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“Il consenso per l’esecutivo cala al 44%. La riforma non piace a due italiani su tre” di Renato Mannheimer

Il progetto di riforma del mercato del lavoro varato dal governo potrebbe, nelle prossime settimane, causare significative fratture nel quadro politico. Infatti, il provvedimento ha già provocato un calo sensibile nel tasso di approvazione espresso dai cittadini nei confronti dell’azione dell’esecutivo. Dal 50-60% di consenso rilevato sino agli inizi di marzo, la percentuale di giudizi positivi verso il governo è bruscamente scesa al 44%. Ciò significa che, in questo momento, la maggioranza, seppur lieve (54%), della popolazione esprime una insoddisfazione verso l’operato dell’esecutivo. Potrebbe trattarsi di una reazione d’impulso — forse momentanea e destinata a rientrare — agli ultimi provvedimenti (che, come vedremo tra breve, non incontrano l’approvazione della popolazione), ma potrebbe rappresentare anche il segnale d’inizio di un trend negativo nel consenso per il governo. Il calo di fiducia ha riguardato prevalentemente gli operai e i lavoratori dipendenti di livello medio-basso, ma anche studenti, pensionati e casalinghe. Viceversa imprenditori, liberi professionisti, ma anche impiegati e quadri, specie se possessori di un titolo di studio elevato, hanno mantenuto immutata la loro fiducia per il governo. Dal punto di vista dell’orientamento politico, si è verificato un vero e proprio crollo di consensi (-32%) nell’elettorato della Lega Nord che, fino a ieri, esprimeva, malgrado tutto, nella sua maggioranza, una tiepida approvazione verso l’azione dell’esecutivo. Ancora, come era forse prevedibile, un notevole decremento di approvazione (-17%) si manifesta tra i votanti per il Pd (la cui maggioranza continua però a sostenere il governo) e, seppure in misura minore (-10%), tra quelli del Pdl (ove la gran parte oggi è ostile all’esecutivo). Persino tra l’elettorato dell’Udc — che, tradizionalmente, ha sin qui appoggiato più decisamente il governo — si registra una diminuzione di fiducia (-9%).
Come si è detto, questo trend è legato alla insoddisfazione della maggioranza degli italiani verso le decisioni assunte riguardo al mercato del lavoro e, in particolare, riguardo alla riforma dell’articolo 18. Più del 40% della popolazione dichiara di avere seguito bene la vicenda, mentre un altro 46% l’ha seguita con attenzione minore. Solo il 14% si dichiara all’oscuro della questione. A fronte di questo diffuso interesse, il giudizio sulle decisioni dell’esecutivo è negativo per più di due italiani su tre (67%). Le criticità maggiori si rilevano al Sud e tra gli operai, mentre tra imprenditori e liberi professionisti prevale l’accordo sul progetto di riforma. La valutazione negativa risulta maggioritaria nell’elettorato di tutte le forze politiche con una ovvia accentuazione nei partiti di opposizione: ma essa si riscontra anche tra i votanti per il Pdl (58% di insoddisfatti) e il Pd (67% di giudizi negativi). Naturalmente, i motivi di dissenso sono diversi, talvolta opposti. Gran parte dei votanti per il Pdl rimproverano al governo una insufficiente tenacia, mentre l’elettorato del Pd conferma la già nota ostilità alla revisione dell’articolo 18. Oltre al contenuto, viene comunque criticato anche il metodo seguito dal governo, ritenuto, ancora una volta da quasi due italiani su tre (63%) «troppo decisionista».
Questa situazione comporta problemi rilevanti per entrambi i partiti maggiori, che debbono necessariamente risolvere la contraddizione tra la necessità di proseguire con l’appoggio all’esecutivo e la prevalenza, nel proprio elettorato, di un orientamento contrario alle ultime decisioni di Monti e della sua compagine. I dilemmi probabilmente maggiori si manifestano nel Pd, ove il segretario Bersani vede da un verso accolte dall’esecutivo molte proposte di merito avanzate in passato dallo stesso Pd e dall’altro non può non tener conto di una base per più di due terzi ostile al provvedimento sul mercato del lavoro. È probabilmente anche questo stato di cose ad avere suggerito al segretario del Pd la recente accentuazione delle posizioni critiche, espresse ad esempio nell’ultima sua partecipazione a Porta a Porta, verso le decisioni del governo.
Ma, soprattutto, tutto ciò indebolisce l’immagine dell’esecutivo nell’opinione pubblica che, di colpo, si trasforma da positiva in negativa. È vero che la compagine guidata da Monti, per sua natura, prescinde dall’appoggio della maggioranza della popolazione, ma è vero anche che quest’ultimo rappresenta in ogni caso un elemento di stabilità di grande rilievo. La cui assenza può avere conseguenze oggi imprevedibili. Ma, naturalmente, è possibile che, acquietatasi, anche grazie ai tempi della discussione parlamentare, la polemica sull’articolo 18, il governo riprenda il consenso oggi attenuato.

Il Corriere della Sera 25.03.12

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