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"Borse di studio arriva la tassa. Ricercatori in rivolta", di Flavia Amabile

Per gli ospedali italiani non saranno due giorni tranquilli: oggi e domani i venticinquemila specializzandi in medicina generale scioperano contro il governo. Non protestano per una norma ad hoc, in realtà sono i più colpiti da un provvedimento che riguarda tutti i dottorandi. Chiedono infatti la cancellazione della norma prevista dal decreto fiscale in discussione alla Camera che impone la tassazione Irpef su tutte le somme corrisposte a titolo di borsa di studio. Un emendamento approvato al Senato ha solo lievemente addolcito la novità, stabilendo che si applicherà alle somme che formano il reddito per la parte eccedente gli 11.500 euro. Saranno infatti sottoposte a prelievo fiscale le borse di studio per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca, di perfezionamento e di specializzazione erogate dalle Università e i contratti di formazione medica specialistica a queste equiparate, nonché gli assegni erogati dalle Regioni. Insomma, una platea molto più ampia dei giovani medici.
Si dirà: pochi mesi fa il decreto Salva-Italia ha bloccato la indicizzazione di tutti gli assegni da pensione superiori ai 1400 euro.
Dunque, perché non chiedere un contributo anche ai giovani ricercatori? Ma è pur vero che in Italia la ricerca universitaria è in affanno, e la fuga dei cervelli all’estero è un tema all’ordine del giorno. Insomma, provvedimenti come questo non fanno che penalizzarla ulteriormente.
Finora i vincitori di borse di dottorato e assegnisti di ricerca avevano percepito redditi interamente esenti da Irpef grazie ad una legge del 1984. «Con questo emendamento – denuncia Alexander Schuster, componente del direttivo dell’Adi (l’associazione dei dottori e dottorandi italiani) di Trento – l’esenzione sarebbe implicitamente abrogata per la parte eccedente gli 11.500 euro con un’aliquota e una detrazione fiscale che dipenderà dall’importo del reddito complessivo. Ma questi redditi potrebbero persino non beneficiare della detrazione da lavoro dipendente.
Oltre al danno, la beffa, motivano i ricercatori trentini portando ad esempio l’importo lordo della borsa di dottorato (pari a 13.638,48 euro), tale che così gli oltre 2.138 euro di parte eccedente sarebbe tassata per un aggravio di circa 700 euro». Le associazioni dei giovani medici calcolano una riduzione delle borse di studio di circa 200-300 euro al mese rendendo l’assegno al netto delle spese di poco di superiore ai 1.000 euro.
I medici in formazione italiani sono quelli meno pagati in Europa – ricorda la Federspecializzandi – e devono pagarsi le spese professionali con la propria borsa di studio (iscrizione all’Ordine dei medici, quota previdenziale all’Enpam, assicurazione contro la colpa grave).
Per il segretario dell’Adi Francesco Vitucci il danno sarebbe molto superiore rispetto ai guadagni perché «gli introiti per lo stato sarebbero particolarmente esigui».
Non solo: la norma avrebbe effetti paradossali perché costringerebbe i dottorandi a fare la dichiarazione dei redditi per poi non versare nemmeno un euro di tasse perché il loro reddito calcolato sarebbe così basso da avere diritto comunque all’esenzione. «Diventerebbero quindi dei lavoratori, non più a carico del nucleo familiare, con la rinuncia a tutte le tutele per gli studenti pur essendo considerati da tutti come studenti».
Non è dunque un caso se alla Camera – dove ora è in discussione il decreto – sono molti gli emendamenti che chiedono la cancellazione della norma. Uno di questi è firmato dai deputati Pd Manuela Ghizzoni, Marco Meloni, Andrea Sarubbi e Salvatore Vassallo. «E’ certamente auspicabile che si proceda rapidamente a una revisione dei contratti dei ricercatori nella fase post-dottorato e pre-ruolo, ma la soluzione adottata dal Senato è sbagliata e va cassata», scrivono in una nota Ghizzoni e Meloni.

La Stampa 16.04.12