partito democratico, politica italiana

"Voto a ottobre destabilizzante ma l'antipolitica può travolgerci", di Giovanna Casadio

«Dai vertici di maggioranza usciamo sempre con qualcosa di cui non siamo contenti». Bersani confessa. Con Alfano «su tantissime cose non mi trovo d’accordo».È la prova- per il leader Pd – che «il bipolarismo c’è», è nelle cose. Un disaccordo tra Democratici e Pdl che – dopo le tensioni di questi giorni e in vista delle amministrative del 6 maggio – sarà squadernato nella riunione di domani con Monti. Il Pd chiede al governo un impegno straordinario per la crescita (Bersani si presenterà con una cartellina di proposte); il Pdl si fa portavoce della Marcegaglia per modificare la riforma del lavoro e punta a ottenere una riduzione delle tasse,a cominciare dalla rateizzazione dell’Imu. Come? Attingendo a quel fondo che deriva dalla lotta all’evasione, di cui oggi si parlerà in consiglio dei ministri.

Quindi, settimana cruciale per il governoe per la maggioranza alle prese con crescita, lavoro e anche con la partita sulla Rai. Due i consigli dei ministri in calendario; in mezzo il vertice; fiato sospeso per l’andamento dello spread. Ma c’è un’altra questione che ABC – Alfano, Bersani e Casini – non possono ignorare: monta l’antipolitica. Il leader del Pd lancia l’allarme: «Siamo nei guai. Se c’è qualcuno che pensa di stare al riparo dell’antipolitica si sbaglia. Se non la contrastiamo spazza via tutti».E di “apprendisti stregoni”, dice, ce ne sono tanti che sollevano «un vento cattivo».

Però soffiare su questo fuoco significa alimentare il populismo.

Avverte Bersani: «Siamo nella crisi economico-finanziaria più grave dal 1929 e nella crisi della credibilità politica più grave di quella del 1992». Un rischio che anche Vendola, il leader di Sel, denuncia, attaccando Grillo e la possibilità che i voti della lega finiscono al movimento “5 Stelle”: «Grillo è un fenomeno populista che non ha le caratteristiche per offrire una prospettiva al nostro paese, mi preoccupa». I sondaggi danno Grillo in forte crescita. Lo sottolinea anche il ministro Andrea Riccardi: «C’è bisogno dei partiti politici in maniera vitale, non si può indulgere nell’antipolitica».

Spetta tuttavia ai partiti riformarsi. Alle elezioni politiche manca un anno, il tempo c’è. Bersani boccia l’ipotesi di un voto anticipato. Voto a ottobre? «No, sarebbe destabilizzante». Anche se tra la gente la sofferenza c’è «ed è tanta», anche se la cura «è dura», e pensionati, lavoratori, piccoli imprenditori «sono in ansia», il governo Monti va sostenuto. Vanno anche buttate le basi, aggiunge il segretario Pd, per un patto di legislatura che veda un’allenza di centrosinistra e che «guardi alle forze centriste». Un patto che «per uscire dal populismo». Al contrario Vendola ritiene sbagliata la strada intrapresa dal governo Monti «che si è mostrato debole con i forti e forte con i deboli», e chiede la patrimoniale come «atto di decenza».

Nel vertice di domani si parlerà di esodati. E della riforma del lavoro, i cui emendamenti al Senato vanno presentati entro venerdì. Un punto di equilibrio si troverà, per Bersani per il quale «adesso bisogna creare posti di lavoro». Fassina accenna alle proposte democratiche, tra cui l’allentamento del patto di stabilità per i Comuni.

La Repubblica 16.04.12

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Bersani, allarme antipolitica «La demagogia uccide il Paese», di Andrea Carugati

«Abbiamo in giro molti apprendisti stregoni che sollevano un vento cattivo. Se c’è qualcuno che pensa di stare al riparo dall’antipolitica si sbaglia alla grande. Se non la contrastiamo, spazza via tutti». Pier Luigi Bersani insiste. «Controcorrente», come ammette lui stesso ai microfoni diTgcom 24, nel difendere l’ossatura della democrazia rappresentativa dallo tsunami dell’antipolitica che, anche grazie ai recenti scandali Lusi e Lega Nord, ha portato la fiducia nei partiti al 2% e quella nel Parlamento all’11%.
Numeri da far impallidire.Eil leader Pd ci prova a rovesciare questo senso comune. Come? Bersani ricorda che, con le norme vigenti, dal 2015 i rimborsi ai partiti passeranno dai 285 milioni del 2008 a 145. «È un dimezzamento, saranno meno che in Francia e Germania. Per me va bene fare ancora di più, ma se non mettiamo tutti un argine a questa ondata di antipolitica non basterà neanche questo». «Ad una politica che si finanzi andando a battere cassa a grandi manager e banchieri io dico no e poi no», ribadisce
il leader Pd. La strada è questa: subito una legge per la trasparenza e i controlli sui fondi e il rinvio della tranche da
100 milioni di cui si sta discutendo. E, nel giro di due mesi, nuove norme che ridisegnino il meccanismo dei finanziamenti. «Non accetto che il mio Paese muoia di demagogia», insiste Bersani. Perché l’Italia soffre più degli altri grandi europei, per il combinato disposto della crisi economica e della «crisi politica più grave dal 1992». «In Francia e Germania non c’è questo discredito della politica, nato con Tangentopoli e aggravato dagli anni di populismo di Berlusconi».
Anche Vendola batte sugli stessi tasti. «La politica non la possono fare soltanto i ricchi e i faccendieri. Dopo il 1992 l’onda dell’antipolitica ha prodotto Berlusconi. Non si può fare a meno del finanziamento ai partiti, quello che è insopportabile è il suo carattere faraonico». Il leader di Sel chiede che «un tetto per legge alle spese per le campagne elettorali», e trasparenza sulle erogazioni dai privati «dai 5mila euro in su». E boccia la bozza di accordo tra Pd, Pdl e Udc: «Non affronta l’emergenza con radicalità».
NO AL VOTO IN OTTOBRE
«No alle elezioni anticipate adottobre», dice Bersani. «Non abbiamo bisogno di destabilizzazione». E quando ci si arriverà, nella primavera 2013, «noi non metteremo sul simbolo il nome del leader». Sì invece all’indicazione pubblica del candidato premier, fatta da un partito o da una coalizione. Lo schema per il 2013 non
cambia: «Ho in testa sia un patto di legislatura con le forse di centrosinistra ma che guardi anche alle forze centriste. Un patto che ci porti fuori dal populismo», spiega il leader Pd. Un’alleanza che metta insieme «pezzi di diverse foto», quella di Vasto con Vendola e quella di palazzo Chigi con Casini.
Per il momento, bastano le amministrative e le presidenziali francesi. «Se ci sarà uno spostamento a sinistra, faremo sentire la nostra voce, magari con i francesi, perché non si aspettino le elezioni tedesche del 2013 per correggere la politica europea». «Miracoli non ne fa nessuno», insiste Bersani. «Se l’Europa non trova una politica che metta l’austerità in compagnia con gli investimenti, la crescita e l’alleggerimento di un po’ di debito a carico della finanza, non si va da nessuna parte».
Il bipolarismo non si tocca, quello c’è, come dimostrano anche i vertici di questa strana maggioranza dove «con Alfano non mi trovo d’accordo su molte cose». Domani, con Monti, Bersani insisterà sulla crescita. «Porteremo una qualche idea per dare un minimo di dinamismo all’attività economica».
Sulla riforma del lavoro, sì a qualche «aggiustamento», ma barra dritta sull’articolo 18, nonostante le proteste di Confindustria. «Non c’è nessun arroccamento sul passato. Io ho solo ribadito un principio: in ultima analisi il posto di lavoronon può essere solamente monetizzato. Non è una questione sindacale ma morale e
civile».
Il Pd non molla la presa neppure sui cosiddetti esodati.«Non è possibile che un lavoratore perda l’occupazione, non abbia pensione e non goda di un ammortizzatore sociale», insiste Bersani. «In giro per l’Italia incontro pensionati, o gente che doveva andare in pensione, lavoratori, piccoli imprenditori: sono in ansia. C’è un bisogno estremo di riconciliare questo popolo con la politica. La gente capisce quello che stiamo facendo per fronteggiare l’emergenza, ma la cura è dura…».

L’Unità 16.04.12