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"Piccole librerie spariscono", di Pietrangelo Buttafuoco

Sentite questa, perfino Paolo Pisanti, presidente dell´Ali, l´Associazione dei librai italiani, ha dovuto chiudere: «Anch´io ho abbassato la saracinesca della mia libreria a San Giorgio a Cremano». Si chiude, dunque: «In tre mesi, nella sola Napoli», racconta ancora Pisanti, «c´è stata un vera e propria moria. Un monumento come la “Libreria Guida”, al Vomero, quella di Mario Guida, non c´è più. E anche una bellissima Mondadori, in centro, un franchising cui hanno partecipato fior di imprenditori illuminati, s´è dovuta arrendere. Era stata inaugurata il 2 di luglio del 2011. Non si può dire che abbia avuto il tempo di diventare “storica”».
L´involontaria serrata delle librerie in Italia: muoiono come le mosche. Possiamo ipotizzare una media di due alla settimana in tutto il territorio. «Chiudono, chiudono», conferma Salvo Pandetta, titolare della storica “Libreria Bonaccorso” di Catania in piazza Università. Questo negozio è “l´ufficio” di riferimento di Salvatore Silvano Nigro, critico della letteratura, nonché officina di una tradizione il cui marchio è Giovanni Verga. Accanto, proprio a filo di vetrina, da quattro anni ha aperto un negozio delle librerie editoriali (modello Feltrinelli e Mondadori, per intendersi). Per Pandetta il danno commerciale è stato enorme, ma almeno si è preso una bella soddisfazione. Gli arriva davanti al bancone un ragazzo per chiedergli Rosso Malpelo. Lui non fa in tempo a prendergli il volume, che quello sparisce per tornare subito dopo: «Che succede?» chiede Pandetta, col libro in mano. «Nell´altro negozio mi avevano detto che questo libro non esisteva. Hanno scritto nel computer Rosso Malpelo e non è uscito niente». Ecco, la concorrenza sleale. Il vecchio mestiere si prende la rivincita sul business: «Certo che non esce», ribatte sornione il libraio, «è contenuto in Vita dei campi. Oplà!».
«Aprono per far chiudere, e in realtà non sono librerie: sono negozi con uso di libri» spiega con cruda analisi Marcello Ciccaglione, fondatore delle Arion, 17 librerie a Roma. Nella capitale, giusto per aggiornare questa necrologia, con cinque librerie serrate negli ultimi sei mesi ha chiuso anche la storica vetrina della “Libreria Croce” su Corso Vittorio.
Aprire per chiudere. Ad Ancona è stata messa a morte la libreria di città. A Firenze sono morte la Libreria del Porcellino, la Martelli e la Le Monnier. Guai in arrivo per la Edison: è in scadenza il contratto d´affitto e Feltrinelli ha comprato l´immobile. Gioacchino Tavella, libraio a Lamezia Terme, quando viene salutato con l´appellativo di “eroico libraio” fa gli scongiuri.
Aprire per resistere. «Se non avessi la mia struttura», dice Ciccaglione, «una holding con altre associate Arion, non avrei avuto la forza di tenere aperta la mia prima libreria in viale Eritrea. Quando a pochi passi, sullo stesso marciapiede, venne inaugurato un punto vendita, diciamo così, editoriale, ebbi un Natale terribile. Ma ormai tutti noi librai lo dobbiamo mettere in conto: l´editore fa business snaturando la qualità del prodotto, sporcando l´amore per questo mestiere, svilendo la passione per un lavoro che se non fa diventare ricchi, di certo arricchisce. E lo dice uno come me che ha solo la seconda media, ha cominciato con una bancarella e adesso si è guadagnato una qualità speciale della vita grazie ai libri».
Che tipo, il Ciccaglione. «Quando vado a trovare gli amici della mia infanzia a Tor Pignattara, vedo nelle loro case un agio, un affollarsi di gadget e di elettrodomestici e mai, proprio mai, un libro. Mi è capitato di incontrare a una presentazione Carlo Vanzina e non sono riuscito a trattenermi, gli ho detto: “Ma perché non gli mette in mano un libro a uno dei personaggi dei suoi popolarissimi film?”». A proposito di film, non si può non ricordare C´è posta per te: lui è il proprietario della più importante catena di bookstore di Manhattan, le megalibrerie Fox, lei gestisce una piccola libreria di quartiere, “Il Negozio Dietro l´Angolo” proprio accanto al bookstore. I due si incontrano in una chat-room e nasce un amore. Ma era solo un film, appunto, e per giunta americano; nella cruda realtà italiana, l´amore tra chi ama i libri e chi i profitti non riesce a esistere. Piuttosto la pellicola di riferimento, dicono loro, è The Artist: i librai come gli artisti del muto, alla fine di un´epoca.
Restare aperti per vivere meglio. Ancora Ciccaglione: «Sono andato in vacanza ad Antibes, e con allegra rabbia mi sono accorto che in Francia, in qualsiasi sperduto paese della provincia, c´è sempre una libreria. Resto incantato a vedere i miei colleghi: scrivono a penna le schede dei libri per poi collocarle in vetrina. E quel gesto fa capire quanta cultura, quanta civiltà, quanta qualità della vita sia custodita da chi sa investire nella lettura».
Rosanna Cappelli, dirigente Electa, spiega a muso duro la situazione di questa catastrofe: «Al declino della politica fa seguito il declino intellettuale. In Italia non si tiene conto della conoscenza come forma di sviluppo». Si stampano libri che incontreranno tremila acquirenti in tutta Italia, e gli editori riempiono le librerie di titoli che non fanno in tempo ad arrivare per essere tolti. In Italia è venuta a mancare la clientela. L´avvocato Giovanni Battista Compagno, negli anni ‘70, lasciava duecentomila lire ogni mese in libreria come conto aperto per il figlio. Quella paghetta era l´educazione sentimentale del figlio, oggi filosofo, Giuliano Compagno. Lo facevano in tanti in tutta Italia. Quello zoccolo duro, i ragazzi fatti clienti dall´infanzia fino alla maturità universitaria, non c´è più.
Le librerie si trasformano. Gilberto Moretti è andato a farne una a Badia Polesine dove c´era una pizzeria. Ha mantenuto il banco e anche la licenza di somministrazione, ha buoni riscontri, si ammazza di idee e di fatica, e adesso la sua Antica Rampa, libreria-caffè, ricavata in un suggestivo piano interrato medievale, organizza presentazioni nel segno del sugarspritz.
Ma in Italia è venuta a mancare anche la qualità. La decisione di buttare in edicola, a prezzi stracciati, i Meridiani, orgoglio del catalogo Mondadori, è stata letale. Un incentivo a disertare le librerie con un prodotto taroccato, un ennesimo tributo al totem dello sconto. L´Aie, l´Associazione italiana editori, sta organizzando la Festa del Libro dal 19 al 23 maggio e di sicuro finirà a sconti. Come se gli italiani non leggessero più per non spendere. La verità è che gli italiani non entrano più in libreria perché ne hanno dimenticato l´esistenza. Una libreria che muore è un presidio sociale che se ne va. Come non trovare più la caserma dei Carabinieri, l´asilo e l´ospedale: «Se lo dico io», sorride Paolo Pisanti, «faccio come il pescivendolo che dice che il suo pesce è fresco. Però è davvero così. E un´Italia senza librerie è il deserto». Pisanti è impegnato a Orvieto con Piero Rocchi nei corsi di Scuola per librai. Ed è un segno di ottimismo.
Si scimmiotta l´America con l´idea che l´e-book sia il futuro. Ma neanche con il libro elettronico ci sono tutti questi grandi numeri. Anzi. «La Francia, piuttosto», dice Pisanti, «si prenda esempio da Parigi in tema di sostegno alla lettura. Il Centro per il Libro di cui è presidente Gian Arturo Ferrari riceve dallo Stato due milioni. Il governo francese, per l´ente che si occupa della promozione libraria, ne eroga sessanta». E poi la crisi. «Certo», continua il presidente dell´Ali, «c´è la crisi, ma è una storia tutta italiana. Anche in Grecia c´è la crisi, eppure le librerie non chiudono. La libreria è commercio. Ma solo in Italia ci sono gabelle assurde come la spesa di “porto-imballo”».
E poi i soldi, la liquidità. «Tutti i commercianti hanno problemi. A maggior ragione i librai. Gli istituti di credito considerano i magazzini dei libri al pari di carta straccia». E pensare che fu un grande banchiere, Raffaele Mattioli, il mecenate che volle dare alle stampe, nella Valdonega di Verona, quella collana che è il monumento della nostra memoria, la “Letteratura Italiana Ricciardi” il cui motto era «Quinci si va chi vuol andar per pace». Le banche di oggi, si sa, hanno scambiato la pace per il requiem.

La Repubblica 17.04.12