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Bersani: "Se l'Europa cambia", di Mario Lavia

Metti che domani sera François Hollande conquista saldamente la pole position per l’Eliseo (ballottaggio il 6 maggio). Metti che domani sera Nicolas Sarkozy porta a casa un risultato che si farebbe presto a chiamare: batosta. Insomma, allo stato delle cose sembra ben possibile, se non probabile, che le changement francese da slogan diventi realtà.
Hollande, l’antileader che diventa le président, da Mitterrand è stato tutto un dominio gollista, ora la Francia forse torna a sinistra. Soprattutto, l’Europa nel mezzo della peggiore temperie economica della sua storia che volta pagina.
E l’Italia? L’Italia c’entra. Non c’è un effetto meccanico ma il nesso esiste. Ci ragiona su Pier Luigi Bersani che pensa sia giunta l’ora di uscire da un’impasse europea «anche psicologica». Però deve essere chiaro un punto: «Se Hollande vince cambia la situazione. La nostra idea si rafforzerebbe. Ma il Pd è chiaro: nessuna scorciatoia, da noi si vota alla scadenza naturale della legislatura».
Segretario, tutti i sondaggi, le voci, i mass media, dicono che si profila una disfatta di Sarkozy. Sarà difficile capire quanto avrà inciso in questo risultato una sua responsabilità personale e quanto invece sia l’inizio di una tendenza generale: però in ogni caso, dopo anni, in un paese europeo così importante, la destra si avvia a perdere, e a quanto pare sonoramente.
In frangenti come questi, lo dicono anche i socialisti francesi, è meglio avere un attimo di prudenza, perché la radicalizzazione di certi sentimenti dovuti alla crisi dice che è bene aspettare, ci troviamo in una situazione che ci consegnerà elementi di movimento che andranno letti bene. Ma l’esigenza che Hollande ha riassunto nel suo slogan è importantissima: cambiare in Francia e cambiare in Europa. È un collegamento abbastanza inusuale per la tradizione francese, così legata all’orgoglio nazionale: ma qui c’è la chiave del messaggo dei socialisti che parla anche a pezzi di elettorato non progressista.
In questo Hollande è uscito dal solco tradizionale della sinistra francese?
Collegare l’ambito nazionale e quello europeo è un’esigenza fondamentale, è un riflesso che non poteva non esserci anche in Francia che fra l’altro disvela il paradosso di una destra europea che ha vinto sulle paure, alimentando le ansie dovute alla globalizzazione e che infine non ha dato risposte alla crisi, inchiodata com’era ad un altro messaggio, appunto quello della paura e non quello della solidarietà, quello dei confini nazionali e non dell’Europa. Lo capiscono anche a destra: se vedo Sandro Bondi sperare nella vittoria di Hollande…
Tocca ai progressisti, allora?
Solo dal lato dei progressisti si sta creando la possibilità che questa situazione cambi. La novità è che questo è apprezzato anche da chi non condivide del tutto la proposta di Hollande.
Non sarebbe la prima volta che dalla Francia arriva un vento nuovo, qualcosa di molto più grande della caduta di un leader di destra…
Sì, certo Sarkozy non è simpatico di suo ma non lo era nemmeno prima… Ma non è questo: è che la fase generale cambia.
Per tutta l’Europa?
È un passaggio europeo e anzi non solo europeo. Voglio dire che noi europei non abbiamo la percezione esatta di quanto pesi il Vecchio continente: siamo passati da un eurocentrismo illusorio ad una sottovalutazione di cosa voglia dire realmente l’Europa. Rendiamoci conto che stiamo parlando della più grande piattaforma economica mondiale, per Pil, per esportazioni, per ricerca, per tante altre cose: l’Europa sta diventando “il” problema del mondo.
L’uscita dalla crisi dunque dipende dagli europei?
Ecco, con la destra al governo siamo rimpiccioliti nella testa…Io dico che questo avvitamento recessivo mette in difficoltà Obama per la sua rielezione. E se gli Stati Uniti vanno in difficoltà poi la Cina avrà problemi. Non è un caso che tutto il mondo si stia chiedendo come farà l’Europa a ripartire con la crescita.
E Hollande ha la risposta giusta?
Guardi, anche una vittoria di Sarkozy, che non mi auguro, ci consegnerebbe una situazione diversa da quella di prima. Perché così non si va avanti. Non lo dico da oggi: siamo ad un passaggio inedito, ma cambiare strada è un’opportunità concreta e assolutamente indispensabile. Certo, con la vittoria di Hollande cambia la discussione su come uscire da questa crisi.
E che succederà? Si mette la Merkel in un angolo? Si rinegozia il fiscal compact?
Il giorno dopo la vittoria di Hollande la Merkel capirà che le cose sono cambiate senza bisogno che qualcuno glielo dica. Lo capisce subito da sola che bisogna cambiare la situazione puntando ad un bilanciamento delle politiche economiche dal lato della solidarietà europea.
Un’Europa più sociale?
Un’Europa più solidale. Sapendo che la strumentazione concreta per attivare una nuova politica economica richiederà tempi non brevissimi. Quanto non lo so. Però intanto si dà un segnale alle opinioni pubbliche nel senso della fiducia, della speranza. Perché ora siamo in una sorta di impasse psicologica, in questa spirale recessione-austerità si fatica a vedere una fase nuova. Io l’ho detto anche all’ultimo vertice con il presidente del consiglio che la voce dell’Italia si deve far sentire, dobbiamo fare outing anche noi. Per esempio riprendendo lo spirito della lettera dei 12 firmata a suo tempo da Monti.
Bersani, si aspetta un’onda lunga?
Dopo la Francia ci sono le amministrative qui da noi, si vota in due Länder tedeschi: una fase diversa si può aprire.
Magari poi il Pd si fa tentare da elezioni anticipate in autunno…
No. Noi andremo a votare alla scadenza naturale della legislatura. Nessuna scorciatoia.
Allora il vento francese come può aiutare?
Semmai può accelerare delle spinte, può incoraggiare il nostro progetto aggregando altre forze nel senso della costruzione di un centrosinistra di governo, di lanciare una proposta per la ricostruzione morale, civile, economica di questo paese che parli anche a forze civiche e di centro.
Ecco, lei come giudica i movimenti al centro di queste ore?
Io dico che tutto ciò che si muove in una chiave positiva va bene. Certo non siamo davanti a svolte epocali ma a forze che vogliono darsi un diverso profilo. Non è una renovatio sistemica ma se ci sono forze che vogliono darsi un profilo più netto, contrastano il populismo, vogliono guardare al di là aprendosi ad un rapporto con il centrosinistra, va bene, non vedo contraddizioni con la nostra proposta.
Bersani, immagino che non voglia commentare l’ultima uscita di Berlusconi, le feste, il burlesque…
Per l’amor di Dio… Non mi intendo di certe cose.

da Europa Quotidiano 21.04.12

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