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L'Aquila tre anni dopo

L’Aquila tre anni dopo.
Sono molte le donne che continuano a investire nella città lesionata, non senza enormi difficoltà. Le storie di alcune di loro. E a partire dal 6 aprile le organizzatrici di “Mettiamoci una pezza” danno vita a un’azione di “urban knitting. A tre anni dal terremoto, ricerca dello Spi-Cgil sulla condizione degli anziani. Tra i problemi principali: assenza di servizi di prima necessità, inadeguatezza del trasporto pubblico, assenza di luoghi di svago, carenza di luoghi di incontro informali.

A tre anni da terremoto. Gli aquilani: “Tutto fermo”
Il volto sfigurato della ex Casa dello studente e’ un monumento alla memoria: sulla rete metallica che divide la strada dalla voragine che ha inghiottito le macerie del vecchio studentato sventolano ancora le foto delle otto vittime del terremoto del 6 aprile 2009. Studenti uccisi dalla furia della natura ma anche e soprattutto dall’errore umano che aspettano ancora giustizia. Di fronte alle immagini dei loro volti sorridenti ogni giorno, su via XX Settembre, gli aquilani si fermano, si fanno il segno della croce e fanno volare il pensiero alla notte di tre anni fa che ha cambiato la vita della loro citta’. Una vita che non e’ mai piu’ tornata la stessa, nonostante le promesse della prima ora fatte dai governanti.
Lo sanno bene i sette pensionati che ogni giorno si riuniscono in piazza Duomo, un tempo teatro di passeggiate, incontri, appuntamenti, oggi palco vuoto su cui va in scena la nostalgia dei pochi aquilani che si fermano sulle panchine o vicino alla fontana. Marcello, Giorgio, Vincenzo, i due Tonino, Alberto e Paolo mai avrebbero pensato di passare i mesi della loro pensione su una piazza fantasma. Da qui comincia il viaggio della Dire dentro L’Aquila, a tre anni dal sisma. “Il nostro motto- scherza Giorgio Pomero, 73 anni, il piu’ loquace dei pensionati di piazza Duomo- e’ ‘Immota manet’. Non succede nulla, tutto e’ rimasto come prima. Le macerie le hanno portate via, ma la ricostruzione vera e propria non e’ mai ricominciata”.
Visitando la citta’, negli scorsi giorni, anche il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, ha dovuto ammettere che “c’e’ stato un intervento iniziale efficace ma poi tutto si e’ bloccato”. E per rimettere in moto le cose ci vorra’ “tempo”. E soprattutto ci vorra’ “un piano pluriennale di risorse e interventi”. Gli annunci roboanti dell’ex premier Berlusconi si confondono nei ricordi. Il leader del Pdl durante il suo governo ha visitato 31 volte la citta’. In una di queste, durante il G8, si e’ tirato dietro anche la politica internazionale. A L’Aquila e’ arrivato Obama, la Merkel e’ andata nella vicina Onna. Ma degli impegni presi dai paesi di mezzo mondo restano solo le parole sulla carta. E delle promesse di ricostruzione immediata, di soluzioni rapide dell’ex governo resta una valanga di dichiarazioni che solo in parte hanno avuto riscontro. Ed eccola L’Aquila, oggi, citta’ ferita con le strade ancora interdette, i palazzi imbragati dentro impalcature e puntelli, le chiese sfigurate.
“Hanno promesso di rimettere tutto a posto, ma non e’ accaduto”, continua il pensionato Giorgio senza peli sulla lingua. E i suoi ‘colleghi’ di piazza Duomo annuiscono, confermano. “C’e’ stata una confusione di ordinanze prima e ora il nuovo governo ricomincia daccapo”. Intanto una famiglia di turisti passa sulla piazza con la macchina fotografica al collo del papa’ che scatta foto e mostra con il dito a moglie e figli le macerie vicino ad un palazzo.
Una mamma porta il suo passeggino con il naso che guarda in su, verso i tetti delle case e delle chiese anche quelli puntellati. Tanti aquilani, raccontano i pensionati di piazza Duomo, “per mesi hanno fatto sacrifici facendo avanti e indietro fra la citta’ e le seconde case sulla costa per non lasciare L’Aquila, ma poi in molti hanno ceduto e se ne sono andati. E poi c’e’ chi come noi, solo perche’ aveva una certa eta’, non ha avuto le nuove case. Che magari sono andate agli stranieri. Ci hanno fatto male due volte”.
Ma gli aquilani hanno la pelle tosta e anche mentre raccontano questi anni non si scompongono. Giorgio Pomero, dopo aver aspettato per 18 mesi, ora sta in 54 metri quadrati a Coppito 3. Case nuove. Ma e’ la citta’ vecchia che gli aquilani rivogliono. Una prospettiva lontana, a guardare il volto delle strade che si snodano per il centro. La centralissima piazza della Repubblica e’ ancora interdetta: reti metalliche impediscono l’accesso, entrano solo gli operai. O i politici. Un dipendente del cantiere ci racconta che attualmente i lavori consistono nel “ripuntellare gli edifici”. L’ex Prefettura, il Palazzo del Governo, e’ stato aperto per la prima volta ad un politico nazionale la scorsa settimana. Il ministro Profumo ha potuto vedere l’interno del palazzo che si regge solo grazie ad una fitta rete di impalcature. Pezzi di archivio sono rimasti intrappolati sotto la polvere e le macerie. Dalle finestre si intravede la vicina chiesa di Sant’Agostino.
Imbragata come la dirimpettaia chiesa di San Marco. Sono venuti studenti di Architettura da tutta Italia, dalla Sicilia, da Bolzano, raccontano dal cantiere, per fare le tesi di laurea “per proporre progetti di ricostruzione”. Si potrebbero usare le idee fresche dei giovani per rimettere in piedi L’Aquila. Ma manca la molla e le risorse che ci vorrebbero sono “enormi”, conferma un operaio. Anche per questo, forse, fra le vie storiche ci sono ancora i cumuli delle macerie, le chiese con le facciate coperte dai ‘rinforzi’, i palazzi sostenuti da ‘stampelle’ di metallo. I negozianti di Corso Federico II ora lavorano in zona Villa Comunale dentro prefabbricati di legno. Chi ha potuto si e’ preso un negozio in un centro commerciale, la nuova piazza obbligatoria. Le strutture di cemento armato dei colossi del commercio hanno resistito. E li’ si e’ trasferita la vita di piazza. “Ma noi giovani vogliamo tornare in citta’. Vogliamo farla rivivere”, commenta Leonardo Scimia, presidente della Consulta studentesca aquilana. Intanto i vecchi negozianti che si sono trasferiti nei prefabbricati la citta’ che fu la guardano dalle finestrelle delle casette di legno. E mentre sulla via Crispi, che costeggia la Villa Comunale, si alza la polvere dei cantieri che penetra tutto il giorno dentro i polmoni dei passanti, i commercianti vivono fra il ricordo e la speranza, fra i tempi andati che potrebbero non tornare e il sogno di un’Aquila di nuovo viva.
Per vedere la citta’ del presente bisogna lasciarsi alle spalle i palazzi terremotati di via XX Settembre, avvicinarsi alle periferie, dove stanno rispuntando case e negozi. Perche’ la vita deve andare avanti. Oltre la memoria del terremoto. Fra poco ci saranno le elezioni comunali. La sfida di chi punta a guadagnare un seggio e’ doppia: conquistare consensi e fare promesse mantenibili. Perche’ agli aquilani non si puo’ piu’ mentire.

A tre anni dal sisma L’Aquila scommette sulle idee delle donne.
L’AQUILA – Hanno animato movimenti, pulito case distrutte, fatto traslochi, accarezzato ricordi, percorso chilometri, inventato soluzioni, consolato figli, apparecchiato tavole improvvisate, tenuto i contatti con parenti distanti, guidato camper e scritto, raccontato.
Antonietta Centofanti, rappresentante del Comitato Familiari Vittime Casa dello Studente e l’avvocato Simona Giannangeli che li difende; Patrizia Tocci, Luisa Nardecchia, Giusi Pitari, docenti che hanno raccontato il dramma degli studenti e che per tre anni hanno promosso iniziative per chiamare l’attenzione sui loro problemi; Licia Galizia, l’artista aquilana che ha trasformato un liceo in un prezioso museo di arte contemporanea; Sara Vegni e Annalucia Bonanni del comitato 3:32 che da tre anni organizzano iniziative e manifestazioni per una ricostruzione trasparente; la presidente della Pro Loco di Coppito Marina Marinucci, che ha creato nella frazione di Coppito un centro per attività sociali: sono queste e molte altre le donne che hanno lavorato in maniere diverse alla ricostruzione materiale e sociale della città distrutta dal sisma.
Sono le donne aquilane, quelle che tre anni dopo il sisma del 6 aprile 2009, continuano a investire nella città lesionata e abbandonato e che continuano a sperare nel futuro, come Katia ed Enrica, 32 anni ciascuna, compagne fin dal liceo, due lauree “inutili” e un’attività appena aperta.
“Dopo il terremoto – raccontano – abbiamo avuto l’impressione di essere ferme, sospese, eppure giravamo come trottole alla ricerca di un lavoro, di una stabilità, di un futuro, di un luogo per vedere le nostre amiche. Volevamo andare via, poi siamo restate accanto alle nostre famiglie, alla città in cui siamo cresciute, ai nostri fidanzati. Abbiamo aspettato e sperato, per un po’ che arrivassero gli aiuti, la zona franca, qualcosa che potesse permetterci di restare a vivere qui. Dopo due anni e mezzo non era successo nulla: nessun miracolo, nessun contributo, affitti altissimi, nessuna possibilità di lavoro. Ci siamo rimboccate le maniche e abbiamo deciso di aprire un’attività, qualcosa che potesse essere innovativo a L’Aquila e che offrisse benessere e che fosse utile, soprattutto per le donne”. È così che nasce una grotta di sale pensata soprattutto per i bambini e per le mamme, per il loro benessere e la loro salute. “Abbiamo timore, certo, non abbiamo ricevuto nessun contributo. Abbiamo voluto investire qui sperando che la città sappia apprezzare il tentativo di chi rischia. Ci siamo legate ancora più di prima a questa realtà aquilana e spaventa, certe volte sembra di essere in un vicolo cieco, la gente sembra non avere vitalità, ma sappiamo che è dalle donne e dai bambini che si può ripartire: è per questo che abbiamo pensato a loro”.
Ines guarda il cantiere di casa sua da lontano, un pellegrinaggio quotidiano. 56 anni, due figli universitari, un marito in pensione, un cane e un Map: “Dal febbraio 2010 vivo in una casetta di legno. Ormai ci siamo abituati, ci si abitua a tutto. Mi manca casa mia, certo, quella in cui sono cresciuti i miei figli e da cui sono fuggita il 6 aprile con una pantofola sì e una no. Cosa mi ha tolto il terremoto? I miei figli! Certo, sono ancora con noi a casa ma quando finiranno l’università li “caccerò”… La città è finita, per loro non c’è lavoro, vuole che una madre voglia vedere i figli infelici? Spero che se ne vadano e che siano felici. Mio marito ed io resteremo qui, questa è casa nostra, saremo da soli, certo, il terremoto ci ha tolto una vecchiaia serena con i nostri figli, ma va bene così… con quello che è successo, ogni giorno è un regalo”.
Anche Maria Elena è una mamma. I suoi bimbi hanno 4 e 6 anni. Dal 6 aprile 2009 vive sulla costa dove suo marito chef, ha trovato lavoro in un hotel in cui erano ospitati degli sfollati aquilani. Il suo sogno è quello di tornare a L’Aquila. Ogni lunedì, nel giorno libero del marito, sono all’Aquila: vedono gli amici, i parenti, mantengono legami con la città in cui avevano scelto di vivere. “Quando mio figlio più grande a scuola dice che è stato all’Aquila la maestra lo guarda con una faccia triste.
A Peppe invece l’Aquila piace, ci sono i suoi amichetti, le persone e che lo hanno visto nascere, la nostra vecchia casa. Non c’è lavoro per mio marito, per ora dobbiamo restare a Pescara, ma conto i giorni, voglio tornare, voglio che i miei figli tornino nella loro città. Dicono che la città sia morta, ma non è vero. Ti sembro un fantasma io?”.
La verità che il cuore della città, a più di mille giorni dal sisma, è spettrale: impalcature, rumori sinistri, palazzi sventrati. A non essere morte sono le persone, le donne che continuano a lottare, a sperare, a cercare una normalità, a ricucire rapporti. È da questa attitudine che hanno preso ispirazione le organizzatrici di “Mettiamoci una pezza” un’azione di urban knitting da svolgersi nel centro storico di L’Aquila a partire dal 6 Aprile 2012, terzo anniversario del sisma: “Cento metri quadrati di superficie da ricoprire con pezze lavorate a maglia, con l’uncinetto – spiegano le organizzatrici – provenienti da tutta Italia. Una maniera per mantenere viva la memoria ridando colore a quei tasselli che, ingrigiti, sono destinati a scomparire, anche se presenti come carcasse”.

L’Aquila: il disagio degli anziani, vittime dell’indeterminatezza
A tre anni dal terremoto come stanno anziani del capoluogo abruzzese? A domandarselo, e soprattutto, a domandarlo ai diretti interessati ha provveduto lo Spi Cgil nazionale che, con il patrocinio del Comune dell’Aquila, ha condotto la ricerca “Condizioni di vita delle famiglie e degli anziani dopo il terremoto” sotto la direzione del professor Enzo Pugliese dell’università La Sapienza di Roma, tesa a descrivere la vita degli over 65 residenti dopo il sisma in una delle 19 new town o negli isolati di M.a.p, casette di legno costruite nelle frazioni del capoluogo.
“Il lavoro di campo – affermano i ricercatori – ha rilevato le condizioni di vita quotidiana e, soprattutto, le specifiche situazioni di disagio incontrate dalla popolazione anziana negli insediamenti C.a.s.e. e nei M.a.p.. Oltre che le condizioni di disagio materiale si è analizzato anche il rilevante disagio psicologico e il rischio elevato di desocializzazione forzata, soprattutto per gli anziani soli e le famiglie (in genere coppie) di soli anziani. La perdita della casa e poi la ricollocazione, più o meno temporanea, rappresentano per gli anziani – soprattutto per quelli che vivono da soli e, con intensità maggiore, per i grandi anziani – motivo di più forte disagio psicologico e relazionale”. A peggiorare la situazione è la questione mai chiarita del carattere stabile o temporaneo (che per gli anziani può significare anche per il resto della esistenza) delle nuove residenze: l’indeterminatezza che ne consegue è una delle cause più gravi del disagio. In generale è emerso che la situazione risulta essere grave e difficile per quasi tutti gli anziani, anche se con differenze sensibili tra un insediamento e l’altro.
Uno dei problemi principali degli new town – secondo la ricerca – riguarda l’assenza di servizi di prima necessità, insufficienza e inadeguatezza del trasporto pubblico, assenza di strutture di distribuzione di beni di consumo, dei luoghi di svago, carenza di luoghi di incontro informali di comunità e assenza di spazi associativi e di partecipazione.
Si tratta di una carenza più o meno grave secondo il grado d’integrazione dell’insediamento nel tessuto urbano preesistente il terremoto: così per i M.a.p. – che sono tutti collocati in prossimità di paesi o frazioni abitate – tale problema si attenua un po’, mentre per gli insediamenti C.a.s.e., man mano che ci si allontana dai quartieri centrali, la situazione diventa molto problematica ed evidenzia alcune situazioni drammatiche.
“Le persone intervistate – hanno spiegato i ricercatori – mostrano rimpianto per quello che hanno perso non solo in termini di socialità, ma anche in termini di funzionamento della vita quotidiana. Fare la spesa e incontrare amici erano spesso la stessa cosa. L’impossibilità di raggiungere un negozio riduce anche questa possibilità, almeno fino a quando non si creano alternative nuove di socializzazione. Anche lo svolgere le usuali attività quotidiane per garantirsi i servizi di welfare come recarsi a un ambulatorio, andare a chiedere un certificato, uscire per ritirare la pensione, per fare esempi banali ma concreti, sono occasioni d’incontro. Ora – concludono – mancano le une e le altre: le occasioni di incontro e le possibilità di accesso ai servizi”.

“Microcredito per l’Abruzzo”: quasi 4 milioni per cooperative e famiglie
Erogati da gennaio 2011 a oggi per un totale di 191 finanziamenti. Permesso l’accesso al credito a chi altrimenti ne sarebbe stato escluso. Trend in continua crescita
ROMA – Oltre 3 milioni e 830 mila euro di crediti erogati da gennaio 2011 a oggi, un totale di 191 finanziamenti suddivisi fra imprese (114), cooperative (9) e famiglie (68), per un ammontare medio che si attesta rispettivamente intorno a 27 mila, 38 mila e 5.600 euro. Sono i risultati, aggiornati al 31 marzo 2012, del progetto “Microcredito per l’Abruzzo”. Un intervento dal forte impatto sociale, perché ha permesso l’accesso al credito a soggetti che altrimenti ne sarebbero stati esclusi in quanto incapaci di offrire le garanzie patrimoniali o personali normalmente richieste dalle banche. Fra i beneficiari, famiglie in difficoltà, artigiani e commercianti che avevano visto la propria attività distrutta dal terremoto, persone che, perso il lavoro, si sono inventate una nuova opportunità microimprenditoriale e, fra queste ultime, un numero rilevante di giovani. Entrato ormai a pieno regime operativo, il progetto evidenzia un trend di erogazione mensile in continua crescita, anche negli ultimi mesi, nonostante la stretta creditizia e la recente fase di recessione; nessuna insolvenza e pochissimi ritardi nel pagamento delle rate.
“Microcredito per l’Abruzzo” è un’iniziativa coordinata da Etimos Foundation, in partnership con Consorzio Etimos, Abi-Associazione bancaria italiana, Federazione delle Bcc di Abruzzo e Molise, Associazione Qualità e Servizi, Caritas diocesana dell’Aquila. Conta su un fondo patrimoniale di 4 milioni e 530 mila euro, che ha la sua origine nel più ampio flusso di donazioni degli italiani post terremoto, canalizzate attraverso il Dipartimento di Protezione civile. Il fondo non viene utilizzato direttamente nell’attività di finanziamento, bensì impiegato progressivamente come garanzia per la concessione di prestiti erogati attraverso il sistema bancario locale (che utilizza dunque fondi propri), a parità di prodotti e condizioni per tutti e con uno spread che, fino a oggi, si è mantenuto invariato al 2,5 %. L’impegno delle banche aderenti ad applicare un meccanismo di leva finanziaria sul fondo stesso, rende inoltre possibile un plafond potenziale di finanziamenti di oltre 50 milioni di euro.
“I risultati ottenuti in Abruzzo sono particolarmente significativi: il progetto dà un segnale di controtendenza rispetto alla crisi del credito che in questi mesi colpisce famiglie e microimprese, e lo fa coinvolgendo le banche stesse nell’utilizzo di uno strumento come il microcredito, fino a oggi diffuso in misura limitata e frammentaria nel nostro paese” spiega Marco Santori, presidente di Etimos Foundation, che annuncia: “Noi invece riteniamo che, oggi più che mai, il microcredito possa essere utilizzato come strumento di welfare e di sviluppo: da un lato per combattere l’esclusione sociale e la povertà, dall’altro per offrire risposta al bisogno di sostegno finanziario delle micro e piccole imprese. Per questo Etimos Foundation ha intrapreso un percorso per replicare l’esperienza abruzzese in altri territori italiani; con una funzione che non è più quella di sostegno post emergenza, ma di supporto per affrontare la crisi economica e guardare al futuro. È nato a tale scopo ‘MxIT-Microcredito per l’Italia’, impresa sociale che lancerà nelle prossime settimane la campagna per la costituzione del proprio fondo e diverrà operativa nel corso dell’anno, non appena ottenuta l’iscrizione come intermediario finanziario presso Banca d’Italia”.
Alla base di “Microcredito per l’Abruzzo” c’è un modello innovativo che, lontano da logiche assistenziali, fa del microcredito un autentico strumento di welfare e garantisce la sostenibilità economica di tutte le operazioni: fondamentale, in tal senso, è stata la scelta di non creare una nuova struttura operativa a servizio del progetto e di non affidarsi a un unico istituto di credito, bensì di coinvolgere il sistema bancario del territorio, ottenendo un’adesione ampia che copre oltre l’85% degli sportelli operativi. All’interno di questo modello Etimos Foundation ha svolto un ruolo di regia, che comprende il coordinamento dei diversi attori coinvolti – in particolare banche e volontari –, la formazione degli operatori e il monitoraggio dei risultati. Oltre a questo, il progetto si distingue nel panorama nazionale dei programmi di microfinanza per la destinazione specifica delle risorse: ben l’80% dell’ammontare finanziato è stato erogato a sostegno della microimpresa, con un’attenzione particolare al segmento delle start-up (pari al 39% delle realtà finanziate). Altra novità è costituita dalla policy in materia di trasparenza: gli aggiornamenti quotidiani di tutti i dati sulle erogazioni di “Microcredito per l’Abruzzo” sono pubblicati online, in tempo reale, all’indirizzo: www.etimedia.org/Microcredito-Abruzzo/Utilizzo-fondi

da Redattore Sociale