partito democratico, politica italiana

"Ecco la trasparenza: un euro a voto e cinque per mille", di Piero Fassino

La politica richiede costi ma è sbagliato arroccarsi nella difesa dell’esistente. È necessario darsi regole e modalità di sostentamento anche scontando una riduzione dei rimborsi

Il finanziamento della politica è uno di quei temi “sensibili” che segna il rapporto tra cittadini, partiti e istituzioni. E in tempi in cui quel rapporto è fragile e critico, le modalità con cui la politica è finanziata diventa un sensore particolarmente significativo.
Per questo credo che i partiti debbano avere la lucidità di sottrarsi alla tentazione di chiudersi a riccio, di arroccarsi in una difesa di sé che avrebbe come unica conseguenza di dare ulteriore fiato all’antipolitica, accrescendo ancora di più la distanza tra partiti e società.
Non è in discussione – almeno per me – la assoluta necessità di garantire alla attività politica risorse pulite e trasparenti per il suo esercizio. Al pari di qualsiasi attività umana anche la politica comporta costi e richiede risorse per pagarli. Ma tanto più in tempi in cui a ogni persona e ad ogni famiglia si chiedono sacrifici non irrilevanti (dall’allungamento dell’età pensionabile alla tassazione sulla casa), i partiti hanno il dovere di darsi regole e modalità di finanziamento sostenibili e compatibili, anche scontando una inevitabile riduzione delle risorse fin qui ottenute.
Per questo mi permetto di avanzare due proposte:
1. Si adotti un sistema di rimborsi elettorali che corrisponda ai partiti una somma pari ad un euro per ogni voto ottenuto.
Una dimensione sobria perché è ragionevole stimare che in una campagna elettorale un partito, o i suoi candidati, spendano almeno un euro per ogni elettore.
I rimborsi, in ogni caso, siano corrisposti solo a fronte di documentazione legale di ogni spesa, sottoposta a verifica da un organo di controllo, evitando così abusi o usi impropri di quel denaro. E il rimborso avvenga in un’unica soluzione entro tre mesi dallo svolgimento delle elezioni, superando l’attuale rateizzazione annuale dei rimborsi che fa perdere obiettivamente alla erogazione la finalità di “rimborso elettorale”.
2. Si introduca, inoltre, la possibilità per ogni cittadino di sottoscrivere volontariamente una quota millesimale – il 5 o 4 per mille – sulla propria denuncia dei redditi o, per chi non è soggetto a denuncia dei redditi, sugli oneri fiscali sulla busta paga.
Ciò permetterebbe ai partiti di disporre di risorse pulite, trasparenti e soprattutto espressione di una libera e volontaria scelta di contribuzione.
Sono proposte semplici che garantirebbero due obiettivi: i partiti disporrebbero di risorse per la propria attività; al tempo stesso l’onere a carico della collettività sarebbe sostenibile, sia perché i rimborsi elettorali avrebbero dimensione accettabile e sia perché la contribuzione volontaria sarebbe una libera scelta di ciascuno.

da l’Unità 14.4.12

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Castagnetti attacca “I rimborsi ai partiti vanno dimezzati”, di Carlo Bertini
L’ex presidente del Ppi: “Provvedimento insufficiente”

ROMA Pierluigi Castagnetti, ex segretario del Ppi, è stato il primo a presentare in tempi non sospetti, quando c’era il governo Prodi, una proposta di disciplina dell’articolo 49 della Costituzione sulla democrazia dei partiti. E oggi non è soddisfatto della prima risposta che i leader di maggioranza hanno dato a questa esplosione di scandali legati al finanziamento pubblico.
Lei ritiene che vadano drasticamente ridotti i rimborsi elettorali usando la legge Abc sulla trasparenza?
«Certo, è questa la sede appropriata e non c’è tempo per dilazioni. Non va sottovalutato quanto è stato deciso, cioè il controllo esterno dei bilanci dei partiti e le sanzioni a chi non è in regola, che oggi non esistono. Ma non è sufficiente. Oggi c’è un risentimento popolare nei confronti della politica, ma un Paese senza partiti non è sperimentabile. È una tentazione che in Italia c’è stata ancora prima del fascismo e ha coinvolto personalità come Croce e Salvemini: allora era tale la corruzione che si pensava di fare appello alle eccellenze del Paese. Un’illusione che persiste e che va combattuta: una democrazia senza i partiti è una democrazia senza popolo. Credo che i partiti abbiano bisogno di un riconoscimento per questo loro ruolo e quindi di un finanziamento pubblico».
Fatte queste premesse, i rimborsi vanno ridotti e quanto?
«Sì, anzi a mio avviso vanno dimezzati, perché non si può non tenere conto del momento di sacrifici che coinvolgono tutti gli italiani e del clima di estraneità alla politica che sta dilagando. Le vicende di Lusi e della Lega hanno dimostrato che al netto della spese elettorali c’è un residuo sproporzionato delle risorse disponibili per i partiti. Già quando esplose la polemica sugli stipendi dei parlamentari avremmo dovuto prevenire la polemica odierna sui finanziamenti».
Non è il caso di dire apertamente che con i rimborsi i partiti finanziano le loro strutture tutto l’anno e non solo le campagne elettorali?
«Certo, è ora di smascherare questa ipocrisia. Non siamo in America e i partiti non sono comitati elettorali che nascono e muoiono nelle elezioni. Sono strutture che si occupano della formazione dei quadri dirigenti, che organizzano la partecipazione popolare e tutto ciò ha un costo. Fermo restando la necessità del finanziamento pubblico anche per sottrarli ai condizionamenti mai disinteressati delle lobby, è necessario ripristinare il valore della militanza, cioè della gratuità e della contribuzione personale. I rimborsi dimezzati devono bastare per le campagne elettorali, le strutture vanno mantenute con contribuzioni volontarie dirette o mediate tipo il 5×1000».
Lei che ha contribuito a far nascere la Margherita non ritiene doveroso un mea culpa per non aver rinunciato ai fondi pubblici dopo che il partito si era sciolto?
«Dall’anno prossimo i partiti estinti non riceveranno più contributi. Col senno del poi le direi di sì, ma avremmo dovuto sin da subito impegnarci a restituire allo Stato le somme eccedenti la copertura delle spese sostenute. Cosa che doverosamente faremo adesso a giugno».

da La Stampa 14.4.12

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“I milioni di luglio ci servono sennò i partiti chiudono”. Misiani, tesoriere del Pd confessa: “Abbiamo speso tutto”, di Wanda Marra

Rinunciare all’ultima tranche dei rimborsi elettorali? Impossibile, i partiti chiuderebbero. Sarà una verità impopolare, ma qualcuno deve dirla”. Antonio Misiani, tesoriere del Pd, bilanci alla mano, rivela un dato sorprendente. Soprattutto se rapportato alle cifre incassate dai partiti negli ultimi anni: 503 milioni di euro solo per le politiche del 2008.
Onorevole Misiani, quanti soldi ha in cassa il Pd?
Abbiamo un disavanzo di 43 milioni di euro.
Quindi siete in rosso? Ma negli ultimi 4 anni avete ricevuto 200 milioni di euro.
I 5 anni di rimborsi elettorali per la legislatura del 2008 li abbiamo messi a bilancio tutti insieme, ma arrivano rateizzati. L’anno scorso ci siamo dovuti far anticipare qualche milione di euro per arrivare a luglio
Se l’ultima rata dei rimborsi non dovesse arrivare il Pd non sopravviverebbe?
Esatto. L’80-90 per cento dei nostri introiti sono i soldi pubblici. E il problema non vale solo per noi. Il Pdl i soldi dei rimborsi delle politiche del 2008 li ha tutti cartolarizzati, ovvero se li è fatti anticipare dalle banche. È notizia risaputa. Tutti i partiti hanno bisogno di quella rata per sopravvivere.
Stiamo parlando di tantissimi soldi, però.
Negli ultimi 4 anni per i rimborsi relativi alle varie elezioni abbiamo incassato 37,4 milioni di euro nel 2008, 46,3 nel 2009, 60,1 nel 2011, 58 nel 2012.
Ma come avete fatto a spenderli tutti ?
Un partito vive sempre, mica solo in campagna elettorale. Quei soldi li usiamo per pagare l’attività politica, il personale. Il nostro bilancio è certificato. E rimborsi per le amministrative li trasferiamo sul territorio. Capisco il tema della corrispondenza tra spese e rimborsi, ma in tutta Europa i rimborsi elettorali vengono calcolati con criteri forfettari.
Dipendete dallo Stato.
Noi abbiamo una quota di autofinanziamento (circa 1500 euro mensili a parlamentare), ma le donazioni da privati sono poche. I cittadini hanno molta poca propensione a donare ai partiti, anche per effetto del logoramento del rapporto con la politica.
Secondo la Gazzetta Ufficiale però nel 2010 i partiti in cassa avevano 205 milioni di euro.
È un dato legato al ciclo finanziario. I bilanci si chiudono a dicembre e a luglio quei soldi non ci sono più. Almeno per i partiti veri che fanno politica.
Qual è la somma che i partiti riceveranno il 31 luglio?
La tranche di luglio è di 180 milioni, perché si sommano – appunto – i rimborsi per le politiche, le europee e le amministrative.
Alfano, Bersani e Casini hanno promesso un rinvio. Ma poi nel testo dell’emendamento, che la proposta di legge recepisce, non ce n’era traccia.
Il rinvio è legato all’entrata in vigore delle norme sulla trasparenza e dei controlli dei bilanci. Si dovrebbe arrivare al 30 settembre.
Ma non è scritto da nessuna parte.
Era implicito nel passaggio in cui si parla del “giudizio di regolarità e conformità a legge” dei rendiconti dei partiti per il 2010 e il 2011. Certo, se poi si va molto per le lunghe, finisce che non ci sarà nessun rinvio.
Dozzo della Lega ha detto che loro rinunceranno. Dai partiti di maggioranza nessuna rinuncia in programma?
Anche Di Pietro ha detto che rinuncerà in favore degli esodati. Se può lo faccia. Noi non possiamo.
Ma anche sulla trasparenza il compromesso non è convincente. Dopo il controllo sui bilanci dei partiti da parte dell’Authority l’ultima parola sulle sanzioni spetterà ai presidenti di Camera e Senato. Il controllato controlla il controllore.
Nelle nostre intenzioni si tratta di una mera ratifica.
Ma si sa che può succedere nelle pieghe delle “mere ratifiche”…
Finirà che con tutte queste polemiche, non si farà neanche questa legge.
Dunque, lei non crede che i finanziamenti siano troppi?
Sicuramente si deve ripensare strutturalmente la questione, e noi faremo una proposta. Ma il taglio ai finanziamenti già c’è stato.
Ma dal ‘93, quando il referendum abolisce i finanziamenti pubblici, i soldi erogati dallo Stato sono cresciuti 10 volte.
È vero che c’è stata un’escalation nei primi anni 2000, con punte massime tra 2008 e 2010, col rimborso doppio dovuto al fatto che i partiti prendevano i soldi anche se la legislatura finiva prima. Cosa cancellata con un decreto legge del 2011. Ma adesso siamo in una fase di effettiva discesa. I partiti prenderanno 180 milioni di euro quest’anno, 165 nel 2013, 163 nel 2014, 153 nel 2015. Come dovrebbe essere a regime.

da il Fatto 14.4.12

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