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"L’autogoverno delle scuole: finalmente una buona proposta" di Antonio Valentino

La Commissione Cultura della Camera ha approvato, dopo anni di discussione, il testo di un DdL sulle “Norme per l’autogoverno delle Istituzioni Scolastiche” (IS), che porta a sintesi una serie di proposte, elaborate sul tema da quasi tutte le forze politiche (apripista: l’On. Aprea, 2009).
L’accelerazione c’è stata a partire dal gennaio scorso, quando, archiviato il Governo Berlusconi e con esso il Ministro Gelmini, si sono create le condizioni per una intesa sulla riforma degli organi collegiali che vede protagonisti esponenti di tutta l’attuale “strana” maggioranza.
Non è facile capire come si sia passati dalle posizioni distantissime degli anni precedenti all’intesa dei giorni scorsi. Che costituisce, “stranamente”, un buon passo in avanti in tema di riforma degli organi collegiali e più in generale di “autogoverno” delle IS. Le norme proposte recuperano, infatti, sull’autonomia scolastica, orientamenti e principi importanti che nel decennio precedente non sono rusciti mai a decollare, con conseguenze di cui si soffre tuttora.
Il riferimento non è tanto alla possibilità di ciascuna IS di definire, con un proprio Statuto, regole e norme di autogoverno (aspetto certamente importante, ma non dirimente), quanto piuttosto a novità che potrebbero ridisegnare in meglio l’intero profilo del sistema scuola.

Le novità
Metterei al primo posto la distinzione chiara tra i diversi livelli di “competenze” dei tre organi principali: il Consiglio dell’Autonomia – CdA – (l’attuale CdI) che ha funzioni di indirizzo; il Consiglio dei Docenti (oggi, Collegio Docenti), con funzioni tecniche, e il Dirigente Scolastico (DS), responsabile della gestione. Distinzione volta a superare confusioni di ruolo e sovrapposizioni tra gli attuali organi collegiali.

L’altra novità riguarda il modello di istituzione, tendenzialmente aperta e responsabile, che si prefigura attraverso opportuni strumenti. Ne emerge un’idea di scuola
a. che si interroga statutariamente in proprio sull’efficienza, efficacia e qualità del proprio servizio, attraverso una apposito Nucleo di autovalutazione,
b. che dà conto annualmente di quello che fa in una apposita Conferenza, detta appunto di rendicontazione, aperta a tutte le componenti scolastiche ed ai rappresentanti degli enti locali e delle realtà sociali, economiche e culturali del territorio,
c. che opera non più secondo logiche interne e autoreferenziali, essendo prevista, nei vari organismi, la presenza di soggetti esterni (un esperto e un genitore, nel nucleo di autovalutazione; membri esterni, rappresentativi di enti locali, mondo della cultura e del lavoro …, nel Consiglio dell’Autonomia),
d. che è strutturalmente inserita in una rete di relazioni con le altre autonomie scolastiche e amministrative, i cui strumenti (Conferenza Regionale e Conferenze di ambito territoriale) – ma anche le modalità di rappresentanza e gli ambiti – sono definiti dall’Ente Regione.
Va sottolineato quanto le norme prevedono al riguardo: e cioè che le scuole autonome, opportunamente rappresentate, costituiscono – nella Conferenza regionale – “soggetti imprescindibili nell’organizzazione e nella gestione dell’offerta formativa e sono chiamate ad un ruolo consultivo e di supporto nelle materie di competenza; mentre le conferenze di ambito territoriale “sono il luogo del coordinamento tra le istituzioni scolastiche, gli Enti locali, i rappresentanti del mondo della cultura, del lavoro e dell’impresa di un determinato territorio”.
E’ evidente la logica di sistema che informa queste norme – che diventeranno operative a seguito di specifici provvedimento del MIUR (per quanto riguarda la Conferenza nazionale) e delle Regioni (per la Conferenza regionale e per quelle di ambito territoriale) -.
Come evidenti appaiono le possibilità che si aprono alle scuole autonome (“da sole o in rete”) per superare la propria separatezza e autoreferenzialità, che sono tra le cause della crisi dell’intera sistema.

La terza novità riguarda la riconsiderazione degli organismi collegiali dei docenti e del loro lavoro. Rispetto ai quali si acquisisce definitivamente – e per tutti gli ordini e gradi di scuola – che Il Consiglio dei docenti “opera anche per commissioni e dipartimenti” (oltre che per consigli di classe) e si afferma che, rispetto all’attività didattica di ogni classe, i docenti sono “responsabili” della loro programmazione e attuazione e che, “nel quadro delle linee educative e culturali della scuola e delle indicazioni e standard nazionali per il curricolo”, operano “nella piena responsabilità e libertà di docenza”.
Evidenzierei, oltre al richiamo insistito sulle responsabilità, anche il riferimento non tanto alle indicazioni nazionali, quanto agli standard nazionali (che però sono ancora tutti da costruire), come vincolo nelle attività di programmazione / progettazione e di valutazione.
Si tende, penso, attraverso di essi, a dare risalto ad una funzione fondamentale della scuola: garantire a tutti i giovani livelli essenziali di prestazioni e risultati tendenzialemnte omogenei sul piano nazionale.
Ovviamente tutto questo, che non è certamente una novità (ma ribadirlo è impportante) rinvia a opportune condizioni di fattibilità: ma, di queste, in successive considerazioni .

Sul Dirigente scolastico
Annotazioni infine sul DS, le cui funzioni – che attengono, come è noto, alle responsabilità gestionali – sono richiamate in uno specifico articolo.
Niente di nuovo su questo fronte: il DS “risponde dei risultati del servizio agli organismi istituzionalmente e statutariamente competenti”.
L’ affermazione, ovvia, fa però intravedere poco la pesantezza deicarichi aggiuntivi che ne deriveranno al DS, stante il permanere di un modello organizzativo a cui è ancora sostanzialmente estranea ogni idea di leadership plurale e istituzionalmente partecipata (e contrattualmente riconosciuta).
Questione, come è noto, drammaticamente aperta, destinata a pesare negativamente anche nella realizzazione del pur innovativo modello che queste norme di autogoverno prevedono.
Una sola sottolineatura al riguardo. La si ricava dall’articolo 3, sul Consiglio dell’Autonomia, dove si precisa che, relativamente all’’adozione del POF e alla designazione dei membri del Nucleo di autovalutazione da parte del Consiglio, “è necessaria la proposta del dirigente scolastico”. Che va letta, penso, come attestazione del ruolo centrale del DS nel governo complessivo dell’Istituto.

Le questioni aperte
Riprendiamo conclusivamente il discorso delle condizioni.
Una delle prime riguarda l’ adeguatezza (ai vari livelli: natura, compiti, risorse) del sistema nazionale di valutazione e delle sue articolazioni (e dell’INVALSI in particolare), che, allo stato attuale, presenta non poche difficoltà di funzionamento e criticità. Le ragioni le ho richiamate quando ho accennato alla riconsiderazione del lavoro docente nella configurazione del modello di scuola che emerge dal testo.
Ma non va neanche sottovalutata la necessità di una formazione ad hoc del personale in generale e dei docenti in particolare: nelle norme, come già detto, si prefigura una visione del lavoro docente e delle sue responsabilità e competenze che non possono essere date per scontate.
L’organico funzionale – che è altra cosa rispetto all’organico dell’autonomia di cui alla legge sulle Semplificazioni – è un’altra importante condizione. Ma è inutile parlarne nella situazione data.
Invece non va sottaciuta la necessità di sviluppare motivazione e voglia di mettersi alla prova dei tanti docenti che si aspettano messaggi di attenzione e riconoscimenti in termini econonici e di carriera del proprio lavoro.
Se mancano messaggi credibili, almeno di prospettiva, su questi terreni è difficile che si possano scrivere capitoli migliori della storia della nostra scuola.
Continuare a parlare di tagli – come si continua a fare – non è, per esempio, un buon segnale.
E neanche leggere l’ultimo articolo delle Norme che richiama come all’attuazione della presente legge si provvede, da parte delle amministrazioni competenti, “nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Amen.

Comunque, una svolta. Con qualche ambiguità (da correggere)
Nonostante questi ultimi richiami e considerazioni, credo che portare comunque a conclusione in tempi utili l’iter parlamentare del DdL è in sé cosa buona e giusta. Perciò occorre che i prossimi passaggi nelle altre commissioni parlamentari permettano di arrivare all’approvazione definitiva del testo prima che comincino le fibrillazioni dei partiti per le elezioni politiche.
Rispetto al DdL licenziato, rivedrei comunque almeno due passaggi, entrambi nell’art. 6: il primo dove si afferma che competenza del CdD è la “Programmazione dell’attività didattica”, senza ulteriori precisazioni (non si capisce infatti qual è il risultato atteso); il secondo dove si afferma che lo statuto “disciplina l’attività del Consiglio dei docenti e le sue articolazioni” (che mi sembra un po’ contradditorio rispetto allo spirito delle Norme). E inserirei nella composizione del CdA un rappresentante del personale ATA.
Per il resto, con le necessarie iniziative di riflessione e pressione, soprattutto speranze … oltre ogni ragionevole dubbio.

da ScuolaOggi 04.04.12