno facendo notare che si rischia il modello di lavoro cinese). «L’addio per tutti al reintegro è una regola non adatta al nostro paese. In Europa il modello migliore è il tedesco». In Germania la decisione è affidata al giudice. Una soluzione che era stata proposta anche dalla Cisl. E quando in Parlamento il Pd presenterà emendamenti che puntano al modello tedesco, è il ragionamento che si fa in queste ore al Nazareno, ai voti democratici si aggiungeranno sicuramente quelli dell’Idv e della Lega, in stabile opposizione a Monti, ma anche del Terzo polo, visto che anche Raffaele Bonanni ha detto che «se il Parlamento ci dà una mano a migliorare il compromesso sull’articolo 18 ben venga».
La cautela però è d’obbligo, in queste ore. Parlando a piazza Montecitorio di fronte al presidente della Regione, ai sindaci e ai presidenti di Provincia delle zone terremotate delle Marche, Bersani insiste sul fatto che «nell’emergenza così come nella crisi, solo con la solidarietà e la coesione si può andare avanti». Parole tutt’altro che casuali. E risponde così ai giornalisti che gli chiedono un commento sulla riforma del lavoro: «Parlo stasera dell’accordo dice facendo riferimento alla puntata di “Porta a porta” se di accordo si può parlare». Un sorriso amaro, che scompare quando poco dopo in Trasatlantico si sfoga con Cesare Damiano: «Chiediamo un passo avanti, deve sparire la distinzione procedurale tra licenziamenti disciplinari ed economici. Lasciamo che sia il giudice a decidere, in entrambi i casi. Se devo concludere la vita dando via libera alla monetizzazione del lavoro, non lo faccio. Per me è una roba inconcepibile». Dice a sera in tv: «Quando non so come decidere mi ispiro a una frase di Berlinguer, essere fedeli agli ideali della propria gioventù. I diritti del lavoro vanno modernizzati, ma devono restare in piedi».

L’Unità 22.03.12

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