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"Le sospirate lauree. Quell’irresistibile attrazione padana per il pezzo di carta", di Marco Alfieri

Diplomi fuffa, corsi di studio in Svizzera, lauree esotiche comprate con soldi pubblici e magheggi da “tesoriere più pazzo del mondo”. Dalle carte della Procura che indaga sull’uso dei finanziamenti al Carroccio esce (anche) un Francesco Belsito impegnato a staccare assegni per pagare costosi esamifici privati all’estero e soddisfare la fame di status del “cerchio magico” di Gemonio. Nel crepuscolo leghista sta emergendo il familismo da strapaese dove i figli so’ piezz’e core da sistemare a tutte le latitudini; la logica della fabbrichetta dove non c’è quasi differenza tra i soldi personali del Capo e quelli dell’azienda e tutto tende a confondersi; e poi l’ossessione piccolo-borghese del pezzo di carta da appendere al muro per sentirsi arrivati. E imparati.
Siamo alla sublimazione del modello Cepu. Il che fa specie in un partito che ha fatto della propaganda contro dottori (quasi sempre meridionali) e intellettuali (quasi sempre da salotto) un formidabile cavallo di battaglia. Indimenticabile il Bossi d’antan che liquida il vecchio ideologo alla sua maniera: «Miglio? Una scoreggia nello spazio…». O il leghista posticcio Tremonti che chiude un comizio di Cota lisciando il pelo all’ignoranza padana: «Siamo uomini semplici, non abbiamo tempo di leggere libri…».
In principio sono i trucchi del fondatore. Umberto Bossi, medico. Sulla tessera d’iscrizione al Pci di Samarate si qualifica proprio così, il futuro Senatur. Nelle interviste racconterà di studi alla scuola Radio Elettra, all’università, e di collaborazioni con luminari mai esistiti. Effettivamente a Medicina si era iscritto, a Pavia. Ha fatto anche tre feste di laurea, peccato non si sia mai laureato. Per alcuni mesi esce di casa con la borsa degli attrezzi facendo finta di andare a lavorare all’ospedale Del Ponte di Varese. Ma la prima moglie, la Gigliola Guidali, madre del primogenito Riccardo “il rallysta”, lo scopre e chiede il divorzio.
La Lega delle origini sarà pure una forza anti sistema ma assorbe il provincialissimo clichè dei parvenu che raggiungono potere e consensi ma non lo status sociale del pezzo di carta che in Italia, Paese stratificato su gradi e dottori, resta la convenzione per antonomasia. Lo sa bene la seconda moglie dell’Umberto, Manuela Marrone: ape regina del cerchio magico ma 30 anni fa semplicemente «la signorina Manuela», giovane maestra elementare al Collegio Sant’Ambrogio di Varese.
Va da sé che il figlio Renzo non può che calcare le orme fanfarone del padre. Alla maturità ci arriva al quarto tentativo, di cui tre sostenuti da privatista all’arcivescovile “Bentivoglio” di Tradate. «Sono un perfezionista, amo fare le cose per bene», ironizzerà il Trota. Così bene da volersi laureare all’estero. La cosa nel giro si sapeva. Ma diventa di dominio pubblico con le ultime indagini su Belsito. Dal 2010 Renzo è iscritto in un’università privata di Londra. Soggiorni e retta tutti a carico della Lega, per un costo di 130mila euro.
Eppure il Senatur dice di non saperne nulla. C’è solo l’orgoglio di un papà che come al bar s’imbroda di un figlio che studia economia nella city. In realtà il Trota fa il “vitellone” padano a spese del contribuente, ma fa nulla. «Renzo sta studiando – s’intenerisce».

La Stampa 08.03.12

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“Ristoranti, hotel, camioncini Il bilancio parallelo a casa della contabile cacciata”, di Fiorenza Sarzanini

Esiste una documentazione finanziaria della Lega che i responsabili amministrativi avevano chiesto agli impiegati di non inserire nei bilanci. Una contabilità «occulta» che dovrà essere adesso analizzata e quantificata. Una parte di queste carte segrete sono state sequestrate a casa di Helga Giordano, contabile di via Bellerio per circa sette anni. Nel febbraio scorso la donna — che fino a qualche mese fa era assessore al Bilancio del Comune di Sedriano (Milano) — è stata licenziata perché accusata di aver truffato un’imprenditrice spacciandosi come la segretaria particolare di Bossi. Lei sostiene di essere stata in realtà «mobbizzata dal tesoriere Francesco Belsito, che mi costrinse anche a lasciare l’incarico politico». Il 3 aprile, dopo le perquisizioni scattate in tutta Italia nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dei rimborsi elettorali, è stata interrogata dai pubblici ministeri. E si è trasformata in una testimone chiave per ricostruire l’origine di fatture e pagamenti «anomali».
Non solo. L’ex dipendente ha rivelato come i rapporti tra la Lega e il procacciatore d’affari della ‘ndrangheta Romolo Girardelli siano iniziati ben prima dell’arrivo di Belsito. «Ho conosciuto Girardelli — ha verbalizzato la donna — perché accompagnava talora in ufficio Maurizio Balocchi» il tesoriere morto nel 2010. «I due sembravano legati da forte amicizia, pur essendo Girardelli del tutto estraneo al partito». In realtà i magistrati sono convinti che proprio Girardelli, attraverso le casse della Lega, riciclasse i soldi della criminalità organizzata. In questo quadro inseriscono il trasferimento dei cinque milioni e 700 mila euro a Cipro e in Tanzania. E infatti nel decreto di perquisizione firmato dal giudice di Reggio Calabria è scritto: «Si tratta di complesse operazioni bancarie di “esterovestizione” e “filtrazione” in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Condotta posta in essere da Girardelli per agevolare l’attività dell’associazione mafiosa e in particolare della “cosca De Stefano”».
I conti di ristoranti
e alberghi
Sono decine i documenti che Helga Giordano nascondeva nel suo appartamento. E lei così ha spiegato il proprio comportamento: «Nadia Dagrada selezionava specie negli ultimi tempi una serie di fatture che, anziché passarmi affinché le contabilizzassi, se le tratteneva lei. Proprio perché mi ero accorta che vi erano delle anomalie in questa attività di contabilizzazione decisi di portarmi a casa copia dei prospetti dei bonifici da me compilati. Si tratta della documentazione che è stata sequestrata in data odierna nel corso della perquisizione. Per ciò che riguarda la cartellina che mi è stata sequestrata, contenente documentazione varia, in particolare fatture e rendiconto di carte di credito, si tratta per quel poco che sono riuscita a fotocopiarmi, di alcune spese che la Dagrada non voleva che annotassi o di spese che mi sembravano anomale».
I sospetti della donna si concentrano fra l’altro su «varie spese alberghiere che venivano sopportate dal partito in base alla scelta discrezionale di Nadia Dagrada. Nella fattura CC Hotels di Vicenza, oltre a Bossi e ad altri militanti a me noti, vi sono nomi totalmente sconosciuti».
E ancora: «Le fatture emesse da Paola Prada, Andrea Calvi e Luigi Pisoni, ad esempio, le avevo sulla scrivania perché recapitatemi direttamente dal postino e mi furono tolte dalla Dagrada dicendomi che non andavano inserite nel prospetto ufficiale delle spese/bonifici. Tra tutte le spese indicate nei prospetti di bonifico non vi sono voci “sospette” nel senso che almeno da una prima visione mi sembrano spese inerenti l’attività di partito. Vi sono significative spese di rappresentanza in ristoranti, che potranno essere discutibili dal punto di vista del contribuente con i cui soldi vengono finanziati i partiti, ma si tratta di prassi consolidata e normale in tutte le formazioni politiche. Dove si vede la voce “asilo” nella colonna “Manifestazioni/Riferimento”, si tratta dell’asilo che si trova all’interno della sede della Lega Nord che svolge appunto un’attività di asilo per bambini a pagamento, anche per persone che non appartengono al partito».
Ristrutturazioni
e camioncini
Le dichiarazioni della Giordano confermano l’accusa che numerose spese accreditate alla Lega fossero in realtà spese personali della famiglia di Umberto Bossi o comunque di persone inserite nel «cerchio magico» del leader. Ma anche affari gestiti per proprio interesse da Belsito. Afferma la testimone: «Tra le spese anomale inserisco le fatture della “Cori.cal service” che erano singolari perché, tenuto conto che si tratta di una ditta di pulizie, avevano oggetti anche diversi dalla semplice pulizia e lo stesso importo delle fatture mensili era oscillante mentre invece ragionevolmente poteva ritenersi che dovesse essere più o meno fisso, o comunque non discostarsi troppo da un importo stabile. Indubbiamente sono molte le fatture della “Cori.cal service” con importo variabile e spesso con reiterazione di lavori tinteggiatura. Sembra che sia una ditta che lavori spesso in tandem con la “G&A soluzioni edili”. Mi si chiede se questi lavori di rifacimento facciate, pulizia straordinaria, manovalanza, siano stati effettivamente svolti e io rispondo che non sono in grado di stabilirlo. Tutta la questione della manutenzione della sede di via Bellerio veniva seguita da un nostro dipendente, il signor Luca Canavesi».
Ci sono poi altri pagamenti «anomali». Afferma la Giordano: «La fattura della “Italtrade”, oltre ad essere indubbiamente assai elevata per la prestazione fornita, richiamò la mia attenzione perché il fornitore mi chiamò per essere rassicurato sul pagamento. Si tratta di 1.000 euro al mese per il parcheggio di un camioncino con la vela pubblicitaria sopra, per complessivi 43.000 euro ed oltre, per sei camion in un semestre. E la fattura della “Boniardi Grafiche” perché non è emessa alla Lega, bensì a Massimiliano Orsatti».
La lista
delle macchine
Tra i fogli inseriti nella cartellina di Helga Giordano ci sono quelli relativi alla macchina di Daniela Cantamessa, la segretaria di Umberto Bossi. Lei spiega di averli presi perché l’auto era nella lista della Dagrada «sulle spese da non annotare». Su questo viene interrogata il giorno dopo la stessa Cantamessa che così spiega il possesso dell’auto: «Circa l’autovettura Focus che uso in via esclusiva, si tratta di vettura presa in leasing o comunque con un finanziamento con riscatto finale da parte della Lega. Le spese di riparazione dell’autovettura sono a carico del partito».
Anche nella sua abitazione sono stati sequestrati documenti contabili, in particolare «una copia del bilancio 2010 e i tabulati relativi alle autovetture del partito». E lei, per giustificare la scelta di portare via le carte dalla sede di via Bellerio, ha dichiarato: «Avevo redatto delle note critiche sulle spese e volevo darle a Roberto Castelli affinché svolgesse un accurato controllo».

Il Corriere della Sera 08.04.12

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Le cifre misteriose del sindacato «verde», di Andrea Galli

Ma quanti siete per l’esattezza? «Duecentocinquantamila». Tutti tesserati? Cioè, è dimostrabile, ci sono riscontri ufficiali, giusto? «Certo». E avete anche stranieri? «Sì». Quanti? «Mah, ora non le so dire la cifra esatta». Più o meno? «Di sicuro tra l’uno e il due per cento». Il momento è duro, le certezze vacillano, eppure al SinPa, il sindacato padano del quale Rosi Mauro dopo esser stata fra i fondatori è oggi segretario generale, mica navigano a vista. Eh no. Già han delineato percorso e programma dell’annuale «battellata», momento di festa il 29 aprile prossimo, sul Lago Maggiore. Un evento che genera una certa fibrillazione. «Manca poco ormai» dicono dalla sede, persa nello sperduto quartiere Cantalupa, che per vicino di casa ha il traffico e le code dell’autostrada Milano-Genova.
Ora, Emiliano Tremolada, che del SinPa è il numero due, manifesta sincera curiosità nell’esser bersagliato di domande sul sindacato medesimo. E però, ci scusi, Tremolada: siete davvero così rappresentativi? Qua s’infuria. «Lo sa», dice lui, «che abbiamo avuto delegati sindacali licenziati, perseguitati perché della Lega?».
Una delle aziende dove il SinPa debuttò da subito, dalla nascita negli anni Novanta, è l’Amsa di Milano, l’azienda dei rifiuti. Ecco, lì gli altri sindacalisti, Cgil o Cisl è uguale, scoppiano a ridere. E ricordano due cose. La prima è che in tutto questo tempo il SinPa, in Amsa, non ha mai convocato un’assemblea, tanto per fare un esempio; la seconda è che dei suoi sindacalisti Rosi Mauro si è piuttosto servita per sfuriate «politiche» contro quel direttore generale o quell’altro amministratore delegato. Naturalmente saranno voci nate per invidia, ma tornando da Tremolada, e riprovando a frugare, in risposta v’è stupore misto a fastidio. Del resto, se uno stesse attento, e magari s’informasse, si ricorderebbe che nell’agosto d’un anno fa, al Tavolo contro la crisi a Palazzo Chigi, insieme alle parti sociali partecipò anche una rappresentante del sindacato padano. O ancora, senza andar lontano, giusto due mesetti fa quelli del SinPa manifestarono sotto la Regione Lombardia sul delicato tema del trasporto pubblico. Erano in undici contati, però non importa.
Famoso per la sua aria (e aurea) di mistero, orgoglioso di spaziare dall’assistenza fiscale a quella previdenziale, il sindacato da dove prende il denaro? Quanti soldi entrano ed escono? Nei puntuali bollettini mensili dal pragmatico titolo «SinPa informa» tengono banco altri argomenti. E crescente è l’analisi dell’operato del premier Mario Monti, sul quale il giornalino ha titolato la prima pagina di novembre: «Fine della democrazia».
Se nel 1997 Bossi scommetteva sul sindacato, destinato a far tramontare la «triplice», Cgil-Cisl-Uil, in questi mesi le presenze del SinPa a Roma sono per lo più diventate semplici audizioni parlamentari su richiesta della Lega. Il passato glorioso era peraltro già stato archiviato, e in fretta. Nel 2006 il sindacato padano era perfino riuscito a entrare nel Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, salvo venir allontanato poco dopo per decisione di un giudice con la seguente motivazione: «Non è rappresentativo a livello nazionale».

Il Corriere della Sera 08.04.12