attualità, politica italiana

Napolitano: "Pulizia sì, ma senza demonizzare", di Annalisa Cuzzocrea

Invita a distinguere, Giorgio Napolitano. «I partiti non sono il regno del male, del calcolo particolaristico, della corruzione», dice il capo dello Stato. «Il marcio ha sempre potuto manifestarsi, e sempre si deve estirpare: ma anche quando sembra diffondersi e farsi soffocante, non dimentichiamo tutti gli esempi passati e presenti di onestà e serietà politica, di personale disinteresse, di applicazione appassionata ai problemi della comunità». Poi avverte: «Guai a fare di tutte le erbe un fascio, a demonizzare i partiti, a rifiutare la politica».

Non cita Beppe Grillo, non fa riferimento ai fatti degli ultimi giorni, ma le sue parole suonano il contraltare perfetto, la risposta delle istituzioni all’ultimo comizio dello showman, che ha accusato i politici di essere «insaziabili come una metastasi» e ha proposto, richiamando i processi contro i nazisti: «Dobbiamo fare una piccola Norimberga, al cui termine vedremo quale lavoro socialmente utile fargli fare».

E però, nonostante il clima e il bisogno di segnali, alla Camera il tentativo di accelerare la riforma sul finanziamento pubblico si arena per mano del partito che quei soldi li ha usati per comprare auto, diamanti e lingotti d’oro. In nome di una “invocata” trasparenza, e di una legge più incisiva, la Lega ha raccolto le firme contro la “legislativa”, la possibilità di far passare il ddl nelle commissioni di Camera e Senato saltando il dibattito in aula. Ha aspettato che l’emiciclo di Montecitorio votasse il via libera, poi ha calato le carte: 76 firme. Ne bastavano 63, per bloccare l’iter accelerato, ma volentieri si sono uniti Stracquadanio e Bertolini del Pdl, i deputati di Popolo e Territorio, quelli di Grande Sud, Beppe Giulietti del Misto, i liberali per l’Italia.

Così, per il ddl targato Alfano-BersaniCasini, i tempi si allungano. Il relatore Gianclaudio Bressa, pd, assicura che si può andare in fretta anche così, ma in aula ha attaccato apertamente la Lega: «È evidente che teme i controlli che la nuova commissione potrebbe fare sui suoi bilanci del 2011 e del 2012». Vuole perder tempo, è l’accusa. «Vergogna», gli urla contro Raffaele Volpi, che aveva parlato a nome del Carroccio. «Siamo d’accordo sulla legislativa ma la legge è ignobile e immorale nel merito», dice per l’Idv Antonio Di Pietro. «Troppo modesta» la definisce Nichi Vendola. Il leader di Sel – a Repubblica Tv – dice: «Non servono angeli vendicatori che occupino la scena politica. Sonoi partiti che devono assumersi la responsabilità di affrontare la questione morale con le riforme». Che però tardano. Il Pd – complice un sondaggio secondo cui il 75% degli iscritti vuole la riduzione del finanziamento – ha intanto deciso di tagliare del 30 per cento le spese per le amministrative. E sui fondi ha cambiato idea: a fine maggio – quando andrà in aula l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione – proporrà che vengano diminuiti.
“I partiti sono essenziali ma adottino contromisure o vincerà la demagogia ”

La Repubblica 18.04.12

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“Zagrebelsky: la critica non è antipolitica”, di TIZIANA TESTA

«Un tempo, quando scoppiava uno scandalo in un partito, gli altri quasi si rallegravano. Oggi non è più così. Ora ogni scandalo, per l’opinione pubblica, riguarda l’intero sistema politico. Ciò che succede in un partito è imputato a tutti.

Una specie di responsabilità oggettiva di sistema». Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, accetta di rispondere a qualche domanda sul finanziamento pubblico. Lo fa a quasi due mesi da “Dipende da noi”, il manifesto-appello di Libertà e Giustizia che lanciava un allarme in nome della politica e della democrazia. E lo fa partendo dall’antipolitica. Gli ultimi sondaggi danno in grande ascesa il movimento di Grillo. E dicono che è probabile un fortissimo astensionismo.

«Sono molto preoccupato.

Sono due sintomi di declino in cui, alla ragionata indignazione, possono sommarsi pulsioni disprezzo, invidia, semplificazione: terreno ideale per la demagogia. Sa com’è nata l’idea del manifesto? Ero stato a tenere lezione in quattro licei e ai ragazzi avevo chiesto: dopo la maturità, chi è disposto a dedicare un po’ di energia a qualcosa che abbia a che fare con la politica? Ogni volta avevo davanti 150200 studenti e in tutto solo due hanno alzato la mano. Le cause? Sempre le stesse: la corruzionee la mancanza di punti di riferimento ideale. Non si dovrebbe generalizzare. Ma un errore, quando è diffuso fino a trasformarsi in senso comune, diventa un fatto politico. E chi deve dare motivi per distinguere, se non i partiti? Il manifesto che lei ha citato è un invito ai partiti a prendere contromisure, prima che la situazione sfugga di mano».

Sull’ Unità Alfredo Reichlin si è rivolto anche a lei dicendo: stiamo attenti a criticare i partiti come se fossero tutti uguali.

«Io non ho mai detto questo. L’esperienza del governo tecnico è temporanea. Ci sarà bisogno del ritorno a una normalità politica della qualei partiti sono condic i o s i n e qua non.

Non esiste dem o c r a zia senza s t r u t t u r e sociali che diano forma e sostanza alla partecipazione.

L e m o d a l i t à cambiano, ma l’esigenza resta.

C’è chi pensa a una democrazia senza partiti, per esempio alla ‘democrazia telematica’, ma è un’illusione. Il web può accendere gli animi e convocare le piazze ma non costruire politiche (vedi le rivolte in Nord Africa). La critica ai partiti è antipolitica, se è indirizzata a farne a meno; è altamente politica se è rivolta a incalzarli, anche a farli arrabbiare, affinché si s c u o t a n o . D o v r e m m o d i r e , mentendo, che tutto va bene? Questa sì sarebbe una pretesa antipolitica». I partiti stanno affrontando, faticosamente, il problema del finanziamento. Cosa pensa della proposta di legge firmata da Alfano, Bersani e Casini? «Questo tema dovrebbe essere collocato in una riflessione generale sulla politica e sulle sue forme. Il finanziamento, così com’è, è funzionale all’organizzazione oligarchica, centralizzata e priva di controlli dei partiti;a sua volta il sistema elettorale è diventato uno strumento legale di cooptazione: finanziamento ed elezioni oggi producono lo svuotamento della democrazia in basso e la concentrazione del controllo politico in alto. Chi decide della gestione dei fondi e della distribuzione dei posti sta nel cuore del potere. Dunque deve essere messa in discussione la gestione centralizzata delle risorse e delle candidature».

Ma i soldi destinati ai partiti sono troppi? «La vera domanda è: cosa si deve finanziare? E cosa ci aspettiamo dai partiti? Le attività legate alle scadenze elettorali sono più facilmente controllabilie in parte sostenibili non con denaro pubblico ma con servizi pubblici gratuiti. Ma i partiti non sono solo macchine elettorali. Il loro compito è tenere insieme la società attraverso una presenza capillare, a contatto con problemi sociali che, affrontati in solitudine, diventano drammi e affrontati insieme possono trasformarsi in domande politiche. Una funzione fondamentale, soprattutto in tempi di crisi. Ma tutto questo costa». Torniamo ai soldi.

«Si fa un gran parlare dell’ultima tranche di finanziamento, 180 milioni di euro. Ci sono iniziative per congelarli, per devolverli. Ma se ci si limitasse a questo la reazione dei cittadini sarebbe: sono stati colti con le mani nel sacco e fanno un piccolo gesto. La semplice rinuncia ai fondi significa riconoscere d’essere stati degli approfittatori. Invece questa sarebbe l’occasione per fare pulizia, dissociandosi da chi ha usato denaro pubblico per fini privati. Non si dica che nessuno sapeva dei Lusi e dei Belsito. Chi li ha voluti lì e perché? Troppo facile chiamarsi fuori. I tagli sono certo necessari, se è vero che per attività istituzionali i partiti usano poco più di un quinto di quanto ricevuto. Ma il finanziamento è la coda, non la testa del problema». E le donazioni dei privati? «Vanno bene quelle micro, diffuse sul territorio. Sono forme di partecipazione disinteressata. Maè difficile che in questo momento possano essere abbondanti. I grandi finanziamenti, invece, che provengono da imprese e gruppi economici sono sempre dei do ut des.

Quindi devono avvenire nella massima trasparenza. La veridicità dei bilanci, non solo dei partiti ma anche delle imprese, è essenziale. Ma il reato di falso in bilancio è stato svuotato».

E’ ottimista sul futuro? O è tardi per il rinnovamento dei partiti? «Il tempo stringe. Spero che ci sia una scossa, che non ci si illuda che basti glissare perché tutto passa. Vedo un futuro difficile, un impasto di crisi sociale, di insofferenza nei confronti della politica, di demagogia. Ma abbiamo il dovere di credere che non sia troppo tardi».

La Repubblica 19.04.12