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"Gli editori: niente fondi per i giornali politici", di Roberto Monteforte

Il sottosegretario all’Editoria Peluffo annuncia i nuovi criteri per il finanziamento pubblico. Plaude il presidente della Fieg, Anselmi che però vuole esclusi i quotidiani «politici» come l’Unità. La Fnsi: non vanno chiusi. È questione di giorni perché il governo presenti regole nuove e più rigorose per accedere al finanziamento pubblico. L’obiettivo è quello di moralizzare il settore e disboscarlo dai giornali e dalle redazioni finte. Ma il presidente della Fieg, Giulio Anselmi, vuole altro, i giornali politici «si cerchino altri canali più propri di finanziamento». Nei fatti vuole cancellarli, anche se sono giornali veri. Una presa di posizione inaccettabile per Federstampa.
Le intenzioni del governo le ha confermate ieri, a margine della sua audizione alla commissione Affari Costituzionali al Senato, il sottosegretario all’Editoria Paolo Peluffo. «Spero a giorni di portare in Consiglio dei ministri tutto l’insieme degli interventi sull’editoria», compresa ha affermato «una legge delega per creare un nuovo sistema con dei criteri molto selettivi nella scelta delle testate meritevoli di sostegno».
LA RICETTA PELUFFO
L’obiettivo dell’esecutivo è quello di mettere in campo «un intervento normativo che rende trasparente, semplifica e rende più facili i controlli» ha spiegato il sottosegretario. Il meccanismo sarà quello della «selettività industriale». «Il contributo sarà erogato sulla base delle copie effettivamente vendute». Perché «non si possono finanziare pubblicazioni che nessuno legge». Ha ancipato i criteri. Si prevederà «la tracciabilità delle vendite con l’informatizzazione delle edicole», quindi «una semplificazione e una riduzione delle tipologie di costi che vengono rimborsati, dando la prevalenza a quelli per giornalisti e poligrafici, ma anche all’online, oltre alla stampa e alla distribuzione».
È così che da una parte saranno più semplici ed efficaci i controlli e dall’altra le aziende potranno effettuare risparmi, «spendendo meno su costi che ora subiscono per poter usufruire del contributo». L’obiettivo del governo è chiaro. «Le poche risorse disponibili vanno usate bene e in modo trasparente» afferma Peluffo. Per questo «bisogna eliminare distorsioni e zone grigie conclude evitando l’uso improprio da parte di imprenditori che si organizzano con la sola finalità di prendere contributi». Entro due anni e mezzo i nuovi criteri dovranno essere operativi.
Gli editori plaudono all’avvio dell’operazione «trasparenza e rigore». Ma con un distinguo. La stampa di partito deve essere esclusa dal Fondo per l’Editoria. È stato più che chiaro, brutale, il presidente della Fieg e dell’Ansa, Giulio Anselmi ieri alla presentazione del Rapporto Fieg sulla Stampa in Italia 2009-2011. Ha snocciolato i dati della crisi del settore che, comunque vede oltre 22 milioni di persone leggere ogni giorno quotidiani, quasi 33 milioni i periodici, circa sei milioni gli utenti dei siti web dei quotidiani. Ha ribadito la critica «alla distribuzione indiscriminata delle risorse». Chiede di «indirizzare i contributi pubblici verso i giornali veri: per copie vendute e per numero di dipendenti con regolari contratti». Ma dovrebbero restare fuori quotidiani, come l’Unità, che malgrado le difficoltà rispondono proprio a questi criteri, solo perché politici. «Si cerchino altri canali più propri di finanziamento» taglia corto Ansemi riferendosi a quelli della politica. Il Fondo dell’editoria andrebbe utilizzato «per favorire la trasformazione tecnologica con una forte spinta all’innovazione». È così che si tutelerebbe il pluralismo. Comunque il sostegno dovrebbe essere «a termine».
LA RISPOSTA DELLA FNSI
Ad Anselmi risponde la Federazione nazionale della stampa. «Non si può liquidare il sistema dei contributi in essere, soprattutto con riferimento ai giornali politici, senza avere chiaro il quadro del sistema, la funzione e il lavoro dei giornalisti di questo genere di testate» risponde in una nota. «Tagliare i fondi ai giornali di partito, mentre ancora si deve discutere su come riqualificare e rendere più trasparente il finanziamento della politica continua la Fnsi farebbe morire senza ragione testate significative del dibattito pubblico e perdere alcune centinaia di posti di lavoro». E mette in guardia. «Il riordino deve essere di sistema. Non si deve precipitare nel calderone dell’indistinta antipolitica e l’informazione non può essere comunque l’agnello sacrificale».
La Fnsi ricorda l’ impegno per la trasparenza e la lotta agli abusi chiama in causa «ciascun editore, compresi i partiti, a fare la sua parte con chiarezza e responsabilità». Per il resto la Fnsi accetta e rilancia la sfida per lo sviluppo anche per l’informazione digitale, evitando che testate significative siano costrette a chiudere per mancanza di ossigeno e di garanzie per il pluralismo.

l’Unità 19.4.12

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Il commento: Chi vuole colpire l’Unità

Il presidente della Fieg ha dichiarato ieri che i giornali di partito non hanno diritto ai contributi pubblici. Si tratta di affermazioni gravi, tanto più se pronunciate da chi, come Giulio Anselmi, ricopre un delicatissimo ruolo a tutela degli editori associati.
Dire semplicisticamente che i quotidiani che si riferiscono a un partito non hanno diritto ai contributi pubblici ha il suono della campana a morto. Ed è paradossale che l’Unità, da tempo impegnata in una difficile battaglia di risanamento dei conti, rischi di essere il bersaglio principale di questa campagna.
Come Anselmi dovrebbe sapere, proprio l’Unità da tempo è in prima linea per contribuire a una nuova ed efficace gestione dei contributi pubblici, proponendo tra i primi nuovi e più stringenti parametri per la loro erogazione. Copie effettivamente vendute, numero dei dipendenti a tempo indeterminato, innovazione tecnologica sono esattamente i criteri con i quali l’Unità chiede che vengano determinati i contributi. Per quanto la libertà di stampa sia un valore che va oltre le mere logiche di mercato, siamo sempre stati consapevoli che l’uso mal disciplinato delle risorse pubbliche vada combattuto.
Nel merito, quello che evidentemente sfugge al presidente della Fieg è che i giornali di idee, compresi quelli di partito, sono parte della libertà di un Paese: contribuiscono alla circolazione delle opinioni anche quando queste si scontrano con le logiche di mercato. Dovrebbe essere una preoccupazione anche di Anselmi: garantire il pluralismo oltre le attuali distorsioni del mercato che penalizzano i più deboli e assicurano i maggiori vantaggi ai più forti, anche sul piano dei sostegni pubblici. Purtroppo è più facile cavalcare il vento dell’antipolitica e dare sponda a chi sarebbe ben felice di veder morire un concorrente.

L’UNità 19.04.12