attualità, politica italiana

"Le parole sbagliate di Formigoni", di Massimo Giannini

Con buona dose di impudenza, il presidente della Regione Lombardia torna sul luogo del “delitto”. Ma ancora una volta, non lo fa per rispondere in modo finalmente trasparente e inequivoco alle troppe domande inevase che riguardano i suoi capodanni alle Antille, forse pagati dall´amico di tante battaglie Pierangelo Daccò. Nel più tradizionale costume della “casa” berlusconiana, dalla quale anche il Celeste in fondo proviene, Formigoni reagisce al bisogno di chiarezza che viene dall´opinione pubblica rilanciando una sequela di accuse del tutto prive di senso. Non una parola sulle distinte bancarie che potrebbero provare quello che aveva scritto nella lettera a “Tempi”, e cioè che il viaggio e il soggiorno ad Anguilla lo ha pagato “con il suo stipendio”. Un fiume di parole, invece, per denunciare l´ennesimo “complotto” contro la sua specchiata persona, ordito dai “quotidiani dell´armata diffamatoria”, ai quali il governatore giura di non aver mai detto che avrebbe esibito le ricevute di quei suoi viaggi a cinque stelle.
Non sappiamo se il governatore includa anche Repubblica, in questa sua denuncia. Sappiamo per certo che, quand´anche lo facesse, i suoi attacchi non ci toccano né ci riguardano. Non ci toccano, perché riteniamo sia un dovere della libera stampa esigere da chiunque sia titolare di un potere, tanto più se decretato per via elettorale dai cittadini, il rispetto dell´etica pubblica e il dovere dell´accountability. Non ci riguardano, perché non abbiamo mai scritto che Formigoni ha promesso di esibire quelle ricevute. Abbiamo scritto invece, e lo ripetiamo ancora una volta, che la migliore via d´uscita dalla “Vacanzopoli” nella quale si è cacciato con le sue stesse azioni ed omissioni, sarebbe quella di farsi fare un estratto conto dalla sua banca, relativo al bimestre dicembre 2008-gennaio 2009, dal quale sarebbe agevole dimostrare, attraverso i movimenti di denaro, gli addebiti relativi a carte di credito o assegni, che quel famigerato viaggio a Parigi, e poi la successiva vacanza all´Altamer Resort, li ha effettivamente pagati lui. O direttamente, o restituendo quanto potrebbe avergli anticipato l´«amico Piero», cioè Daccò, attraverso quella che lo stesso Celeste ha definito, con fantasia lessicale invidiabile, la “compensazione”.
Questo abbiamo chiesto a Formigoni. Questo continuiamo e continueremo a chiedergli, sulla base dei fatti e dei documenti agli atti dell´inchiesta della Procura di Milano sullo scandalo della sanità lombarda. Non c´è nessuna intenzione “diffamatoria”, in questa richiesta, ma solo il legittimo esercizio del diritto di cronaca. Il dovere dei giornali di informare, il diritto dei cittadini ad essere informati. Per questo, fa quasi sorridere che lo stesso governatore, come ha sempre fatto il Cavaliere in tutti gli scandali che lo hanno coinvolto, invece di dimostrare la sua trasparenza con i nudi fatti, si trinceri a sua volta dietro le solite fumisterie del peggior vittimismo politico. Parla di “grandi fantasie e grandi menzogne”, propalate da una fantomatica “armata del fango”. Non vede che il fango lo produce lui stesso, sfuggendo alle sue responsabilità, e scambiando una domanda pubblica di verità per una violazione della sua sfera privata. Sappiamo che il Celeste è a Rimini, per gli esercizi spirituali di Comunione e Liberazione istituiti a suo tempo da Don Giussani. Rispettiamo la sua fede. Ma gli ricordiamo la straordinaria campagna morale e culturale di un altro grande del cattolicesimo italiano: don Luigi Sturzo, che dopo la guerra si batté per trasformare l´Italia in quello che lui stesso chiamava “il Paese delle regole”. Don Sturzo fu sconfitto. Formigoni si ricordi della sua “lezione”.

La Repubblica 22.04.12

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Formigoni si rifugia nel popolo Cl “Vagonate di fango, ma non cedo”, di Marco Marozzi

A Rimini per gli esercizi spirituali. Il monito di Carron. In una nota il Governatore: “Non ho mai promesso di esibire le ricevute di viaggi e cene”. La processione dietro sfila ordinatissima, la gente scende silenziosa da centinaia di pullman. Roberto Formigoni arriva con le auto di scorta. Presidente, aveva proprio bisogno di andare ai Caraibi? chiede il cronista. Il governatore della Lombardia ride. «In un posto bello al mondo una volta ci si può andare. Perché lei non ci è mai stato?. La prossima volta la invito io».
Il contrasto con la folla umile che fa da sfondo risulta anche a chi a Formigoni vuole bene. Lui si racconta sicuro, deciso a combattere. «Quando ti tirano vagonate di fango, ti sale l´adrenalina» dichiara prima di lasciare Milano, la città della politica. «I miei amici non intendono cedere, io non intendo cedere, il Pdl non intende cedere». E Rosy Bindi che l´accusa di aver messo su un impero orientato alla corruzione? «Penso non ci creda neppure lei». Quando però il governatore arriva a Rimini, la città della fede, un vento si infila fra il solito affetto. Qualcuno lo coglie persino nelle parole di Julian Carron, il sacerdote spagnolo successore di don Giussani, il fondatore di CL. «Che importa guadagnare tutto il mondo, per poi perdere l´anima» dice citando il Vangelo. Uscendo dalla Fiera di Rimini tramutata in una cattedrale di esercizi spirituali, il ragazzo racconta. «Ci ha detto che non bisogna censurare o giustificare gli sbagli. Bisogna rimettere Cristo al centro del proprio cuore, è una presenza che cambia lo sguardo sulle cose».
Avete sentito un´eco per Formigoni. «Cosa c´entra? Lui se la vedrà con Dio» mormora una signora. Altro non vuol dire. «Voi della stampa non aspettate altro per massacrarci» taglia netto il marito. Non si parla pubblicamente di Roberto Formigoni agli Esercizi Spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione. «Non sono io che vivo è Cristo che vive in me» è il titolo dell´incontro. San Paolo, lettera ai Corinzi. Pochi vedono il governatore che nel salone principale della Fiera ad ascoltare Carron entra da una porta riservata. La preghiera è insieme comunanza e diversità, c´è riflessione e riflessione, penitenza e penitenza. «Attorno a Roberto – racconta un giovane baffuto – c´è come un vetro, non un muro, ma un vetro. Non è separazione, ma non è tempo di entusiasmi». «Certo poteva stare più attento» commenta una ragazza. «Niente giornalisti» intima un servizio d´ordine che blocca gli ingressi e controlla le entrate, a migliaia alzano il pass della processione.
A Rimini, come ogni maggio, sono arrivati in 30 mila almeno. Da ogni parte d´Italia, trecento pullman. Roberto Formigoni è Memores Domini, ha fatto alcuni voti, Si presenta giubbotto verde, maglia blu, jeans. «Non si può pregare…». Qualcuno nella fila dei pellegrini si è lasciato andare a qualche battuta sulle sue giacche sgargianti. «Vengo qua da 30 anni. Gli Esercizi sono il gesto fondamentale della Fraternità» dice il governatore. Quest´anno qualcosa è diverso «No, non c´è nessuna differenza. Questa è la mia famiglia. Mi vuole bene». Non sente borbottii anche dal popolo di CL? «No, questa è gente sveglia. Capisce che è solo il tentativo di delegittimare Formigoni e i principi del suo governo: sussidiarietà, libera scelta, attenzione alla persona e alle formazioni sociali. Qualcuno mi ha fatto un buffetto, qualcuno mi ha stretto in un abbraccio di incoraggiamento». Lo stesso concetto si carica di rabbia nella nota diffusa da Milano. «Formigoni non ha rivolto nessun appello ai suoi sostenitori per fax di solidarietà. – scrive la portavoce – La solidarietà è arrivata ampia, forte, immediata da tutti i responsabili del Pdl e da tante, tante, tante persone; a differenza di quanto affermato da alcuni importanti quotidiani, il presidente Formigoni non ha mai promesso l´esibizione si ricevute di viaggi e cene. Sono i quotidiani dell´armata diffamatoria a essersi inventati la questione delle ricevute. Il presidente Formigoni non ne ha mai parlato, anche perché, piaccia o non piaccia ai diffamatori, questo gesto non è richiesto da alcuna legge».
Ma lei presidente come ha vissuto le parole di monsignor Carron? «Sono state molto chiare, belle, forti. Non voglio interpretare». Sul lungomare, al ristorante Lo Squero, il titolare, Thomas Breccia, conferma che il 26 agosto 2009 Pierangelo Daccò pagò la cena a 80-90 ciellini, Formigoni compreso. Conto da 15 mila euro.

La Repubblica 22.04.12