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"Il rigore nei conti non guarisce ogni male", di Stefano Lepri

La dose di austerità è sufficiente; la ricetta per tornare alla crescita va cercata con pazienza e fantasia, ma nessuno l’ha in tasca già pronta. Arrivano al momento giusto, le parole del Fondo monetario, per sprovincializzare il dibattito italiano in vista del Consiglio dei ministri di oggi. Se c’è un allarme, riguarda il rischio di una nuova crisi dell’euro: dovrebbero ascoltarlo soprattutto in Germania.

Non solo in Italia, ma in tutti i Paesi avanzati del mondo, si prospetta una lunga fase di crescita economica lenta, frenata dal fardello dei troppi debiti. Qualche Paese quei debiti li ha contratti nell’euforia finanziaria di prima del 2007, qualcuno durante la crisi per lenirne le conseguenze, qualcuno, come noi, se li trascinava dietro da ancora prima.

Non è facile per nessuno ripagare il debito e nello stesso tempo trovare i soldi per investire sul futuro. In più, l’area dell’euro mostrandosi fragile ora danneggia i Paesi deboli al suo interno, dopo averli aiutati fin troppo negli anni buoni. Sotto la pressione dei mercati, anche l’Italia e la Spagna, accortesi in ritardo dell’urgenza di ridurre il debito, hanno preso misure di austerità tali da riprecipitarle nella recessione.

Di fronte a mercati finanziari pronti ad agitarsi un giorno perché il deficit pubblico è un po’ più alto del previsto, il giorno dopo all’opposto perché il calo del deficit aggrava la recessione, il Fondo monetario dà un messaggio di equilibrio. Ovvero, l’importante non è stringere ancor più la cinghia adesso, è avere progetti seri per ridurre il debito negli anni; e qui l’area dell’euro sta assai meno peggio di Stati Uniti e Giappone.

In questo quadro non implicano un biasimo le previsioni secondo cui l’Italia non raggiungerà il pareggio di bilancio nel 2013; dato che i programmi pluriennali vengono ritenuti credibili. Altro che «pensiero unico»! Qui il Fmi, guardiano della stabilità finanziaria mondiale, dimostra di pensarla in modo assai diverso da chi, alla maniera della Bundesbank e di altri in Germania, vede il rigore di bilancio come la cura di ogni male.

Oltretutto, l’Italia nel 2013 l’attivo di bilancio lo raggiungerebbe «al netto del ciclo» ossia scontando gli effetti della recessione. Sarebbe già raggiunto l’anno prossimo ciò che la modifica alla Costituzione approvata definitivamente dal Senato proprio ieri impone a partire dall’anno successivo, il 2014.

Purtroppo è altrettanto chiaro che nei prossimi mesi continueranno a scomparire posti di lavoro. Il capo economista del Fmi ha avuto ieri il merito di dichiarare con franchezza che il «Santo Graal» delle ricette miracolose per la crescita economica probabilmente non esiste. Dovrebbero prenderne nota tutti coloro, partiti o forze sociali, che si affollano a protestare che «il governo Monti non pensa alla crescita». Occorre sforzarsi senza sosta nella ricerca dei provvedimenti più utili, provando e riprovando, nella coscienza che da Washington a Tokyo a Bruxelles tutti vi sono impegnati.

Prima di tutto occorre evitare una nuova crisi dell’euro. Qui, in compenso, i consigli del Fondo sono chiari e precisi. La Bce deve riprendere i suoi interventi di sostegno, verso i quali si ritengono infondati i timori dei tedeschi. Poi, invece di escogitare rappezzi occorre capire che cosa rende funzionale una unione monetaria tra Paesi. L’obiettivo meno arduo da raggiungere è un sistema bancario più solido e transnazionale. Il Fmi propone di ricapitalizzare le banche con fondi anche europei, di eliminare quelle non salvabili e garantire i depositi con regole uniche in tutta l’area. Da un diverso punto di vista si può aggiungere – servirebbe anche a eliminare le complicità tra politici nazionali e banchieri nazionali.

La Stampa 18.04.12