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"I lividi di Bruxelles", di Andrea Bonanni

I lividisul corpo di Yulia Tymoshenko forse guariranno col tempo. Ma i lividi che il caso Tymoshenko ha inferto alla malconcia credibilità della politica estera europea saranno più duri da assorbire. Raramente l’Europa era riuscita a dare un’immagine di così totale mancanza di coordinamento e di così risibile inadeguatezza di fronte ad un problema di politica estera sul quale, per di più, l’analisi di tutte le capitali sostanzialmente coincide. Domenica scorsa la cancelliera Angela Merkel ha annunciato che non assisterà alle partite degli europei di calcio che si disputeranno in Ucraina fino a che il caso Tymoshenko – con l’ex premier detenuta in prigione – non sarà risolto e lo stato di diritto non sarà ripristinato nel Paese.

Immediatamente, ieri, il presidente della Commissione, Barroso, ha fatto sapere che pure lui non andrà allo stadio.

Altrettanto immediatamente la Polonia, che con l’Ucraina ospita gli europei di calcio, ha criticato la decisione dicendo che «non bisogna legare le due questioni». Il ministro degli esteri italiano Terzi riconosce che «tra i grandi Paesi europei ci sono esitazioni a utilizzare l’arma del boicottaggio su eventi sportivi, perchéi precedenti che si ricordano sono precedenti pesanti».

Ma la cacofonia non si limita ai mondiali. I presidenti della Repubblica di Italia, Germania, Austria, Repubblica ceca e Slovenia hanno fatto sapere che non parteciperanno ad un vertice dei Paesi dell’Europa centro-orientale che gli ucraini hanno organizzato a Yalta per l’11 e 12 maggio (Napolitano aveva declinato l’invito ancora prima che scoppiasse il caso Tymoshenko). Ma, a quanto pare, altri leader europei, tra cui il polacco e lo slovacco, sono ben decisi a confermare il viaggio. Ora, questa totale mancanza di coordinamento sarebbe grave ma comunque comprensibile se sulla questione ucraina ci fossero radicali divergenze di vedute. Invece no.

Le diplomazie della Ue sono unanimi nel condannare il trattamento riservato alla Tymoshenko e nel criticare il governo filo-russo di Viktor Yanukovich. Era allora così difficile per la Cancelleria di Berlino, tanto prodiga di contatti nel seguire le politiche di bilancio dei partner europei, alzare il telefono e consultare gli altri governi prima di annunciare il boicottaggio dei giochi?E ci voleva davvero un colpo di genio perché l'”alto” rappresentante della politica estera europea, Catherine Ashton, mettesse in relazione il caso Tymoshenko e i campionati di calcio da disputarsi in Ucraina, chiedendo ai ministri degli esteri di adottare una posizione comune? La decisione di un capo di governo di disertare una partita di calcio per ragioni politiche è una mossa molto debole e molto forte allo stesso tempo. È debole perché non coinvolge formalmente la posizione del Paese che il leader rappresenta; non impedisce alla sua squadra nazionale di partecipare al torneo; non incide sulle relazioni diplomatiche; non equivale neppure, in termini formali, alla cancellazione di una visita ufficiale. È però anche molto forte perché sceglie per esprimersi un veicolo molto popolare; coinvolge in una decisione politica un mondo per definizione apolitico come quello dello sport; offre una enorme visibilità alle ragioni del proprio gesto e soprattutto attribuisce automaticamente un valore politico alla presenza o all’assenza degli altri leader.

Proprio per questi motivi Angela Merkel non aveva il diritto di decidere, in splendido isolamento, una mossa di questo genere mettendoi suoi colleghi di fronte al fatto compiuto. Ora appare difficile immaginare che un altro capo di governo europeo possa decidere di assistere alle partite senza passare per complice morale dei maltrattamenti inflitti alla Tymoshenko. La Germania, già tanto influente in Europa, non ha bisogno di ricorrerea questi espedienti per affermare la propria leadership. La decisione se coinvolgere lo sport in questa disputa è opinabile, e la stessa Tymoshenko fa sapere di essere contraria al boicottaggio dei giochi. Ma sarebbe comunque una decisione più che legittima, qualora venisse presa in modo collettivo. In queste condizioni, invece, si trasforma nel primo, clamoroso autogol dei prossimi Europei.

La Repubblica 01.05.12