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"Formigoni, le vacanze e quelle risposte non date", di Piero Colaprico

Roberto Formigoni, abile parlatore, pensa di cavarsela da solo: «Nessun problema, nessuna irregolarità, ma soprattutto nessuna regalia. Non ho mai ricevuto neppure un euro da nessuno», ripete. Questo «euro mai preso» è però il piccolo punto di rottura di questa storia. Perché qui gli euro che girano sono parecchi. Cominciamo dalle vacanze. Chiunque abbia viaggiato con amici, rispettando la decisione collettiva di dividere le spese, sa e può dimostrare (più o meno) quanto, dove e come ha speso la sua quota. Non si viaggia di solito con le mazzette di banconote in tasca, come fanno i gangster. Uno paga con assegni e con carte di credito. Paga così i ristoranti, o l´affitto dell´auto. Negli estratti conto c´è tutto. Ma Formigoni, sinora, non mostra estratti conto.
Guai, in fatti, a toccare questo tasto: «Scusi, chi è lei che fa questa domanda, che incarico ha?», chiede inviperito Formigoni al collega di Repubblica, il quale cercava uno straccio di ricevuta sulle feste di Capodanno del 2009 a Parigi. «Allora, se non ha un incarico, vale – dice Formigoni – la parola del presidente». E perché vale, questo nuovo modo di dire “Lei non sa chi sono io”? «Grazie a Dio, io ho la possibilità di pagare integralmente le mie vacanze, e ho la possibilità di dare una mano agli amici meno abbienti». Gli amici meno abbienti forse non vanno a Parigi: ma, se pure uno molto abbiente è abituato a girare per le capitali, come se si, quando gli si chiede dov´era nel capodanno del 2009, a dire «non ricordo adesso, verificherò, vedrò»?

LE VERSIONI DEL PRESIDENTE
La prima versione dei fatti sulle vacanze era in verità un bel po´ più netta: «Non ho nulla da rimproverarmi sulla vicenda delle vacanze, io non ho pagato niente a Daccò e lui non ha pagato niente a me». E´ stata dunque un po´ aggiustata. E c´è, a risentire con attenzione le parole di Formigoni, anche un´altra frasetta, che suona un po´ strana. E non è che gli sfugga: «Comunque, non costituirebbe nessuna fattispecie di reato ricevere cose in dono».
Ma quali «cose»? Di quale valore ed entità? Come Berlusconi aveva la pretesa farsi domande innocue e darsi le risposte «da vincente», così Formigoni appena può devia questa questione del «neppure un euro»: «Il giornalista del Corriere non è andato mai in vacanza in gruppo? C´è stato sempre da solo? E allora è un uomo triste, sfigato e malinconico», sfotte a distanza. A parte l´uso incommentabile della parola sfigato, il punto resta sempre uguale. Ma chi ha stabilito che Formigoni è talmente onesto da poterselo, con grande leggerezza, dirselo da solo? E se la sua fosse solo l´insostenibile leggerezza del prendere?

NEPPURE UN EURO
Il bivio in cui si trova Formigoni dovrebbe essere chiaro a tutti, ma forse non lo è. La Regione Lombardia ha un consiglio e un gruppo dirigente minato dagli scandali: arresti, «dazioni», interrogatori che parlano di tangenti, coinvolti Pdl, Lega, il ds Penati. Il crac del San Raffaele, un miliardo di euro buco. E adesso l´inchiesta sulla Fondazione Maugeri, settanta milioni di euro «succhiati».
Formigoni dice che non ha «preso un euro», ma a prendere quegli euro era Pierangelo Daccò, il suo compagno di vacanza, dice senza dubbio l´inchiesta. Vale per tutti la presunzione d´innocenza, ma esiste un «contesto». Negli atti giudiziari emerge come la carriera di Daccò, e di altri, sia simile. Sia quasi fotocopiabile. Sono persone che a Roberto Formigoni sono vicine umanamente, politicamente, religiosamente. E sono diventate stramilionarie senza lavorare davvero, e senza vincere al Superenalotto. Sono diventati ricchi per loro o per altri? Dove portano tutte le società che tra Portogallo, Svizzera, Bahamas, Austria hanno ricevuto i rivoli di un immenso fiume di denaro.

FACCENDIERI E TRADITORI
Queste persone, tra cui Daccò, con il quale Formigoni fa vacanze dimenticabili, hanno accumulato ricchezze – dice l´accusa – emettendo fatture taroccate, firmando contratti senza capo né coda. La ricchezza di Pieangelo Daccò si è moltiplicata perché Daccò – è negli atti, e in vari interrogatori – «protegge» in qualità di consulente-faccendiere gli interessi di aziende sanitarie private che guadagnano i tantissimi soldi grazie ai rimborsi con il denaro pubblico della Regione. E gli davano credito «perché aveva rapporti con il presidente della Regione». E´ questo o non è questo il senso del verbale?
«Ognuno risponde per sé», è il ritornello di Formigoni, come se i Comandamenti, specie il Settimo, non valessero. Ed è un po´ poco. Infatti ne ha aggiunto un altro: «Anche Gesù ha sbagliato a scegliere uno dei suoi collaboratori». Se si riferisce a Giuda, per il momento non si vede ragione: nessuno tradisce Formigoni. Forse, ipotizzano i maligni, perché molti, come lui, come Daccò, e come il «socio di fatto» di Daccò, Antonio Simone, appartengono a Comunione e Liberazione? Ma no, risponde Formigoni, «è un movimento di educazione alla fede cristiana, non c´entra nulla. Stiamo parlando di due persone – e cioè Daccò e Simone, che era il «gemello» di Formigoni, l´ex ex assessore alla Sanità in Regione ai tempi delle mazzette di Tangentopoli – che si dice svolgessero l´attività di mediatori, ma Regione Lombardia non ha mai avuto bisogno di mediatori. Io ho costruito una Regione aperta».
Glissare anche sui suoi rapporti con persone spedite in galera dal gip con gravissime accuse è una libertà che Formigoni si prende, grazie alla formula: «Ognuno risponde per sé». E pure sugli scandali della Fondazione San Raffaele e della Fondazione Maugeri la ricetta sciorinata è facile, quanto indigeribile: «Non è implicato nessuno della Regione Lombardia,», al massimo, ci sarà stata «sottrazione di denaro di privati da parte di privati» e ci sono «due privati cittadini che ci tirano in ballo in maniera del tutto ingiustificata, che tendono ad usarmi come paravento e tutelerò la mia onorabilità». Perché, in fondo, per lui la questione resta sempre quella del famoso euro: «Non è stato sottratto – dice – un euro di denaro pubblico».

SOLO GOSSIP?
Resta «quel» fatto che Formigoni non vuole vedere: «Dov´è il problema? Conosco il signor Daccò da 30 anni», le nostre sono «vacanze di gruppo», un´abitudine «comune a tutti gli italiani» e al ritorno «si fanno i conti». Appunto: gli si chiede la verità misera di un estratto conto. Arriva o no, quello di Parigi? E arriva o no, quello delle barche? Arriva o no, quello degli alberghi? Chi paga chi e perché, questo lo si pretende dal numero uno della Regione, dall´uomo che vanta l´efficienza senza faccendieri: «Permettete che ai giornali scandalistici non dedichi più di tanta attenzione?», ribatte Formigoni. Ci mancherebbe, ma dall´estero, al quale il presidente regionale al quarto mandato guarda sempre, forse perché il sogno di avere quel ministero s´è sempre infranto, arrivano altri esempi: il presidente tedesco che si dimette per un prestito a un tasso agevolato, il ministro per una tesi copiata, e via dicendo.

L´ACQUA E IL SAPONE
Qui vale, viceversa, l´auto-beatificazione: «Io sono limpido come acqua di fonte». E, in questa voglia di purezza, anche Nicole Minetti, la cubista selezionata da Berlusconi come consigliere regionale, riceva una metafora benedetta: com´era stata descritta a Formigoni da don Verzè? «Nicole, una ragazza acqua e sapone». Perché tutto è pulito, sotto il cielo di Lombardia. Ma non è vero, se Formigoni non dimostra che «neppure un euro» gli è arrivato in tasca dal faccendiere Daccò.

La Repubblica 19.04.12