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"Una legge anticorruzione e una per il territorio", di Andrea Scarchilli

Il ministro della giustizia Paola Severino è in questi giorni impegnata nella stesura degli emendamenti governativi al disegno di legge che ha l’obiettivo di costituire un argine contro la corruzione. Negli ultimi mesi, la questione è balzata all’attenzione dell’opinione pubblica per una serie di inchieste giudiziarie che sembrano aver aperto uno squarcio su modalità di amministrazione della cosa pubblica per molti versi affini a quelle scoperchiate da Tangentopoli. L’iniziativa del governo, necessaria, va tuttavia rafforzata sin dalle premesse.
Infatti una caratteristica ulteriore delle ultime inchieste, da Bari a Milano, è l’evidenziata disinvoltura con la quale viene gestito il territorio delle nostre città dalla politica. I piani urbanistici, che dovrebbero essere garanzia di una corretta ed equa organizzazione del territorio, nonché ispirati innanzitutto dalle esigenze di fruizione degli spazi pubblici (come i parchi e le piazze serviti da una sistema di mobilità efficiente) da parte dei cittadini, diventano strumenti opachi e continuamente rivisti in peggio (le famigerate varianti) per permettere all’ente di far cassa attraverso i permessi di costruire o, in alcuni casi, per alimentare il malaffare.
È una questione la cui urgenza e la necessità di porvi degli antidoti non sono forse ancora abbastanza presenti alla classe politica e all’opinione pubblica. Se infatti la corruzione in generale è un cancro perché calpesta la legalità e distorce il principio economico della concorrenza, quando essa a che fare con il territorio si aggrava del danno inferto a un bene pubblico, e quindi a tutti noi.
Una possibile strada per cominciare a prendere di petto il problema potrebbe essere la promessa del ministro dei beni culturali, Lorenzo Ornaghi, di farsi promotore di una legge urbanistica nazionale. Ornaghi ha definito la legge in vigore (risale al 1942) obsoleta. Una legge non risolverebbe i problemi in un colpo solo, però potrebbe costituire il quadro in cui cominciare a lavorare per la tutela e la valorizzazione di un bene così importante come il territorio, troppo spesso maltrattato in un paese come l’Italia le cui bellezze territoriali e paesaggistiche dovrebbero invece essere preservate al massimo grado.
Una legge nazionale innovativa dovrà finalmente stabilire trasparenza e procedure di controllo dei cittadini sulle decisioni che riguardano il loro territorio, in primo luogo la stesura dei piani urbanistici. Dovrà inoltre mettere in primo piano l’interesse pubblico nei rapporti tra enti e privati che stanno alla base della costruzione di nuove opere e insediamenti nelle nostre città e nelle nostre campagne: quasi sempre le tasse dovute dai costruttori vengono utilizzate dai comuni per fare cassa, invece di essere impiegate per i necessari servizi di sviluppo della città pubblica.
Infine, una legge innovativa dovrebbe porre un argine concreto al consumo di suolo, vera piaga del nostro paese. È stato calcolato che ogni anno, il territorio di quattro regioni (nel caso la Lombardia, l’Emilia-Romagna, il Friuli Venezia-Giulia e la Sardegna) viene cementificato per una superficie grande due volte la città di Brescia. A tutto discapito dell’agricoltura (altra eccellenza nazionale) e della sicurezza dei cittadini, visto che più cemento equivale a più rischi.
Le continue frane e alluvioni ce lo dimostrano anno dopo anno. Riqualificare le città, rivitalizzare gli spazi industriali dismessi a beneficio delle collettività, piuttosto che costruire il nuovo: questa dovrebbe essere la linea, che presuppone innanzitutto un cambio di cultura.

da Europa Quotidiano 03.04.12