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"Intervista a Bersani: «Ha unito sinistra e centro Un modello anche per l'Italia»", di Monica Guerzoni

Bersani: foto di Vasto o Casini? Con Hollande sia Mélenchon sia Bayrou

ROMA — «È una grande soddisfazione, una bella notizia per l’Europa».
Per scaramanzia non ha voluto parlare fino all’apertura delle urne, ma alle otto di sera Pier Luigi Bersani è «ovviamente» contento. Il socialista Hollande ha detronizzato Sarkozy e lanciato la «campagna elettorale europea» dei progressisti, che nel 2013 potrebbe portarlo a Palazzo Chigi.

Spera in un’onda lunga per la sinistra, segretario?
«È una vittoria che attendevo. Penso possa essere un passo determinante per invertire un ciclo decennale di governo delle destre e per trattenere quelle tendenze populiste regressive che, in una crisi così acuta, insorgono in Europa. Ora si può imboccare una strada di cambiamento».

Lei ci ha creduto da subito, è salito sul palco con lui, ha firmato a Parigi il manifesto dell’Europa progressista. Quanto le somiglia, Hollande?
«Non lo so… Si dice che sia arrivato il momento della normalità, della sobrietà e se è così dico alla buon’ora. Non è solo una questione di rapporto personale tra me e Hollande, quel che ci unisce, anche con il leader della Spd tedesca Gabriel, è un dato politico, una incredibile convergenza di idee e proposte. I progressisti esprimono leadership che hanno un carattere più collettivo, non giocano sulla personalizzazione. Avendo avuto Berlusconi siamo stati i primi a fare i conti con lo stile populista e infatti abbiamo cominciato a costruire partiti aperti, con un profilo nuovo».

Dopo la Francia sarà l’Italia a svoltare a sinistra?
«La vittoria di Hollande nasce dalla confluenza di elettorato di sinistra e di centro democratico, contro una destra fortemente condizionata da una pulsione reazionaria. La saldatura tra forze di sinistra e forze moderate costituzionali è un tratto di fondo della situazione europea ed è l’alternativa al ripiegamento regressivo della destra. Ma quando ne parlo, in Italia, mi si chiede sempre quale foto preferisco…».

La foto di Vasto, con Vendola e Di Pietro, o quella con Casini?
«Lo trovo stucchevole e vorrei far notare che Bayrou e Mélenchon hanno votato tutti e due per Hollande. Io ho fatto appello a un patto di legislatura e ne stiamo costruendo le condizioni».

Con Di Pietro o senza?
«Io non arruolo e non escludo nessuno, ma voglio che il centrosinistra appaia come un solido partito di governo. Quando sento Di Pietro dirmi “ti aspetto sulla sponda del fiume” rispondo, con il sorriso sulle labbra, che aspettare è una posizione comoda, ma non è mica detto che poi io passi…».

Lei è molto fiducioso sui risultati delle Amministrative, ma un Pd più forte e un Pdl indebolito non rischiano di destabilizzare il governo?
«Credo proprio di no. Io mi ritengo già abbastanza in salute, ma un Pd più in salute ancora è in grado di svolgere meglio il ruolo e non credo che il Pdl voglia prendersi la responsabilità di far saltare Monti come rimedio a mali elettorali. Non mi aspetto effetti particolari sul governo, che anzi, con gli spazi europei che si aprono, può guadagnare in vitalità».

Forse gli elettori gradirebbero, visto il calo di consensi. Lei ha detto che non trama alle spalle, ma è sicuro che la vittoria di Hollande non le farà venir voglia di votare?
«Io ho detto una parola ed è quella. Sostenendo il governo Monti ci siamo caricati di responsabilità non nostre, con generosità. Il problema sono i problemi del Paese. L’azione di governo dovrebbe mostrare una comprensione piena del risvolto drammatico della crisi e dare segni concreti che si vuole risolvere il tema dei pagamenti e degli esodati. E consentire ai comuni di fare un po’ di investimenti. Se si fosse presa la nostra proposta su Imu e pensioni non saremmo in questa situazione. Il che non farà venir meno la mia lealtà».

Con Hollande al posto di Sarkozy l’Europa sarà più solidale?
«Nessuno può più credere che ci si salvi da soli. A poco a poco sembrerà assurdo anche in Germania e si farà largo l’idea di una Europa comunitaria, che usa strumenti comuni per affrontare la crisi. Non è più possibile che a pagare siano solo il lavoro e il welfare».

Cosa vi siete detti dopo la vittoria con Hollande?
«Che Italia e Francia devono lavorare insieme».

Riuscirete a imporre la piattaforma dei progressisti?
«Uno può essere di destra o di sinistra, ma quella piattaforma può solo essere un vantaggio per l’Italia. Partiamo da una tassa sulle transazioni finanziarie, poi project bond ed eurobond, potenziamento della Banca europea di investimenti e coordinamento delle politiche economiche nazionali».

Con la rottura dell’asse «Merkozy» integrare il fiscal compact diventa un obiettivo possibile?
«Sì, diventa possibile e mentre accade è ora di considerare anche la tempistica. Sentirò Monti e Hollande, ma già al Consiglio europeo di giugno dobbiamo adottare qualche misura che abbia un primo impatto sulla recessione e faccia ripartire gli investimenti, penso a una mini golden rule».

Hollande vuole una stretta sulle banche e una forte patrimoniale sui redditi, è un piano compatibile con Monti?
«Bisogna distinguere tra le proposte nazionali e la politica europea, sulla quale ci possono essere significative convergenze. Non c’è bisogno di un valzer di alleanze tra Italia, Francia o Germania. Io vedo un tavolo nuovo, dove Monti potrà inserire le sue idee sulla crescita e la Francia vorrà avere voci amichevoli a sostegno della sua piattaforma».

In Grecia la sinistra radicale si rafforza e i partiti che sostengono i tecnici crollano. Può accadere da noi dopo Monti?
«Non lo penso, l’Italia non è la Grecia. Ma dico attenzione, perché quei fenomeni drammatici di radicalizzazione sono segnali che vanno colti. La tedesca Bild ha titolato “La Grecia sceglie il caos” e io lo trovo indecoroso. Se non arricchiamo le discussioni economiche con una visione politica, va a rischio l’idea di Europa».

Pensa mai alla fine che fece la gioiosa macchina da guerra di Occhetto?
«Ho idee sufficienti per tranquillizzare su questo punto. E se non fossi convinto io stesso che si può rispondere positivamente a quel dubbio, mi riposerei. Non si può riscrivere la storia, il centrosinistra è quello di D’Alema, Prodi, Ciampi, Padoa-Schioppa… È una storia di governi riformatori e non di gioiose macchine da guerra».

da Il Corriere della Sera

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“Il pressing di Bersani: «Monti colga l’occasione»”, di Simone Collini

Ora può esserci la «svolta» di cui l’Europa ha bisogno. E ora anche Monti può cogliere l’«opportunità» offerta dal cambio della guardia all’Eliseo, lavorando con un «alleato prezioso» per «incalzare» la Germania sulla crescita. È questo il ragionamento che, appena annunciata la vittoria in Francia di François Hollande, si fa nei partiti italiani, di centrosinistra e non. Se l’entusiasmo del Pd era scontato (Pier Luigi Bersani tra l’altro a metà marzo è volato a Parigi per firmare insieme a Hollande e al segretario della Spd tedesca Sigmar Gabriel una piattaforma programmatica comune dei progressisti europei), il Pdl già dopo il primo turno delle presidenziali d’oltralpe si era segnalato per il repentino voltafaccia, scaricando il «ventennale amico» (Berlusconi dixit) Nicolas Sarkozy e lanciando apprezzamenti per il leader socialista. E ieri c’è stato un degno seguito, al punto che il primo commento in lingua italiana del voto francese, a urne aperte e sulla base degli exit-poll belgi, è stato quello del coordinatore del Pdl Sandro Bondi, per il quale «il successo di Hollande può aprire uno spiraglio per correggere quegli accordi che contribuiscono a peggiorare la recessione economica in cui è avvolta l’Europa» (e pazienza se quegli accordi sono stati firmati dal governo italiano quando era presidente del Consiglio Berlusconi).
STOP A DESTRA E POPULISMI
Il discorso è più serio per quel che riguarda il centrosinistra. La vittoria di Hollande apre per il Pd prospettive fino a non molto tempo fa tutt’altro che pacifiche. Sia nel senso che ora è possibile un’inversione di rotta delle politiche europee, finora centrate sul rigore e la disciplina di bilancio per iniziativa soprattutto dell’asse Merkel-Sarkozy, sia nel senso che ora c’è la dimostrazione che un’alleanza tra progressisti e moderati è non solo possibile (il centrista François Bayrou si è schierato al secondo turno con Hollande) ma anche vincente. Con tutto quel che può significare per le vicende nostrane, in vista delle politiche del 2013.
«È una vittoria che attendevamo ed è un passo determinante per invertire il ciclo disastroso dei governi delle destre e anche per sconfiggere i venti populisti e regressivi che si fanno sentire in Europa», dice Bersani guardando al risultato francese. Ora l’Italia, per il leader del Pd, «deve cogliere tutte opportunità che verranno dalla nuova situazione politica». Un discorso che riguarda il governo ma non solo.
Hollande può infatti essere un grande alleato, per Monti, per «incalzare» (il verbo è stato usato dal presidente del Consiglio) Merkel verso politiche per la crescita: «E spero non sfugga a nessuno dice Bersani che l’Italia ha tutto da guadagnare da un avanzamento della piattaforma dei progressisti europei, che riesce anche a individuare obiettivi di crescita da affiancare a un rigore che se è cieco ci porta a una recessione indomabile».
Un primo test, in questo senso, può venire dalla ratifica in Parlamento del “Fiscal compact”, fortemente voluto dall’asse Merkel-Sarkozy e che Hollande in campagna elettorale aveva annunciato di voler riformare. Il Pd non farà mancare il suo voto favorevole, ma Bersani è convinto che il governo debba sfruttare l’effetto del voto francese per integrare il trattato con misure a favore della crescita. «Sono certo che Monti vorrà cogliere tutti gli spazi per un cambiamento delle politiche europee», è il suo ragionamento. «Il Fiscal compact può essere emendato per diventare praticabile e sostenibile. E l’Italia ha tutto l’interesse a cogliere ogni spazio perché ciò sia possibile».
PROGRESSISTI E MODERATI
Ma la vittoria di Hollande, leader del partito socialista francese a capo di un’alleanza che va dall’esponente di sinistra Jean-Luc Mélenchon al centrista Bayrou, dice anche altro per Bersani: «È così impensabile quello che diciamo anche in Italia chiede retoricamente il leader Pd e cioè che la ricostruzione del Paese possa essere affidata a un incontro tra forze progressiste e anche moderate contro il populismo delle destre fallimentari?».
UDC CAUTA, SEL ENTUSIASTA
La vittoria di Hollande viene però commentata in modo diverso da Casini e Vendola, con il leader centrista che si limita a un conciso «la vittoria di Hollande può essere salutare per l’Europa, ho più dubbi che lo sia per i francesi», e con il leader di Sel che esulta: «La sinistra che difende l’Europa sociale, l’Europa dei diritti e del welfare, vince ovunque».
Berlusconi, tanto più dopo la vittoria di Hollande, continua a spargere la voce che il Pd voglia andare al voto in ottobre. È una tattica, che dà fiato a chi come Vendola e Di Pietro chiede al Pd di staccare la spina al governo, e che punta ad inaugurare sotto il segno dell’instabilità la prossima legislatura. Una trappola in cui Bersani non cade. «Non attribuisca a noi intenzioni sue», è la replica all’ex premier. La vittoria socialista in Francia non fa cambiare i piani del Pd, dal punto di vista dei tempi: «Sosteniamo Monti fino al 2013».

da l’Unità

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